Unione Europea: i 200 miliardi promessi da Von Der Layen sull’intelligenza artificiale sono purtroppo una boutade. Siamo molto indietro e non cambierà nulla

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Il piano InvestAI annunciato da Ursula von der Layen non ha ancora forma. È tutto molto generico, e rischia di essere solo una boutade.
Immagine generata con GrokAI.

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Il piano UE da 200 miliardi per l’intelligenza artificiale? È solo un’illusione. Non ci sono i soldi, non ci sono i tempi, non c’è una strategia reale. L’annuncio è arrivato giorni fa a Parigi, durante il Summit sull’Intelligenza Artificiale, un evento che doveva portare a una governance globale dell’IA e che invece si è chiuso con un nulla di fatto. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, ha “lanciato” InvestAI; in realtà si tratta di un fondo da 20 miliardi; nelle intenzioni della presidente, questo dovrebbe attrarre investimenti fino a 200 miliardi: in particolare, 150 da privati e 50 dal pubblico, con il supporto della Banca europea degli Investimenti. Sempre Ursula Von der Leyen ipotizza quattro giga-fabbriche con 100mila chip ciascuna per dare accesso all’IA anche a Pmi e start-up. Parte dei fondi andrebbe a ricerca e sviluppo in settori chiave come sanità, sicurezza e robotica. Se ciò avvenisse si potrebbe trattare di un salto di qualità incredibile per il Vecchio Continente: si pensi che tra il 2019 e il 2023 gli Usa hanno investito 329 miliardi di dollari in IA, la Cina 133, il Regno Unito 26, l’India 16, mentre il primo Paese UE è la Germania con 14 miliardi. Si pensi che nel 2024 l’EU a 27 ha investito solo 3 miliardi di euro dei quali 1,3 miliardi, quasi la metà, in Francia (Tech.eu report). Ma forse l’investimento monstre da 550 miliardi di dollari del piano Stargate annunciato dal presidente Donald Trump e il terremoto provocato dalla start-up cinese DeepSeek, con il suo modello rivoluzionario DeepSeek-R1, hanno spinto i vertici dell’Unione europea a mettere in scena un’azione. Ma si rischia un buco nell’acqua. Per due motivi: anzitutto per le lunghezze dei processi di approvazione: sono lunghi e complessi perché l’Unione Europea non è uno Stato (federazione) ma una Unione di Stati (Confederazione) e pertanto occorre il consenso di tutti gli Stati e gli organismi coinvolti; e in secondo luogo perché comunque l’Europa resterebbe al di fuori della filiera dell’IA.

In sostanza, anche ammesso che questi fondi vengano stanziati, ci vorranno almeno 3-4 anni prima che diventino effettivamente disponibili, quando ormai il treno dell’AI sarà già passato.

InvestAI tra annunci e realtà: senza dettagli operativi e con la certezza di anni di trattative, l’Europa potrebbe restare impantanata nella burocrazia mentre Usa e Cina corrono

Il piano InvestAI proposto da Ursula von der Leyen potrebbe dare all’UE l’opportunità di competere nel settore dell’IA con Usa e Cina. Ma non c’è alcuni dettaglio su come si intende implementarlo. Il rischio che non porti a nulla è molto elevato. 

Non è un caso che, per il momento, manchino completamente i dettagli del piano. Nell’annuncio ufficiale non si parla di scadenze precise, di modalità operative o di criteri per l’allocazione dei fondi. In altre parole, l’Europa ha lanciato un’idea, ma senza chiarire come intende trasformarla in realtà.

Il motivo è per progetti della portata di InvestAI, che come detto coinvolge la spendita di risorse pubbliche, è necessario il via libera del Parlamento Europeo e di altre istituzioni continentali, e chiunque abbia seguito le dinamiche dell’Ue sa che questo significa mesi, se non anni, di trattative, emendamenti e passaggi burocratici.

Si pensi al percorso di Next Generation EU il piano da 750 miliardi destinato a sostenere la ripresa economica dopo la crisi pandemica: è stato lungo e complesso. Dopo la proposta della Commissione Europea a maggio 2020, il Consiglio Europeo ha approvato l’accordo a luglio, seguito dal via libera del Parlamento Europeo a dicembre. Per rendere operativo il piano, serviva poi la ratifica di tutti i 27 Stati membri, completata solo a maggio 2021. A quel punto, Bruxelles ha potuto emettere i primi bond europei, raccogliendo 20 miliardi di euro già a giugno, con i primi fondi erogati a luglio 2021. Gli Stati hanno presentato i propri Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza (Pnrr), e i finanziamenti vengono distribuiti progressivamente fino al 2026, in base al raggiungimento degli obiettivi. Si pensi anche a InvestEU, piano nato per stimolare gli investimenti in Europa e dare continuità al Piano Juncker, puntando a mobilitare 372 miliardi tra il 2021 e il 2027. Anche qui, l’idea è stata proposta dalla Commissione Europea nel 2018, ma ci sono voluti anni di negoziati prima che il programma fosse approvato ufficialmente nel marzo 2021. Da giugno 2021, InvestEU è diventato operativo, anche qui con la Banca Europea per gli Investimenti (BEI) come principale partner.

Anche la Francia ha proposto un proprio piano, con un investimento di oltre 100 miliardi. Il fatto che la maggior parte dell’energia del Paese sia generata tramite nucleare potrebbe infatti attirare investimenti, considerati i bassi costi energetici rispetto al resto dell’Europa.

Insomma: i dettagli di InvestAI non si conoscono perché non li conosce neppure la Commissione europea, visto che potrebbero cambiare profondamente durante le trattative. Inoltre, resta un enorme punto interrogativo: quanto tempo ci vorrà prima che tutto questo diventi realtà? Così, mentre gli Stati Uniti sviluppano modelli di AI sempre più sofisticati e la Cina investe miliardi in nuove tecnologie senza impantanarsi in eccessivi formalismi, l’Europa rischia di perdersi nei propri meccanismi burocratici.

Che InvestAI sia poco credibile è dimostrato dal fatto che la Francia sta andando per conto proprio nel settore dell’intelligenza artificiale. Negli stessi giorni del Summit parigino, il presidente Macron ha annunciato un piano che prevede oltre 100 miliardi di investimenti, ma la maggior parte di questi fondi proviene da aziende private e iniziative nazionali, non dal coordinamento con l’Unione Europea.  Peraltro Macron spinge per semplificare le normative europee, un chiaro segnale che considera le regole dell’UE un freno allo sviluppo.

L’IA non è solo supercomputer e ricerca: serve una filiera completa per contare davvero

Pensare di competere nell’IA investendo solo in supercomputer e ricerca è un’illusione. La prospettiva di InvestAI è molto limitata. L’IA infatti una rete complessa che coinvolge un’intera filiera industriale: materie prime, semiconduttori, chip, data center e infrastrutture di calcolo avanzate. Senza la presenza in tutti questi gangli del sistema dell’intelligenza artificiale, ogni tentativo di leadership rischia di restare incompleto. Oggi Stati Uniti e Cina non sono solo gli stati che, come detto, investono di più; sono quelli che dominano l’intero ecosistema, controllando non solo le fabbriche di chip più avanzate, ma anche l’estrazione e la lavorazione di terre rare e silicio, fondamentali per la produzione di semiconduttori. Questo significa che la loro leadership nell’AI è costruita su un vantaggio industriale e strategico, non solo su software o potenza di calcolo.

Interni della foundry di Tsmc. L’IA infatti una rete complessa che coinvolge un’intera filiera industriale: materie prime, semiconduttori, chip, data center e infrastrutture di calcolo avanzate. Senza la presenza in tutti questi gangli del sistema dell’intelligenza artificiale, ogni tentativo di leadership rischia di restare incompleto.

L’Europa, invece, è fuori da questa filiera. Non estrae le materie prime chiave, non produce semiconduttori su larga scala e non ha un’infrastruttura sufficiente per competere con i giganti globali. Anche le aziende europee che sviluppano AI avanzata devono dipendere da fornitori esterni, acquistando chip, affittando supercomputer e utilizzando hardware prodotto altrove.

In conclusione, sembra molto difficile che l’EU possa realizzare l’InvestAI, a causa dei meccanismi di approvazione, della difficoltà di reperire “debito buono” finalizzato agli investimenti e della mancanza di una strategia olistica. Se si vuol far qualcosa con l’intelligenza artificiale, forse bisognerebbe cominciare con modificare l’AI Act, il “primo regolamento globale sull’intelligenza artificiale” approvato dall’Unione Europea: nel suo rapporto sulla competitività europea, Mario Draghi lo critica per l’eccessiva regolamentazione, ritenendo che possa ostacolare lo sviluppo tecnologico, specialmente per le piccole e medie imprese.



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