Sulla condanna di Delmastro Meloni evoca il complotto e attacca i giudici

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Il sottosegretario alla Giustizia, riconosciuto colpevole di rivelazione di segreto, condannato a 8 mesi: ha dato intercettazioni riservate a Donzelli, usate poi contro il Pd. L’ex avvocato della premier: «Non mi dimetto». Lei lo protegge: «Sconcertata: è un giudizio basato sul merito o no?»

Il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro Delle Vedove, è stato condannato a otto mesi per rivelazione di segreto d’ufficio dal tribunale di Roma. Nonostante tutto resterà al suo posto come garantito dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che si è detta sconcertata e ha attaccato i giudici.

Il verdetto, emesso ieri pomeriggio, rappresenta una sconfitta per il plenipotenziario di FdI, ma anche per i pubblici ministeri che avevano chiesto l’assoluzione. Il processo era nato dopo che Delmastro Delle Vedove aveva rivelato all’amico deputato, Giovanni Donzelli, notizie riservate sul caso dell’anarchico Alfredo Cospito, rinchiuso al 41bis nel carcere di Sassari. Notizie poi utilizzate da Donzelli per attaccare l’opposizione.

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La procura sconfessata

L’udienza chiave del dibattimento è iniziata alle dieci del mattino con la requisitoria della pubblica accusa, pm Rosalia Affinito e procuratore aggiunto, Paolo Ielo. Il sottosegretario è arrivato in aula con la scorta e si è seduto nel banco degli imputati a fianco dei suoi avvocati, Giuseppe Valentino (presidente anche della fondazione An) e Andrea Milani.

Le parole della procura devono essere sembrate una dolce musica per le orecchie di Delmastro Delle Vedove e del suo team legale. Qualche sorriso, ha annuito in qualche passaggio, è apparso sereno, immaginando la conclusione della requisitoria. Dotta e precisa è stata la tesi fornita dall’esperto magistrato Ielo che ha insistito nella richiesta di assoluzione sulla base di una valutazione che aveva sorretto la richiesta di archiviazione in fase di indagini preliminari.

La requisitoria ha richiamato l’elemento soggettivo. In pratica il sottosegretario doveva essere assolto «perché il dolo manca se non si ha coscienza della segretezza». Le notizie erano segrete, questo è l’elemento oggettivo, ma Delmastro non ne era a conoscenza. Per chiedere l’assoluzione il magistrato ha precisato la funzione e il ruolo ricoperto dal pubblico ministero criticando, implicitamente, la separazione delle carriere tra giudici e pm, riforma voluta dal governo. «Io sono pubblico ministero e non l’avvocato dell’accusa e, proprio per questo, chiedo l’inesistenza dell’elemento soggettivo». Un passaggio che ha suscitato la composta ilarità del sottosegretario.

Durante la requisitoria non si è visto il capo dell’ufficio di procura, Francesco Lo Voi, diventato l’obiettivo numero uno del governo dopo l’indagine aperta per il caso del torturatore libico Almasri. Proprio il procuratore capo aveva qualche perplessità sull’iniziale richiesta di archiviazione di Delmastro anche se poi l’ha firmata condividendo le conclusioni dei suoi sostituti.

Il processo è nato con uno scontro tra procura e tribunale. La giudice per le indagini preliminari, Emanuela Attura, nel luglio 2023, aveva disposto l’imputazione coatta dopo che i pm avevano chiesto l’archiviazione e, nel novembre successivo, la giudice Maddalena Cipriani aveva mandato a processo il sottosegretario.

Con la sentenza di condanna in primo grado il tribunale boccia e sconfessa nuovamente i pm. Dopo la requisitoria è toccata agli avvocati di parte civile, in rappresentanza di quattro deputati del Pd, che hanno concluso chiedendo la condanna di Delmastro.

«Ma come? Un avvocato penalista iscritto all’albo dei cassazionisti, che, come risulta dal suo curriculum, è specializzato in diritto penale; un parlamentare della Repubblica dalla XVIII Legislatura, nella quale è stato Presidente della Giunta per le autorizzazioni a procedere; un sottosegretario alla Giustizia, dinnanzi a una relazione delicatissima nella quale compaiono persino le indicazioni delle generalità degli operanti e che viene qualificata a limitata divulgazione, non si pone neanche il dubbio?», si è chiesto l’avvocato Mitja Gialuz.

Alla fine è stata la volta degli avvocati di Delmastro che hanno insistito nella richiesta di assoluzione puntando sull’assenza dell’elemento di pericolo concreto, «la migliore lettura sul tema l’ha data l’ufficio di procura», hanno detto i legali prima di ricordare che non c’era niente di segreto nelle dichiarazioni di Donzelli in aula, visto che il tema era già di dominio pubblico.

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Tesi difensive e della pubblica accusa completamente ribaltate dall’ottava sezione in composizione collegiale, presidente Francesco Rugarli. Delmastro è stato condannato anche all’interdizione a un anno dai pubblici uffici, ma gli è stato riconosciuto il beneficio della sospensione condizionale della pena e della non menzione nel casellario.

Le reazioni

Elly Schlein, segretaria del Pd, e Angelo Bonelli, leader dei Verdi che aveva presentato l’esposto contro Delmastro, hanno chiesto le dimissioni del sottosegretario. Da governo e maggioranza, invece, sono arrivati i soliti strali contro i giudici. Se i magistrati assolvono gli amici potenti sono indipendenti, se li condannano diventano politicizzati.

«Vogliono dire che le riforme si devono fermare? Hanno sbagliato indirizzo. Vogliono dire che il Pd non si tocca? Hanno sbagliato indirizzo», ha scritto Delmastro sui social. Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, gli ha rinnovato la più totale e incondizionata fiducia (poco importa che nel frattempo le carceri sono al collasso e manca da due mesi il capo della polizia penitenziaria, evidentemente preferisce occuparsi di altro).

Sullo sfondo anche lo scontro, l’ennesimo, tra il direttore di Rainews24, Paolo Petrecca, e il suo comitato di redazione. Il canale all news, prima della sentenza, aveva infatti mandato in onda una copertina con il titolo «Delmastro assolto». Una speranza naufragata in serata con la sentenza di condanna che inguaia Delmastro. E non solo.

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