Il fuoco, probabilmente, covava da settimane lì sotto la cenere. E l’incendio è divampato quasi all’improvviso ieri, in Consiglio dei ministri. Tra tensioni, toni accesi e imbarazzi. Francesco Lollobrigida da una parte e Matteo Piantedosi dall’altra. Nel mezzo, il caso Bari esploso dopo l’inchiesta “Codice interno”, il mancato scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose e il pacchetto di misure decise dal Viminale per le aziende municipalizzate. Troppo poco, forse, secondo più di qualcuno nel centrodestra. Al punto che ieri il ministro dell’Agricoltura, e “colonnello” di Fratelli d’Italia, ha caricato a testa bassa nella sala blindata di Palazzo Chigi: «Perché il Comune di Bari non è stato sciolto?», avrebbe incalzato frontalmente. Quando al governo c’era il centrosinistra, è la contestazione di Lollobrigida, «per molto meno» sono state sciolte amministrazioni di centrodestra. «Perché – rivolto sempre a muso duro a Piantedosi – facciamo questo favore a Decaro?». La replica del prefetto e ministro dell’Interno è affilata come una lama: «Mi fa piacere che tu abbia tutte queste certezze, quando sarai al mio posto allora deciderai tu», e via con l’elenco puntuale di tutti gli step affrontati in questi mesi. E allora: la commissione d’accesso al Comune, il lavoro metodico degli “inviati” del Viminale, le audizioni, il setaccio delle carte, le conclusioni. E l’insufficienza di dati oggettivi e tali da giustificare un provvedimento estremo come lo scioglimento. «Avrai modo di leggere le carte della Commissione quando saranno pubbliche», e insomma basteranno – secondo Piantedosi – per capire perché è stato usato il bisturi a Bari solo sulle aziende partecipate, senza arrivare a sciogliere il Comune. Le ricostruzioni che filtrano da Roma raccontano di animi surriscaldati e voci che si sovrappongono: una lite, in piena regola. Che ha costretto Giorgia Meloni, parecchio infastidita dallo scontro, a intervenire perentoriamente per sedare i due contendenti.
Le mosse del centrodestra
Proprio Piantedosi, quand’era stata attivata la procedura del Viminale, era stato accusato dal centrosinistra di aver scatenato un «atto di guerra al Comune». Una manovra politica, insomma. Il colorito alterco in Consiglio dei ministri dimostrerebbe invece quanto l’ex prefetto di Roma si sia sforzato di approcciarsi al dossier da tecnico. Quanto al riferimento ad Antonio Decaro (all’epoca dei fatti dell’inchiesta “Codice interno” sindaco di Bari), non è stato certo casuale da parte di Lollobrigida: l’eurodeputato del Pd sarà quasi sicuramente il candidato governatore del centrosinistra alle Regionali d’autunno, e alle Europee ha già fatto il pieno record di voti (500mila preferenze nella Circoscrizione meridionale). Lo scioglimento del Comune ne avrebbe senz’altro intralciato il cammino e offuscato la stella.
Il centrodestra, soprattutto una prima linea di dirigenti, ha sempre tenuto i fari ben puntati sul caso Bari.
Un anno fa, all’indomani dei 135 arresti di “Codice interno”, una delegazione di parlamentari – in testa il viceministro Francesco Paolo Sisto e il sottosegretario Marcello Gemmato – incontrò il ministro Piantedosi, chiedendo di valutare l’invio dei commissari a Bari. Con tanto di foto a uso social del faccia a faccia al Viminale. Un boomerang, perché più o meno inavvertitamente il centrodestra rischiò così di griffare con un marchio politico una procedura di per sé terza e amministrativa, qual è appunto la Commissione d’accesso del Viminale per valutare eventuali infiltrazioni mafiose.
La relazione finale e le misure
La stessa relazione finale, ora nelle mani del prefetto di Bari per la traduzione in misure concrete, ha risvegliato nei giorni scorsi le reazioni del centrodestra. Ulteriormente infiammate dalle presunte verità emerse dall’ultimo interrogatorio di Giacomo Olivieri, l’ex consigliere regionale arrestato nell’inchiesta “Codice interno” e snodo cruciale del sistema lì ricostruito. Insomma: il clima è quello che è, e il “Lollobrigida furioso” ieri in Consiglio dei ministri è stato in parte pure il portavoce di un sentiment diffuso nel centrodestra, soprattutto pugliese.
Ora, il faldone Bari è affidato al prefetto Francesco Russo, al quale spetterà dettagliare le misure su Amtab, Amiu, Multiservizi e personale della Polizia municipale. Secondo la relazione del Viminale, non risultano «elementi di condizionamento degli organi elettivi del Comune, in quanto non si è realizzata l’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi, sia passati che attuali; non risultano compromessi il buon andamento, l’imparzialità dell’amministrazione comunale e il regolare funzionamento dei servizi». I veleni però continuano a scorrere in abbondanza, tra fronti politici contrapposti. E anche nella pancia dello stesso centrodestra.
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