I termini per il rilascio del parere da parte
di una Soprintendenza nell’ambito di un procedimento di
condono edilizio per immobili in area vincolata
sono ben diversi da quelli per l’autorizzazione
paesaggistica.
Mentre nel primo caso il riferimento è l’art. 32 della legge n.
47/1985, nella seconda ipotesi, invece, i termini sono quelli
indicati all’art. 146 del d.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei
Beni Culturali e del Paesaggio) e anche l’eventuale
silenzio da parte dell’Autorità preposta al vincolo assume un
valore differente.
Condono edilizio in area vincolata: serve il parere della
Soprintendenza
Lo spiega bene il TAR Campania con la sentenza
del 7 febbraio 2025, n. 255, con la quale ha respinto
il ricorso contro il provvedimento di diniego al rilascio
dell’autorizzazione paesaggistica e del parere
endoprocedimentale contrario emesso dalla Soprintendenza,
nell’ambito di un procedimento di condono edilizio ai sensi della
legge n. 47/1985.
Queste le tesi del ricorrente:
- il diniego opposto dal Comune sarebbe stato illegittimo, in
quanto adottato sul presupposto della natura obbligatoria e
vincolante del parere negativo della Soprintendenza, reso
tardivamente in quanto adottato dopo la scadenza del termine di 45
giorni; - essendosi consumato il potere della Soprintendenza, si sarebbe
formato il silenzio-assenso nel rapporto tra
pubbliche amministrazioni, previsto dall’articolo 17-bis della
legge sul procedimento amministrativo; - l’amministrazione comunale avrebbe dovuto quindi provvedere
autonomamente sulla domanda di autorizzazione paesaggistica,
eventualmente comunicando il preavviso di rigetto di cui
all’articolo 10-bis della legge sul procedimento amministrativo,
con motivazione rafforzata, avendo precedentemente proposto un
provvedimento favorevole.
Autorizzazione paesaggistica: per il condono procedura
straordinaria
Tesi che il TAR ha respinto in toto: l’articolo 32 della legge
sul Primo Condono, al comma 1, subordina il rilascio del titolo
abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili in
aree vincolate al parere favorevole delle
amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso.
Qualora tale parere non venga formulato entro 180
giorni dalla data di ricevimento della richiesta di
parere, il richiedente può impugnare il
silenzio-rifiuto. Inoltre il comma 4 dispone che
motivato dissenso espresso da una amministrazione preposta alla
tutela paesaggistico-territoriale, inclusa la competente
Soprintendenza, preclude il rilascio del titolo abilitativo
edilizio in sanatoria.
Si tratta quindi sempre di un silenzio significativo e non è
quindi applicabile il termine di 45 giorni richiamato dal
ricorrente, riferibile all’autorizzazione paesaggistica
ordinaria e non al parere da rendere nel procedimento di
condono edilizio. La mancata espressione del parere entro 180
giorni non determina la formazione del silenzio assenso ma si
configura come silenzio inadempimento rispetto all’obbligo di
esprimere il parere di compatibilità paesaggistica.
I termini per il parere della Soprintendenza
Per costante orientamento della giurisprudenza, in tema di
condono di manufatti in aree vincolate, il silenzio formatosi per
decorso dei termini sulla istanza di regolarizzazione edilizia non
equivale mai ad assenso; ove poi, scaduto il termine, sia
sopravvenuto il parere negativo, avendo il medesimo valenza
vincolante, esso viene ad assumere il valore di atto
preclusivo del condono.
Il silenzio-assenso sull’istanza di condono edilizio inerente ad
opere abusive realizzate in area sottoposta a vincolo si
perfeziona, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 32 e
35, comma 1, L. n. 47/1985, unicamente in presenza del
parere favorevole dell’autorità preposta alla
tutela del vincolo medesimo e non anche in caso di parere
negativo.
In questo caso, il termine di 180 giorni non era certamente
scaduto all’atto della espressione del parere e, comunque, seppure
fosse stato applicabile il termine di 45 giorni, esso sarebbe stato
sospeso dalla comunicazione dei motivi ostativi al parere
favorevole.
Abusi edilizi: l’Amministrazione valuta stato di fatto, non
interventi futuri
Infondato anche il motivo secondo cui la Soprintendenza avrebbe
dovuto valutare la proposta progettuale di completamento delle
opere allegata all’istanza di condono, consistente in interventi di
ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione
dell’edificio preesistente. La riqualificazione dell’immobile, con
un progetto di demo-ricostruzione, avrebbe consentito l’armonico
inserimento delle opere nella zona di rilevanza paesaggistica.
La Soprintendenza, nel merito, ha rilevato che gli abusi in
esame non fossero suscettibili di inserimento nel contesto
paesaggistico, trattandosi di manufatti prefabbricati, privi di
qualsiasi valore architettonico che, per caratteristiche di
materia, forma, tipologia e composizione, hanno alterato
incisivamente e negativamente il sito, costituendo elementi
detrattori della qualità paesaggistica dei luoghi, chiaramente
percepibili da punti di normale accesso al pubblico.
Inoltre gli abusi devono essere necessariamente valutati
nello stato in cui si trovano per cui, trattandosi
di immobili già ultimati e completati, non è affatto possibile
ipotizzare eventuali ulteriori lavori.
Per costante e condivisibile giurisprudenza la presentazione di
un’istanza di condono è finalizzata ad ottenere la sanatoria di un
fabbricato abusivamente realizzato nelle condizioni di fatto e con
le caratteristiche costruttive in cui si trova al momento della
presentazione dell’istanza. Quindi non può rilevare, ai fini della
valutazione di compatibilità paesaggistica, il proposito di futuri
interventi migliorativi realizzabili da parte del
proprietario.
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