Musk e Bannon sono nemici dell’Europa

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Da una parte c’è Musk, con il suo carico di miliardi e conflitti d’interessi, che vorrebbe dar vita a un movimento trumpiano in Europa intitolato MEGA (Make Europe Great Again); dall’altra c’è Bannon, ideologo del trumpismo originario, stratega della sua campagna elettorale del 2016 e arcinemico di Musk, che tuttavia potrebbe tendere la mano al rivale in nome dei comuni intenti sovranisti; in mezzo ci siamo noi, quest’Europa ridotta a colonia, disunita e vassalla, incapace di esercitare un minimo di diplomazia e di trovare un posto e un ruolo nel mondo dei nuovi autocrati.

E poi c’è lei, Heidi Reichinnek, trentasei anni, astro nascente della politica tedesca, spitzenkandidat della Linke alle elezioni di domenica prossima, colta e con Rosa Luxemburg tatuata sul braccio, capace di esaltare i giovani e, a quanto pare, di condurre un partito dato da molti per morto oltre il 6 per cento (così almeno sostengono alcuni sondaggi).

Ebbene, la Germania, per ruolo, storia, prestigio, importanza militare e strategica e potenza economica, costituisce uno snodo cruciale. Il piano trumpiano di conquista definitiva del Vecchio Continente, non a caso, lo spiega oggi, in un’intervista a Repubblica, lo stesso Bannon, ammettendo che il loro intento è quello di disarticolare l’Unione Europea conquistando un paese dopo l’altro: prima la Germania, poi la Francia e infine l’Italia, dove Meloni potrebbe anche tornare utile allo scopo, a patto che ritrovi l’antica verve e si liberi degli impacci dovuti alla funzione che ricopre attualmente.

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Il tutto mentre è in corso la CPAC (Conservative Political Action Conference): l’incontro annuale dell’estrema destra mondiale, un consesso che va da Meloni a Milei, passando per Liz Truss e altre protagoniste e protagonisti della tristissima stagione che stiamo vivendo.

Ebbene, non sottovalutiamoli; anzi, prendiamoli maledettamente sul serio. Prendiamo sul serio le loro minacce, i loro toni arroganti, la loro influenza, la disinformazione che diffondono a piene mani ovunque e la loro passione carnale per tutti i despoti del pianeta, con i quali sono pronti a spartirsi l’Ucraina, le terre rare, le rotte commerciali e ciò che può condurre l’umanità verso la salvezza o, più probabilmente, verso l’abisso.

La scomunica di Trump a Zelens’kyj va in questa direzione. Ora, intendiamoci: non siamo mai stati fra i sostenitori dell’attuale presidente ucraino, e non perché ci piaccia Putin, che avversiamo da quando è apparso sulla scena, ma perché ravvisiamo tutti i limiti e le controversie della sua azione politica.

Trattare così un essere umano, e di conseguenza un intero popolo, però, è indegno.

Significa davvero voler stabilire il diritto della forza contro la forza del diritto, come del resto si evince dalla sede scelta per i negoziati di finta pace che avranno ruolo a breve: Riyad, ossia l’Arabia Saudita di bin Salman, dove allo stesso tavolo siederanno i tre poteri globali: quello politico (Putin), quello militare e tecnologico (Trump) e quello petrolifero (bin Salman).

Nessuno spazio, insomma, per la democrazia, per i diritti umani, per la dignità della persona, per nulla che abbia qualcosa a che spartire, ad esempio, con l’ONU e con altre conquiste del dopoguerra.

Siamo al cospetto di una nuova Jalta, ma di segno opposto: questa sarà una ridefinizione delle zone d’influenza dettata dalla rivendicazione dell’autoritarismo più bieco, e chi proverà a opporsi subirà conseguenze atroci.

Occupiamoci, pertanto, del Bannon del 2025, il quale ci dice con chiarezza quale sia la linea che intendono seguire nei prossimi anni e quali rischi corriamo se non approntiamo un’opposizione all’altezza sulle due sponde dell’Atlantico.

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Un’opposizione, sia chiaro, che non può avere né il volto del decotto establishment democratico dei Biden, dei Clinton e, ci duole dirlo, degli Obama né quello dei bellicisti in servizio permanente effettivo dell’UE, che ancora non hanno capito, o fingono di non capire, che la guerra è perduta e che l’Ucraina sta per andare incontro a una disgregazione che solo un’efficace azione diplomatica europea a tempo debito avrebbe potuto scongiurare.

Ormai è tardi per tutto, ma non per ricominciare. E allora affidiamoci ad Heidi, sosteniamola, facciamola conoscere, incoraggiamo le altre sinistre europee a prendere esempio da lei e auguriamoci che ragazze e ragazzi tedeschi si mettano in fila ai seggi per votarla.

Come ci ha ricordato Paola Cortellesi con il suo bellissimo film: “C’è ancora domani”. E se la gioventù si mobilitasse, forse, i neonazisti potrebbero far meno paura.

(nella foto Heidi Reichinnek)


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