Il settore del riutilizzo e del riciclo tessile in Europa è sull’orlo del collasso. Senza interventi immediati da parte dell’UE, le imprese sociali e circolari che operano in questo ambito non saranno più economicamente sostenibili. L’aumento esponenziale del fast fashion e la scarsa qualità dei capi rendono difficile il riciclo, mentre le infrastrutture di selezione e riutilizzo sono sovraccariche. È questo l’allarme lanciato da RREUSE, Ressources, Emmaüs Europe, e TESS GEIE, tutti operatori della filiera.
“Il declino della qualità degli indumenti si traduce in una riduzione dei tassi di riutilizzo e in un aumento dei volumi di tessuti inceneriti, una tendenza aggravata dall’aumento dei costi energetici e dell’inflazione”, affermano in una nota congiunta. “Allo stesso tempo, il settore dell’usato si trova ad affrontare la concorrenza sleale dei produttori di moda ultraveloce, che sfruttano le scappatoie – come le esenzioni doganali per le confezioni inferiori a 150 euro – per inondare il mercato con tessuti a basso costo e non sostenibili”.
Spiega Neva Nahtigal, direttore di RREUSE: “L’afflusso di moda usa e getta, e quindi di capi di bassa qualità, non riutilizzabili e non riciclabili, sta travolgendo i sistemi di recupero. Siamo estremamente preoccupati per il futuro delle imprese sociali nell’UE. È necessario intervenire con urgenza per evitare il collasso dell’intero settore, che offre decine di migliaia di posti di lavoro locali, verdi e inclusivi”.
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Fast fashion, raccolta obbligatoria e crisi del settore
Sebbene la raccolta differenziata dei tessuti sia diventata obbligatoria dal mese scorso, non esiste un meccanismo di finanziamento obbligatorio per coprire i costi, ricordano le organizzazioni. “Le attuali discussioni sull’EPR sono in fase di stallo e, anche laddove esistono schemi di EPR per i prodotti tessili (ad esempio, in Francia e nei Paesi Bassi), non riescono ad affrontare pienamente le sfide del settore”.
“Gli attori dell’economia sociale sono pionieri dell’economia circolare, riutilizzando i beni invece di distruggerli. Oggi non possiamo permetterci di pagare le conseguenze della sovrapproduzione globale. Produttori e commercianti devono accettare le conseguenze delle loro azioni e sostenere economicamente le nostre attività”, sottolinea Eve Poulteau, Direttore generale di Emmaüs Europe.
Una crisi a tre dimensioni
La crisi, denunciata anche attraverso una manifestazione organizzata qualche settimana fa a Bruxelles, si manifesta in tre modi principali, affermano RREUSE, Ressources, Emmaüs Europe, e TESS GEIE:
Economico: i centri di smistamento chiudono, con conseguente perdita di posti di lavoro e di investimenti;
Sociale: migliaia di posti di lavoro in imprese sociali, molte delle quali a sostegno di comunità vulnerabili, sono a rischio;
Ambientale: i tessuti riutilizzabili e riciclabili vengono inceneriti, causando gravi danni ambientali.
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Le richieste degli operatori
“L’Europa deve urgentemente adottare misure per porre rimedio alla mancanza di responsabilità dei produttori tessili”, ha detto Franck Kerckhof, portavoce della Ressources Federation.
In prima battuta si chiede un piano d’azione immediato, per sostenere il settore fino a quando i sistemi di responsabilità estesa del produttore (EPR) non saranno pienamente operativi.
I responsabili politici dell’UE “devono utilizzare gli strumenti finanziari esistenti – come il Fondo per la ripresa e la resilienza, lo strumento per la transizione giusta o i prestiti della Banca europea per gli investimenti (BEI) – per fornire un aiuto urgente”.
Quando poi l’EPR per i prodotti tessili sarà in vigore, “le organizzazioni di responsabilità dei produttori dovranno rimborsare questi fondi a livello nazionale”. Mentre laddove gli schemi EPR esistono già, “i fondi di emergenza dovrebbero essere sbloccati immediatamente, come in parte è avvenuto in Francia”.
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