Transizione energetica e rinnovabili

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L’anno in corso segna un punto di cambiamento decisivo per il settore delle energie rinnovabili nel nostro Paese. La combinazione di incentivi mirati, tecnologie avanzate e nuove configurazioni di autoconsumo offre opportunità significative per installatori e progettisti.

Ma come siamo arrivati ad un simile scenario? Sin dall’antichità, l’uomo ha ricercato forme di energia per produrre calore, luce e movimento. La prima fonte di energia utilizzata è stata quella umana, seguita dallo sfruttamento della forza animale, del calore prodotto dalla combustione di torba, sterco essiccato e legno, dell’acqua e del vento.

La prima transizione energetica dell’età contemporanea coincide con la rivoluzione industriale, l’estrazione del carbone fossile, lo sfruttamento del vapore, ma è grazie all’elettricità che la storia dell’umanità intravede un nuovo inizio energetico.
Prima di immergerci nelle tecnologie chiave della transizione energetica proviamo a fare un passo indietro per comprendere le ragioni su cui poggia il cambiamento.

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Fino a una ventina di anni fa, l’architettura degli impianti e delle reti elettriche poggiava su una struttura rimasta pressoché invariata per oltre cento anni. Questa prevedeva un flusso di energia unidirezionale dalla generazione centralizzata verso gli utenti finali.

Come noto, la nascita dell’industria elettrica è ascritta al 4 settembre 1882, giorno in cui entra in servizio la prima centrale elettrica al mondo (Pearl Street Station, Manhattan, NY), seguita dalla messa in esercizio della prima centrale europea a Milano (Centrale di Via Santa Radegonda) il 28 giugno 1883 e, con queste, prende avvio lo sviluppo delle reti elettriche.

In verità, la rivoluzione elettrica era iniziata già nel XVIII secolo con gli studi e gli esperimenti che avevano condotto all’invenzione della Pila di Alessandro Volta (1799), della lampadina elettrica, dei motori e dei generatori elettrici ovvero delle prime applicazioni locali dell’energia elettrica. Non a caso l’energia elettrica è stata considerata la tecnologia chiave della seconda Rivoluzione Industriale (1870-1970).

I primi decenni dell’industria elettrica sono stati caratterizzati da quella che è stata definita la “guerra delle correnti” fra Edison e Westinghouse ovvero la ricerca della soluzione vincente per la trasmissione di energia elettrica a distanza (corrente continua vs corrente alternata). Fra le problematiche da risolvere, un ruolo rilevante è stato giocato dalla trasmissione dell’energia a lunga distanza, in quanto utilizzando la corrente continua non era possibile variare convenientemente la tensione. Questo di fatto limitava il trasporto a distanze non superiori a 2 chilometri dal generatore.

La soluzione a favore della diffusione della trasmissione di energia elettrica in corrente alternata sarà offerta dagli studi e dalle esperienze svolte da molti altri studiosi americani (Nikola Tesla) e europei; in Italia, dal prof. Galileo Ferraris in primis. Fra queste, giova ricordare che la sera del 29 settembre 1884 si svolse a Torino «un notevolissimo ed importantissimo esperimento di trasporto di forza elettrica a distanza, primo in Italia, [..] tra il recinto della […] Esposizione a Torino e la montana ed industre città di Lanzo», per una distanza di 40 chilometri e un circuito elettrico di 80 km. L’esperimento era stato compiuto dal chimico francese Lucien Gaulard che insieme al fisico, chimico e matematico statunitense Josiah Willard Gibbs, l’anno prima aveva brevettato il generatore elettrico secondario (trasformatore).

L’esperimento in corrente alternata di Torino seguiva altri eseguiti in corrente continua «fra Miesbach e Monaco nel 1882, in occasione dell’Esposizione elettrica tenutasi in quest’ultima città, a Parigi, nel marzo 1883, dalla stazione del Nord al Bourget, tra Vizille e Grenoble nel settembre dello stesso anno ed in altri luoghi».

L’esigenza di trasportare l’energia elettrica prodotta nella centrale idroelettrica di Acquoria (inaugurata il 29 aprile 1886, prima centrale al mondo ad utilizzare i trasformatori di Gaulard e Gibbs) da Tivoli a Roma attraverso una linea di 28 km, porterà il 4 luglio 1892 all’inaugurazione della prima linea monofase in corrente alternata, con tensione di 5 kV. Il 1892 è anche l’anno che identifica la nascita delle prime società elettrocommerciali italiane, il cui fine era vendere l’energia elettrica prodotta dalle proprie centrali ai clienti attraverso reti elettriche private. Queste comprendevano linee in corrente continua e in corrente alternata, a differenti valori di tensione e, nel caso della corrente alternata, a diversa frequenza (in funzione delle caratteristiche di funzionamento del generatore).

L’industria elettrica italiana punta sin dagli albori allo sfruttamento della risorsa idraulica per produrre energia elettrica e, conseguentemente, allo sviluppo di linee di trasmissione sempre più lunghe e con tensioni sempre maggiori. Nel 1923 sarà inaugurata la prima linea a 130 kV, mentre dal 1970 al 1996 l’Italia sperimenterà una linea di trasmissione a 1.000 kV.

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Il modello della rete italiana si cristallizza nello schema unidirezionale rappresentato sinteticamente da: produzione, trasmissione in alta e altissima tensione, distribuzione in media tensione (distribuzione primaria) e in bassa tensione (distribuzione secondaria), misura e vendita di energia elettrica. Si tratta quindi del trasferimento della potenza generata in alta tensione verso le utenze collegate in bassa tensione.

Sul fronte della produzione e della richiesta di energia elettrica, l’evoluzione della rete elettrica italiana è suddivisibile in varie tappe. La prima è quella conseguente al boom economico (secondo dopoguerra) cui fa seguito la nazionalizzazione dell’industria elettrica italiana (1963-1999) e la fine della prevalenza della produzione idroelettrica (metà degli anni ’60 del secolo scorso). Nel 1991, in piena nazionalizzazione, avviene la prima liberalizzazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e assimilabili. Ci torneremo fra poche righe. Nel 1999 viene pubblicato il decreto Bersani, che indica le modalità per liberalizzare la filiera elettrica e la definizione di “cliente idoneo” che può sottoscrive contratti sul libero mercato.

Nel 2001 il Governo pubblica il primo provvedimento per incentivare la produzione di energia da fonte solare (il cosiddetto programma «Tetti fotovoltaici»), cui seguirà il «Conto Energia» (dal 2005 al 2013) il cui effetto dirompente è rappresentato dall’aumento esponenziale delle installazioni di impianti fotovoltaici, numero che al 31 dicembre 2023 ha raggiunto quota 1.597.447 e una potenza di 30.319 MW.

Questi anni segnano l’avvio di un nuovo paradigma della rete italiana, in cui il flusso di energia da unidirezionale diviene bidirezionale. In altre parole, il flusso dell’energia sulla rete non avviene più solamente dal livello di tensione superiore verso il livello di tensione inferiore (dall’alta tensione alla media tensione, alla bassa tensione), ma l’energizzazione della rete elettrica avviene anche in senso inverso (Figura 1B) e cioè dalla rete di distribuzione di bassa tensione, dove sono concentrate in numero maggiore le installazioni fotovoltaiche, all’alta tensione.

Secondo quanto diffuso dal GSE nel “Rapporto Statistico 2023 – Solare Fotovoltaico”, infatti, «la maggior parte degli impianti fotovoltaici installati in Italia (1.568.230 impianti su 1.597.447, pari al 98,2% del parco impianti complessivo, per una potenza pari al 43,2% di quella totale) sono collegati alla rete in bassa tensione. I 29.055 impianti connessi alla media tensione concentrano il 49,0% della potenza complessiva, mentre solo un esiguo numero di impianti è collegato alla rete di alta tensione, per una potenza pari a circa 2.357 MW (7,8% della potenza totale). Negli impianti collegati alla rete in bassa tensione entrati in esercizio nel corso del 2023 (99,1% del totale) si concentra il 56% della potenza complessiva installata nell’anno».

Anche dal punto di vista della distribuzione territoriale, è interessante rilevare che «a fine 2023, le sole regioni Lombardia e Veneto concentrano il 30,9% degli impianti sul territorio nazionale (rispettivamente con 264.823 e 228.013 impianti). Il primato nazionale in termini di potenza installata è rilevato in Lombardia (4,05 GW, pari al 13,4% del totale nazionale), seguita dalla Puglia (3,31 GW), regione che fino al 2021 deteneva la quota maggiore di capacità fotovoltaica; in Puglia si rileva comunque la dimensione media degli impianti più elevata (36 kW)». Nello stesso rapporto leggiamo che al 31 dicembre 2023 risultano installati nel territorio nazionale 30.236 sistemi di accumulo, con una capacità di accumulo di 3.412 MW.

Gli impatti sulla rete elettrica saranno discussi oltre. Quello che possiamo rilevare è che, grazie all’azione governativa (semplificazione normativa e autorizzativa, introduzione degli incentivi) «l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili nel 2021, pari a 116.339 GWh, rappresenta il 40,2% della produzione lorda complessiva del Paese».

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La situazione in Europa

Secondo quanto riporta il “Photovoltaic barometer 2024” dell’EurObserv’ER – Observatoire des Énergies Renouvelables, nel 2023 a livello globale sono stati installati oltre 345,5 GW di capacità da fonte solare portando la potenza installata a 1.412,1 GW. Nell’Unione europea la potenza installata nel 2023 è pari a 53.1 GW, portando il valore della potenza cumulata totale degli impianti fotovoltaici a 256,9 GW (secondo mercato globale). In particolare, la Germania continua a mantenere il primato con una potenza cumulata installata di 82.191 MW (di cui 14.617,0 nel 2023), seguita dalla Spagna con una potenza cumulata installata di 30.612,5 MW (di cui 7.301,2 MW nel 2023) e l’Italia con una potenza cumulata installata pari a 30.300 MW (5.236 MW nel 2023).

Facendo un confronto con la fonte eolica, secondo il “Wind energy barometer 2024” dell’EurObserv’ER, nel 2023 le nuove installazioni di impianti eolici hanno incrementato la potenza installata nell’Unione europea di circa 15,6 GW, portando il valore della potenza cumulata totale a 218,5 GW. Al primo posto troviamo la Germania con una potenza cumulata totale di 69.474 MW di cui 8.458 MW con impianti eolici off-shore, seguita dalla Spagna con una potenza cumulata 30.774,8 MW (5 MW con impianti eolici off-shore), dalla Francia con 22.389,6 MW (842 MW off-shore), dalla Svezia con 16.134 MW (193 MW off-shore) e l’Italia con una potenza cumulata totale di 12.335,8 MW (30 MW off-shore).

Secondo il già citato Rapporto Statistico 2023 del GSE, il fotovoltaico rappresenta una componente chiave per la crescita delle energie rinnovabili. La capacità di generazione continua a espandersi grazie a politiche di supporto specifiche e a una maggiore attenzione verso le energie rinnovabili. Nel 2021, la distribuzione delle fonti rinnovabili ha evidenziato un aumento significativo della quota di energia generata da impianti fotovoltaici, eolici e idroelettrici.
La promozione delle fonti rinnovabili passa attraverso interventi di incentivazione specifici, come il DM 04/07/2019, che prevede agevolazioni per impianti fotovoltaici, eolici onshore e idroelettrici, con criteri di accesso basati su registri e aste al ribasso. Questo approccio ha permesso di sostenere la transizione verso una produzione energetica più pulita e sostenibile, coinvolgendo anche settori precedentemente meno interessati.

Autoconsumo

L’autoproduzione di energia rappresenta uno degli elementi chiave del sistema di incentivi italiano. Si distingue tra:
Autoconsumo fisico: l’impianto di produzione è direttamente collegato all’utenza di consumo.
Autoconsumo virtuale: sfrutta la rete per bilanciare consumi e produzione, anche senza coincidenza tra il punto di immissione e il punto di prelievo.

L’importanza dell’autoconsumo è cresciuta parallelamente allo sviluppo di nuove configurazioni energetiche. Grazie a normative come il TIAD (Testo Integrato Autoconsumo Diffuso) e al Decreto CACER, è possibile adottare modelli innovativi di condivisione dell’energia, che permettono di ottimizzare la produzione locale e ridurre la dipendenza dalla rete principale.

Questi strumenti introducono nuove modalità operative, come:
– Gruppi di autoconsumatori.
– Comunità energetiche rinnovabili (CER).
– Autoconsumatori individuali a distanza.

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I requisiti chiave includono l’appartenenza alla stessa cabina primaria e l’uso di impianti di nuova costruzione o rigenerati. Si tratta di un passo avanti importante per decentralizzare la produzione energetica e favorire la resilienza locale.

Il Decreto MISE ha introdotto una tariffa incentivante fissa per 20 anni, pari a 100 €/MWh per l’autoconsumo collettivo e 110 €/MWh per le comunità energetiche. Inoltre, è previsto un rimborso per i minori costi di sistema derivanti dalla condivisione di energia, individuato da ARERA, pari a 9 €/MWh. Complessivamente, la quota di energia condivisa è soggetta a un incentivo di 119 €/MWh per le comunità energetiche e di 109 €/MWh per l’autoconsumo collettivo.

Gli energy storage systems svolgono un ruolo cruciale nel migliorare l’efficienza e la resilienza della rete elettrica. La loro capacità di immagazzinare energia nei momenti di eccesso produttivo e di rilasciarla nei picchi di domanda rappresenta una soluzione strategica per bilanciare la rete e migliorare l’affidabilità del sistema.
Oltre alla loro funzione tecnica, i sistemi di accumulo offrono un’importante leva economica, consentendo di massimizzare il valore dell’energia prodotta e di ottimizzare il ritorno sugli investimenti.

Digitalizzazione e cybersecurity

La digitalizzazione gioca un ruolo cruciale nella gestione delle infrastrutture energetiche. L’adozione di tecnologie IoT e AI consente un monitoraggio in tempo reale degli impianti, migliorandone l’efficienza e la sicurezza. Tuttavia, la crescente digitalizzazione aumenta i rischi di attacchi informatici, rendendo la cybersecurity una priorità assoluta per il settore.
Sono necessarie normative specifiche e investimenti in tecnologie di protezione per mitigare i rischi. La collaborazione tra operatori energetici e esperti di sicurezza informatica diventa sempre più cruciale.



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