Nel 2024 lo Stato italiano ha pagato 26,9 milioni di euro in risarcimenti per ingiusta detenzione. Dal 2018 all’anno scorso il totale della spesa è stata di poco superiore ai 220 milioni di euro. Nel 2024 le domande accolte sono state 552, il totale dal 2018 arriva a 4920 persone che sono finite in carcere per sbaglio.
Sono solo alcuni dei dati riportati nella Relazione al Parlamento del ministero della Giustizia su «Misure cautelari personali e riparazione per ingiusta detenzione» relativi all’anno 2024. I distretti di Corte di Appello più significativi quanto ad entità numerica di richieste di risarcimento sono, mediamente, quelli di Napoli, Reggio Calabria, Catanzaro e Roma. Dalla relazione mancano però i dati relativi alle riforme di riparazione per gli errori giudiziari, ossia quando una persona viene riconosciuta innocente in seguito ad un nuovo processo di “revisione”, celebratosi dopo una condanna definitiva.
Dal 2018 al 2024, si legge nella relazione, «quasi il 75% delle richieste di riparazione per ingiusta detenzione viene accolta a motivo dell’accertata estraneità della persona ai fatti a lei contestati. Solo poco più del 25% circa delle richieste viene accolto per l’illegittimità della misura cautelare disposta, quale che sia stato poi l’esito del procedimento». Le domande presentate nel 2024 sono state 1293: di queste ne sono state accolte il 46,6%, rigettate il 49,4%, dichiarate inammissibili il 4%. Dati che rispettano più o meno quelli degli anni precedenti.
Secondo Valentino Maimone e Benedetto Lattanzi, giornalisti e fondatori dell’associazione Errorigiudiziari.com, «i casi di ingiusta detenzione effettivamente sono in diminuzione: nel 2023 furono 619, l’anno scorso 552. Con questi dati siamo abbondantemente sotto quel numero che si ripete spesso dei circa 1000 casi all’anno di riparazione per ingiusta detenzione. In realtà però non bisogna farsi trarre in inganno da tutto questo. Primo: il dato dei mille all’anno è un dato medio, da 33 anni a questa parte, cioè da quando si è cominciato a contabilizzare il numero delle ingiuste detenzioni. Secondo: sono aumentate nel corso degli anni le istanze di riparazione per ingiusta detenzione che vengono respinte. Quindi se è vero che sono diminuite i casi di ingiusta detenzione, ciò dipende soprattutto dal fatto che sta aumentando il numero di istanze respinte. Quando qualcuno presenta l’istanza di riparazione per ingiusta detenzione è come se lanciasse una monetina, non sa mai se verrà fuori testa o croce. Per quanto riguarda il discorso dei costi: anche rispetto a questo, siamo assolutamente in linea con gli ultimi 33 anni. Abbiamo superato quota 900 milioni di euro negli ultimi 33 anni».
«Attenzione però», concludono i due: «Sembrerebbe che lo Stato, non avendo più fondi nelle proprie casse, stia facendo di tutto per limitare le istanze di accoglimento. Sarebbe più utile, per studiare il fenomeno, che venisse accolta la proposta del deputato Costa di poter accedere a tutte le ordinanze – accolte e rigettate – per conoscere le motivazioni addotte dal giudice nell’uno e nell’altro caso».
C’è poi un capitolo dedicato ai «procedimenti disciplinari iniziati nei riguardi dei magistrati per le accertate ingiuste detenzioni, con indicazione dell’esito, ove conclusi». Limitando l’analisi agli anni 2017-2022 che hanno visto tutti i loro procedimenti conclusi, nell’88,7% dei casi gli illeciti disciplinari si sono conclusi con esito positivo (assoluzione e non doversi procedere), mentre vi è stato esito negativo solo nel restante 11,3% dei casi (censura, ammonimento e trasferimento).
In particolare, le azioni disciplinari dal 2017 al 2024 avviate verso i magistrati responsabili sono state 89, con il seguente esito: 44 non doversi procedere; 28 assoluzioni; 8 censure; 1 trasferimento; 8 ancora in corso. Quindi in totale, su circa 5000 ingiuste detenzioni «solo 9 condanne, sanzionato lo 0,15% degli errori», ha criticato il deputato di Forza Italia Enrico Costa. Secondo il parlamentare, «un dato balza agli occhi: la progressiva riduzione delle azioni disciplinari promosse dal ministro della Giustizia. Nel 2017 sono state 11, 14 nel 2018, 22 nel 2019, 19 nel 2020, 2 nel 2021, 1 nel 2022, 3 nel 2023, 0 (zero) nel 2024».
Per il parlamentare azzurro «di questi numeri sono certamente responsabili i magistrati fuori ruolo di stanza in via Arenula, evidentemente poco propensi ad avviare azioni disciplinari nei confronti dei colleghi, anche quando questi colleghi tolgono la libertà a persone innocenti. Così come sia responsabile il Csm, che di fronte a 89 azioni disciplinari ha prodotto solo 9 sanzioni». «I dati riportati portano ad una sola conclusione – ha concluso Costa – il magistrato che sbaglia non paga mai per i propri errori, neanche quando toglie la libertà a persone innocenti. Paga solo lo Stato. E le responsabilità di questa indecente situazione sono in gran parte della politica, che continua a spendere tante parole, ma accetta passivamente questo conservativo status quo».
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