Competenze digitali? Ecco quanto conta averle

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Padroneggiare competenze digitali avanzate aumenta significativamente la probabilità di trovare lavoro. Spesso ancor di più della laurea. A dirlo è un’indagine condotta tra Italia, Germania e Regno Unito su tre dei maggiori mercati del lavoro europei dal Center on Social Inequality Studies dell’Università di Trento e dall’Istituto per la ricerca valutativa sulle politiche pubbliche della Fondazione Bruno Kessler. Ne parliamo con Paolo Barbieri, promotore della ricerca e coordinatore del Centro che opera nel Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale UniTrento.

Professor Barbieri, partiamo dai risultati dello studio. Cosa avete rilevato?

«Nella nostra indagine siamo partiti da alcune domande: quanto impatto hanno le capacità tecnologiche dei candidati e delle candidate sulla valutazione dei recruiter nel processo di assunzione? E quali effetti hanno queste abilità digitali nella distribuzione delle opportunità di assunzione? Come cambiano in base a profili con diversi livelli di istruzione, alla ricerca di lavori ad alta o medio-bassa qualifica? Abbiamo coinvolti oltre 700 recruiter e human resource manager per paese e abbiamo chiesto loro di valutare quattro diversi profili professionali e tre differenti livelli di padronanza delle competenze digitali (avanzato, intermedio e base). A ognuno di loro è stato inviato un questionario raffigurante quattro diversi profili di candidati e candidate da valutare, ciascuno con caratteristiche assegnate in modo casuale per genere, età, titolo di studio, posizione lavorativa, livello di competenze digitali, precedenti episodi di disoccupazione. È stato poi chiesto loro di stimare con quale probabilità avrebbero assunto l’uno o l’altro candidato/a, se per l’una o l’altra posizione, su una scala da 0 a 10 punti. Dai risultati emerge che chi ha competenze digitali avanzate trova più facilmente lavoro. Le possibilità aumentano del 7,6% per i ruoli manageriali e del 6,7% per quelli tecnici. Questa competenza influenza le valutazioni dei recruiter più del possesso della laurea, che aumenta del 3% le chance di un’assunzione».

Ma cosa si intende in questo caso per ‘competenze digitali’?

«Non stiamo parlando qui di competenze di tipo generico, come l’uso aziendale dei sistemi operativi come Office o Windows, dei social network o di Internet. Ma di abilità specifiche che riguardano la capacità di usare linguaggi di programmazione avanzata, l’utilizzo di software scientifico-statistici, la gestione di progetti e social media, la conoscenza di piattaforme di cloud computing e tecnologie di elaborazione dei Big Data, conoscenza di algoritmi, strutture dati e basi dei sistemi distribuiti»

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C’è molta differenza, ai fini dell’assunzione, tra avere un livello di padronanza medio o avanzato?

«L’elemento emerso in tutti e tre i paesi è che le competenze digitali avanzate aumentano sempre e considerevolmente le probabilità di assunzione. Le competenze intermedie avvantaggiano invece solo nel caso in cui il candidato o la candidata si stia proponendo per un ruolo manageriale. In generale, dalla media complessiva sui tre paesi, in termini di effetti sulla riuscita positiva del processo di selezione, le competenze intermedie possono essere paragonate al possesso di un titolo di studio pari alla laurea».

Ci sono differenze tra i paesi esaminati?

«I risultati mostrano effetti maggiori delle competenze digitali nel Regno Unito (+10,21%), un mercato del lavoro flessibile, orientato alla valutazione delle abilità pratiche e specifiche e meno alla valorizzazione del titolo formale. Diversamente, nell’Europa continentale, il titolo di studio gioca ancora un ruolo da protagonista nel processo di selezione del personale – soprattutto in Italia (+4,58%) – e le competenze aiutano solo quando si tratta di competenze digitali avanzate. Le competenze digitali sono poi un potente strumento compensativo nei casi di mismatch educativo-occupazionale, a favore del candidato o della candidata nel caso di gap tra percorso di studio e professione».

Quindi, a vostro avviso, l’avvento delle nuove tecnologie non sarebbe una minaccia per l’occupazione?

«Il nostro lavoro si inserisce in una questione a lungo dibattuta, purtroppo spesso in modo ideologico, che ha a che vedere proprio col supposto ruolo distruttivo di occupazione delle nuove tecnologie. Lungi dal creare disoccupazione tecnologica, l’innovazione e le competenze digitali aiutano a creare lavoro qualificato e a favorire il matching fra domanda e offerta di lavoro. È un risultato importante, dal punto di vista di policy, perché fornisce indicazioni chiare sull’importanza di fornire ai nostri studenti e studentesse (di scuola secondaria e terziaria) quelle competenze utili a farsi strada in un mercato del lavoro che non solo è sempre più globale ma anche sempre più qualificato».



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