Caso Paragon, il governo ha deciso di non rispondere in aula: cosa succede oggi

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Il governo Meloni ha deciso di non rispondere oggi in Aula alle interrogazioni sul caso Paragon, invocando il segreto di Stato e il regolamento della Camera. L’opposizione accusa l’esecutivo di minare la trasparenza e il ruolo del Parlamento. Intanto, Luca Casarini, capomissione di Mediterranea renderà pubblico oggi il primo report sul software.

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Il governo Meloni ha deciso di non rispondere oggi pomeriggio alle interrogazioni parlamentari urgenti presentate da Italia Viva e Partito Democratico sull’uso di Graphite, lo spyware sviluppato dall’azienda israeliana Paragon Solutions e usato per intercettare il direttore di Fanpage.it, Francesco Cancellato e alcuni attivisti italiani. Il governo ha fatto infatti ricorso all’articolo 131 del regolamento di Montecitorio, che gli consente di non rispondere all’interrogazione, dichiarando che le uniche informazioni divulgabili sono già state fornite e che ogni altro dettaglio è coperto da segreto di Stato. L’ira delle opposizioni è stata immediata: in una lettera a Lorenzo Fontana, presidente della Camera, hanno denunciato un “grave vulnus al principio di trasparenza e alla funzione di controllo che il Parlamento è chiamato a svolgere sull’operato del governo”.

Intanto, il capo missione di Mediterranea Saving Humans, Luca Casarini, spiato anche lui da Graphite, ha annunciato su X (ex Twitter) la pubblicazione del primo report indipendente sul software di Paragon Solutions: “Segreto di Stato su Paragon e lo spionaggio ai fini del dossieraggio e delle montature giudiziarie contro attivisti e giornalisti?”, ha scritto, “Noi oggi invece faremo sapere qualcosa di importante, a tutti. Renderemo pubblico il primo report sull’indagine civile che stiamo conducendo. Stay tuned”.

Il nodo della Polizia penitenziaria e la svolta del governo

Il caso Paragon ruota attorno a un nodo centrale: chi, in Italia, ha utilizzato questo software? Finora, le smentite sono arrivate da quasi tutte le forze di polizia, tranne una: la Polizia penitenziaria. Le opposizioni avevano presentato interrogazioni proprio su questo punto, ma il governo, con una decisione senza precedenti, ha scelto di non rispondere in Aula. Risponderà invece solamente davanti al Copasir, cioè il comitato parlamentare che cura i rapporti con i servizi segreti. Curiosamente, quando in passato il tema riguardava i servizi segreti, l’esecutivo aveva evitato di invocare il segreto di Stato e aveva fornito risposte vaghe. Ora, invece, lo ha fatto, ma solo quando le domande hanno toccato la Polizia penitenziaria. Questo cambio di strategia solleva interrogativi: il governo ha davvero il potere di secretare informazioni su un corpo di polizia giudiziaria come la Penitenziaria? Perché il segreto di Stato è stato attivato solo ora?

Cosa dice il regolamento della Camera che vuole chiudere il dibattito

Secondo l’articolo 131 del regolamento della Camera, il governo può rifiutarsi di rispondere a un’interrogazione se indica una motivazione; precisamente l’articolo 131 recita così:

Il governo può dichiarare di non poter rispondere indicandone il motivo. Se dichiara di dover differire la risposta, precisa in quale giorno, entro il termine di un mese, è disposto a rispondere.

Quindi, se il governo sceglie di rinviare la risposta, deve precisare quando lo farà, entro un mese. In questo caso, però, l’esecutivo non ha previsto una nuova data per chiarire la vicenda, chiudendo così ogni possibilità di discussione pubblica in Parlamento. Il governo ha anche dichiarato che parlerà solo al Copasir, il comitato parlamentare che si occupa dei rapporti con l’intelligence e questo significa che le informazioni non saranno accessibili né ai parlamentari né all’opinione pubblica, rendendo impossibile qualsiasi forma di controllo democratico.

“Non c’è nessuna volontà da parte del governo di non dare informazioni”su Paragon, ha dichiarato nella serata di ieri, 18 febbraio, Luca Ciriani, ministro per i Rapporti con il Parlamento, interpellato dai cronisti al termine della conferenza dei capigruppo. Le informazioni saranno date solo “nelle sedi opportune, come il Copasir, che è un organo parlamentare”. Il motivo, secondo il ministro, è che “si tratta di dare risposte su informazioni classificate. Il governo fornirà tutte le informazioni del caso”. Il ministro ha ribadito che anche le interrogazioni sulla Polizia penitenziaria avranno “risposta nelle sedi opportune” perché riguardano “informazioni non divulgabili”.

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Proprio al Copasir, di Paragon si è parlato anche durante l’audizione di ieri di Bruno Valensise, direttore dell’Aisi, il servizio di sicurezza interna: così come già dichiarato dall’Aise, l’agenzia di intelligence che opera all’estero, anche l’Aisi ha confermato di aver utilizzato il software, assicurando però che il suo impiego è sempre avvenuto nel rispetto delle regole imposte dalla società produttrice. Secondo Valensise, il programma non sarebbe mai stato usato per sorvegliare giornalisti o attivisti. Resta da chiarire allora, chi abbia spiato figure come Cancellato e Casarini, così come altri rappresentanti della società civile.

La denuncia delle opposizioni

Nella giornata di ieri, intanto, una fonte del ministero della Giustizia ha fatto sapere che la Polizia penitenziaria “non ha in dotazione il trojan” di Paragon. Ma le opposizioni non si sono accontentate: Maria Elena Boschi, Italia Viva, ha infatti accusato il governo di voler decidere arbitrariamente quando rispondere in Parlamento, mentre il collega Davide Faraone ha sollevato un dubbio: “Se il governo non risponde solo su Polizia penitenziaria e procure, significa che sono loro ad aver usato Paragon?”. Il punto chiave, secondo Italia Viva, è un altro: se il governo non ha nulla da nascondere, perché non risponde apertamente in Aula?

Anche Matteo Renzi ha attaccato duramente il governo, definendo la decisione “un delirio istituzionale”. Ha rivelato di aver parlato con il sottosegretario Alfredo Mantovano, che gli avrebbe detto che il governo sarebbe stato disponibile a rispondere solo se le domande fossero state modificate: “Non so se ci rendiamo conto: il question time si fa solo se il governo gradisce le domande”, ha commentato Renzi.

L’opposizione teme poi che questa vicenda apra la porta a un uso arbitrario del segreto di Stato per evitare il controllo parlamentare, anche se giuridicamente la scelta del governo potrebbe rientrare nei margini della legge, politicamente “è un segnale preoccupante”. Il rischio, denunciano Pd, Iv e +Europa, è che il segreto di Stato diventi, insomma, uno strumento per mettere a tacere le domande più scomode e limitare il diritto del Parlamento di sorvegliare l’operato dell’esecutivo.

La denuncia dei giornalisti

Mentre in Parlamento è esplosa la polemica, la Federazione nazionale della Stampa italiana (Fnsi) e l’Ordine nazionale dei giornalisti hanno annunciato un’azione legale contro ignoti presso la Procura di Roma. L’obiettivo è ovviamente quello di fare chiarezza sullo spionaggio ai danni di giornalisti e attivisti attraverso il trojan Graphite di Paragon Solutions. La denuncia verrà presentata oggi nel corso di una conferenza stampa a Roma in via delle Botteghe Oscure.

Italia Viva presenta nuova interrogazione indirizzata a Nordio

Italia Viva ha presentato un’interrogazione parlamentare indirizzata al Ministro della Giustizia, Carlo Nordio: nel testo si fa riferimento alle notizie secondo cui il comparto della sicurezza italiana e Paragon Solutions avrebbero concordato di sospendere l’uso dello spyware fino alla conclusione della due diligence. “Secondo fonti di stampa”, come scrive Iv, il Governo avrebbe poi ribadito la “propria estraneità all’impiego del programma”, sostenendo che oltre ai servizi segreti anche altre articolazioni dello Stato, tra cui le procure, potrebbero avervi accesso. “Se ciò fosse confermato”, si legge nell’interrogazione, “la due diligence avviata dovrebbe chiarire quali strutture statali abbiano effettivamente in dotazione il software, chi lo abbia acquistato e quale ente lo abbia eventualmente distribuito”. Italia Viva chiede anche chiarimenti sulle spese del Ministero della Giustizia, in particolare per il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP), il Gruppo Operativo Mobile (GOM) e il Nucleo Investigativo Centrale (NIC).

L’’interrogazione punta a verificare quanti fondi siano poi stati destinati alle intercettazioni e se i contratti siano stati assegnati con gare pubbliche o affidamenti diretti. Un altro nodo riguarda l’utilizzo delle intercettazioni, Iv chiede infatti “quante persone sono state intercettate da strutture finanziate dal Ministero della giustizia nel 2024, e se ci siano persone intercettate da polizia penitenziaria ma non indagate”. Infine, il partito chiede anche conto delle dimissioni del capo del DAP, Giovanni Russo, e se queste “siano state accompagnate da una lettera personale al Ministro interrogato con rilievi critici sulla situazione del Dap e se intenda condividerla coi parlamentari o la ritenga personale e dunque secretata”.

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