Evacuazione urgente in via Acrone: gli storici pensano ad acque sotterranee e ad antichi ipogei

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Uno dei fattori che potrebbero aver contribuito al dissesto del terreno è la presenza di perdite idriche nella parte alta di via Acrone, segnalate più volte nel corso degli anni. Ne sono convinti lo storico Lillo Miccichè e altri. Una causa remota ma da considerare.
Non si esclude che l’acqua accumulata nel sottosuolo abbia accelerato il movimento franoso, minando la stabilità delle strutture sovrastanti.
Questo fenomeno, però, potrebbe avere radici ancora più profonde, legate alla conformazione geologica del sito.

Lo storico Lillo Miccichè fornisce un’interessante chiave di lettura, facendo luce sulle origini della via Acrone e sulle criticità strutturali della zona.
Secondo Miccichè, la via Acrone è stata costruita negli anni ’30 sopra un terreno da riporto, durante la realizzazione della Stazione Centrale di Agrigento. Ciò che pochi sanno – afferma lo storico agrigentino – è che a circa 50 metri di profondità scorre un’antica falda d’acqua sorgiva. Questo elemento potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella lenta erosione del materiale da riporto, portando nel tempo un abbassamento della strada e un progressivo indebolimento del sottosuolo.

Storicamente, l’area era caratterizzata dalla presenza di un burrone chiamato “Torrente delle Cavolinelle” o “Nave di Empedocle”, che separava le due colline cittadine. Nell’Ottocento, il burrone fu riempito per esigenze urbanistiche e militari, senza che fossero prese precauzioni specifiche contro il rischio idrogeologico. Un disegno del 1584 mostra chiaramente questa conformazione del terreno, sottolineando come l’assetto originario fosse profondamente diverso da quello attuale.

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Altri studiosi nelle loro opere ricordano che già nel XIX secolo, in piena epoca borbonica, durante i lavori di trasformazione dell’attuale Piazza Vittorio Emanuele in piazza d’armi per le esercitazioni militari dell’esercito borbonico, venne scoperta una vena d’acqua particolarmente abbondante. Questo portò alla costruzione della Villa Maria Teresa (poi divenuta Villa Garibaldi e abbattuta negli anni ’50) e alla realizzazione dei quattro giardini di fronte Porta di Ponte e a una fontanella pubblica dove attingere l’acqua.
Il problema, però, è che nel tempo queste sorgenti sotterranee non sono state adeguatamente irreggimentate.

Oggi, proprio la mancata gestione delle acque sotterranee potrebbe essere tra le cause del dissesto della via Acrone, aggravato dalla pressione urbana e dal peso delle strutture costruite su un terreno non sufficientemente stabile.
Miccichè denuncia come le autorità hanno ignorato per anni il problema del dissesto idrogeologico nella zona. Già nel 1996, il ricercatore aveva pubblicato uno studio sugli ipogei agrigentini, corredato da una mappa sulle acque sorgive della città, in cui segnalava i pericoli legati all’instabilità del terreno. Tuttavia, queste osservazioni non sono state prese in considerazione, lasciando la città esposta a potenziali cedimenti strutturali.

Secondo l’esperto, il pericolo non riguarda solo la via Acrone, ma anche altre aree della città, come il lato sud del piazzale Aldo Moro, vicino all’ex Banco di Sicilia. La fragilità del sottosuolo agrigentino, unita a una scarsa pianificazione urbanistica, potrebbe portare ad altri episodi simili in futuro.

L’episodio ha acceso il dibattito sulla sicurezza urbana e sulla necessità di una maggiore attenzione al rischio idrogeologico. I cittadini temono che senza interventi concreti, situazioni simili possono ripetersi in altre parti della città, con conseguenze ancora più gravi.
Le autorità locali si trovano ora di fronte alla necessità di un piano d’azione efficace per garantire la sicurezza dell’area. Tra le possibili soluzioni:

  • Un monitoraggio costante del terreno attraverso strumenti geotecnici avanzati.
  • La realizzazione di opere di drenaggio per ridurre l’accumulo di acqua sotterranea.
  • Il consolidamento delle strutture a rischio con tecniche di ingegneria geotecnica.

Un piano di evacuazione ben definito in caso di ulteriori cedimenti.
Tuttavia, qualsiasi intervento dovrà essere accompagnato da una visione a lungo termine, che tiene conto della storia geologica della città e dei potenziali rischi futuri.

Il caso di via Acrone rappresenta un chiaro segnale d’allarme sulla fragilità del territorio agrigentino. La città, costruita su un suolo ricco di cavità sotterranee e attraversato da falde acquifere, necessita di un’attenta gestione del rischio idrogeologico per evitare futuri disastri.

Senza un piano di intervento strutturale e senza una seria presa di coscienza da parte delle istituzioni, il rischio di nuovi crolli rimane elevato.

Agrigento ha una storia ricca e complessa, ma per garantire il suo futuro è indispensabile un approccio consapevole e responsabile alla gestione del territorio. Leggi anche: Via Acrone chiusa al traffico, ordinanza e transenne per il rischio di smottamento

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