A Reggio Emilia frode milionaria per evadere il fisco

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L’operazione Ombromanto ha rivelato una rete di società create soltanto per permettere a molte altre (quasi 400) di eludere il fisco. Si tratta dell’ennesima indagine della Guardia di finanza che fa luce su questo fenomeno nella città, “‘capitale’ delle false fatture”, afferma il procuratore Gaetano Paci

Toni MiraGiornalista e componente del comitato scientifico de lavialibera

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18 febbraio 2025

Ombromanto è il grande cavallo grigio argenteo del “Signore degli anelli”. Il più veloce di tutti i cavalli, capiva il linguaggio degli uomini ma non tollerava di essere cavalcato e venne domato solo da Gandalf, il mago condottiero, uno dei personaggi principali dell’epopea creata da J.R.R. Tolkien. Anche la grande criminalità, quella mafiosa e quella economica, spesso intrecciate, “galoppano veloci, cambiando rapidamente il sistema di società per generare guadagni illeciti per non farsi bloccare dalle indagini. Ma noi questa volta siamo riusciti a domarle”. Così il procuratore di Reggio Emilia, Gaetano Paci, ci spiega il nome dato alla grande operazione del 6 febbraio scorso che ha interessato 28 province, con 179 indagati accusati di far parte di un’associazione a delinquere finalizzata ad imponenti frodi fiscali per oltre 100 milioni di euro.

Crimini dei colletti bianchi, anche i ricchi delinquono

Benefici per criminali e imprese, danni allo Stato

“Per questa inchiesta abbiamo speso complessivamente 11.580,24 euro, scoprendo 100 milioni di evasione e sequestrando 70 milioni di euro”Gaetano Paci – Procuratore di Reggio Emilia

Le attività di indagine iniziate nel 2018 grazie ad alcune importanti segnalazioni della Agenzia delle Entrate su operazioni anomale, sono state possibili grazie soprattutto alle intercettazioni telefoniche e ambientali. “Sono state fondamentali per l’inchiesta – sottolinea Paci, aggiungendo con puntigliosità –. Al ministro della Giustizia che dice che si spende troppo per le intercettazioni e quindi le vorrebbe limitare (è in discussione una riforma per ridurne la durata a 45 giorni, ndr), ricordo che per questa inchiesta abbiamo speso complessivamente 11.580,24 euro, scoprendo 100 milioni di evasione e sequestrando 70 milioni di euro”. Ma soprattutto si è riusciti a far emergere un’associazione criminale, con base a Reggio Emilia, che permetteva a molte società di eludere il fisco dietro il pagamento di una percentuale. Gli enormi incassi ricevuti venivano in parte prelevati in contanti, grazie al ruolo di “prelevatori”, quelli che un tempo erano chiamati “spalloni”, e in parte bonificati su conti di società estere. Un affare enorme e vastissimo.

Lo schema fraudolento ha coinvolto più di 400 aziende diffuse in tutta Italia, di cui 40 fittizie con il ruolo di “cartiere” per l’emissione delle fatture false, ma ben 369 aziende erano vere e hanno beneficiato delle indebite compensazioni col fisco. Queste aziende, denuncia il comandante della Guardia di Finanza di Reggio Emilia colonnello Ivan Bixio, “rappresentano la ‘clientela’ dell’organizzazione criminale: imprese che non si sono fatte scrupolo di stipulare accordi con carte false per ottenere un risparmio che andava dal 30 per cento al 70 per cento sugli oneri contributivi elusi”. Ombromante è soltanto l’ultima, in ordine di tempo, di una serie di indagini su questi meccanismi dopo le indagini chiamate Titano e Billions tra il 2020 e il 2024. “Dopo aver guadagnato la fama di ‘capitale’ delle false fatture, Reggio Emilia torna al centro di un sistema economico patologico e di illegalità – commenta il procuratore – che genera ricchezza illecita nelle mani di pochi. Un gravissimo danno per lo Stato, per la collettività. Soldi indebitamente percepiti mentre alla comunità vengono a mancare le risorse per la tutela dello stato sociale”. Al “capo” dell’organizzazione, che risulta nullatenente, sono stati sequestrati auto, orologi come Rolex e altri beni di lusso.

Importantissimo “il ruolo dei colletti bianchi, professionisti appartenenti a diversi ordini, come commercialisti e notai – aggiunge Paci –. E il loro coinvolgimento è particolarmente grave in quanto sono proprio i soggetti che devono denunciare le operazioni sospette. Senza le loro asseverazioni, previste dalla legge e volte a verificare l’esatta compilazione della documentazione e il controllo sull’attività di antiriciclaggio, questa enorme frode fiscale non sarebbe stata possibile”. A essere coinvolti ben 22 professionisti, tra i quali due notai di Bologna (uno di loro in un’intercettazione è definito “un genio del male”) e 20 tra esperti contabili e commercialisti. Alcuni non erano neanche iscritti agli albi professionali e in dodici casi erano normali cittadini che avevano carpito in modo illecito le credenziali necessarie.

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Riciclaggio di denaro, chiave del crimine moderno

In Emilia-Romagna, colletti bianchi in affari con la criminalità

“È evidente che non è più una questione di presenza di mafiosi, di diffusione della mentalità, ma piuttosto di condivisione del metodo mafioso anche da parte di taluni cittadini emiliano-romagnoli, imprenditori e cosiddetti colletti bianchi”Lucia Musti – Procuratore generale

Questa ultima inchiesta si aggiunge a tante altre che in Emilia-Romagna hanno fatto emergere un sistema economico-criminale che si basa su false fatturazioni, truffe, evasione fiscale e vede fianco a fianco associazioni mafiose e non. Ricordiamo le operazioni Aemilia (leggi qui il riassunto), Grimilde, Perseverance, Billions, Radici, Limiti. Migliaia di società del territorio che per arricchirsi, risparmiando o guadagnando illegalmente, si alleano coi criminali accettandone i servizi in un “patto scellerato”. Ma perché proprio in Emilia-Romagna un tempo considerata indenne da questi fenomeni criminali perché dotata di “anticorpi”? “Perché la regione è una realtà florida economicamente, crocevia per gli spostamenti di merci e persone, che favorisce i collegamenti con il Nord Italia e con il resto d’Europa – riflette Paci –. Per troppo tempio si è negato che potessero insediarsi questi fenomeni. L’inchiesta Aemilia è stato il detonatore che ci ha aiutato a capire il fenomeno e come contrastarlo”.

Reati dei colletti bianchi, i crimini invisibili

Una situazione ben fotografata tre anni fa dall’allora procuratore generale di Bologna, Lucia Musti, oggi procuratore generale a Torino, protagonista proprio dell’operazione Aemilia e di quella successiva operazione Grimilde. “Dobbiamo evidenziare che all’iniziale infiltrazione delle mafie nella nostra regione è succeduto l’insediamento fino all’attuale radicamento. È evidente che non è più una questione di presenza di mafiosi, di diffusione della mentalità, ma piuttosto di condivisione del metodo mafioso anche da parte di taluni cittadini emiliano-romagnoli, imprenditori e cosiddetti colletti bianchi, ovverosia professionisti, i quali hanno deciso che ‘fare affari’ con la ’ndrangheta è utile e comodo”. Esattamente quanto emerso con l’inchiesta Ombromanto.

E infatti tra coloro che secondo le indagini gestivano le società cartiere figura anche Salvatore Gaetano, crotonese residente a Sant’Ilario nel Reggiano, arrestato nel dicembre scorso nell’ambito della operazione Limiti, in quanto ritenuto uno dei capi dell’organizzazione italo-albanese di narcotrafficanti che gestiva, sempre dall’Emilia-Romagna, l’acquisto e il commercio di quintali di droga, con centro direzionale Reggio Emilia e magazzini di stoccaggio nel modenese. Con ancora la presenza centrale del clan Grande Aracri da anni radicato nel territorio emiliano. E oltre alla droga anche due mesi fa le false fatturazioni a favore di aziende del territorio, in un intreccio economico criminale pericolosissimo. Davvero un cavallo potente e apparentemente invincibile, ma grazie a magistrati e investigatori più bravi e motivati, ora è possibile domarlo. E lo si fa. 

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