Stop alle speculazioni: quanto costa davvero la ricostruzione di Gaza

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di David Zebuloni
Con il discusso annuncio del neo presidente americano Donald Trump circa il suo piano di evacuare i residenti di Gaza e ricostruire la Striscia sotto la protezione degli Stati Uniti, sono cominciate anche le speculazioni riguardo i costi della dibattuta ricostruzione.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha nuovamente colto l’occasione per attaccare Israele, questa volta per i gravi danni causati a Gaza, arrivando persino a dichiarare una cifra immaginaria di ben 100 miliardi di dollari necessari per ripristinare la Striscia. Anche secondo le dichiarazioni del presidente egiziano Al-Sisi, il costo della ricostruzione della Striscia di Gaza sarà di circa 90 miliardi di dollari. Gli esperti internazionali e i funzionari delle Nazioni Unite, che hanno seguito i negoziati dal loro inizio fino alla fine, hanno stimato che la ricostruzione della Striscia si aggirerà attorno all’enorme cifra di 300 miliardi di shekel, pari a circa 80 miliardi di euro.

«Un tempo, le Nazioni Unite parlavano di una cifra stimata tra i 40 e gli 80 miliardi di dollari per l’intera ricostruzione della Striscia – spiega Eyal Ofer, esperto dell’economia di Gaza e della sua gestione da parte di Hamas -. L’organizzazione terroristica a Gaza ha riportato una cifra di 18 miliardi di dollari solo per la rimozione delle macerie delle case distrutte. Secondo Hamas parliamo infatti di 50 milioni di tonnellate di macerie. È interessante notare che tutti sparano cifre, ma nessuno fa la cosa più semplice e sensata di tutte: un basico file Excel per cercare di stimare quanto pesano effettivamente tutte le macerie da rimuovere e, di conseguenza, quanto costa davvero la ricostruzione della Striscia».

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Eyal Ofer, esperto di economia di Gaza

Secondo Ofer, non è possibile fare affidamento sui dati pubblicati dall’organizzazione terroristica. «Dopotutto, queste relazioni sulle macerie non sono serie – sottolinea -. Ci sono edifici che sono completamente distrutti e che devono dunque essere abbattuti e rimossi, e ci sono case che riportano piccoli fori nei muri che non devono essere rimossi e ricostruiti, poiché basta semplicemente tappare i fori e ristrutturare le pareti danneggiate. Al momento, le stime considerano tutte le case come se fossero completamente distrutte. Questo è un errore. Basandomi sulle immagini satellitari che ho analizzato, solo il 20% dei danni necessitano di una totale distruzione, evacuazione e ricostruzione».

L’esperto è convinto che il calcolo sia complesso, ma assolutamente realizzabile. «Bisogna fare un lavoro accurato e verificare quanto pesa mediamente un piano di un edificio di quattro appartamenti a Gaza – continua -. Si tratta di una questione ingegneristica piuttosto semplice. Poi, bisogna fare un altro calcolo, forse più complicato. Bisogna calcolare quanto costa costruire un appartamento nella Striscia. Secondo le mie fonti attuali, parliamo di una cifra di 100.000 dollari al massimo, compresi i materiali e il salario degli operai gazawi».

Ofer si lancia dunque in una serie di calcoli. «Secondo la mia stima, mille appartamenti costano 100 milioni di dollari. 10.000 appartamenti costano un miliardo di dollari. 200.000 appartamenti costano 20 miliardi di dollari. Anche se mi sembra esagerato, se prendiamo il costo della rimozione delle macerie dato da Hamas, che è di 18 miliardi di dollari, arriveremo a un totale di 40 miliardi di dollari. Aggiungiamo il costo delle infrastrutture da ripristinare e forse arriveremo a 60 miliardi di dollari. Queste sono naturalmente solo stime. Non ho ancora abbastanza dati e certamente potrei sbagliarmi, ma istintivamente e razionalmente direi che il costo complessivo della ricostruzione di Gaza è di circa 50 miliardi di dollari. Non di più».

Tuttavia, piuttosto che calcolare il costo della ricostruzione della Striscia, Eyal Ofer ci invita a concentrarci su ciò che, secondo lui, è veramente importante: stabilire una politica israeliana chiara al riguardo. «Credo che la cosa più importante sia che Israele decida cosa è giusto fare riguardo al futuro della Striscia – spiega con tono pragmatico -. A mio avviso, sarebbe giusto che Israele non partecipasse alla ricostruzione di Gaza e ai suoi costi. D’altronde, più la ricostruzione sarà veloce ed efficace, e più Hamas riprenderà il pieno controllo della Striscia, pronto a destabilizzare nuovamente gli equilibri dell’intera regione».

Per quanto riguarda la questione dei dati raccolti e tanto discussi, l’esperto racconta le difficoltà che ha incontrato quando ha iniziato a studiare l’economia di Hamas. «È quasi impossibile essere precisi con i numeri, quando si tratta di Gaza. Soprattutto dopo l’inizio di questa atroce guerra, ma sicuramente anche prima. Ho studiato l’economia di Gaza per anni e persino su una questione semplice e basilare come la popolazione che vi abita, non ho mai trovato un dato preciso. Già molto tempo prima della guerra, c’è chi affermava che ci sono 2,3 milioni di gazawi e chi credeva che la popolazione fosse composta da 1,8 milioni di persone. Un margine di errore di mezzo milione di persone, pura follia».

Un altro argomento difficile da definire, ma molto importante da affrontare, è il patrimonio attuale dell’organizzazione terroristica a Gaza. «Quasi tutta la ricchezza della Striscia si concentra nelle mani di Hamas – spiega Ofer -. Secondo i miei calcoli, l’organizzazione è persino riuscita a guadagnare durante la guerra. Sappiamo, per esempio, che i piccoli commercianti devono pagare un pizzo a Hamas che va da 20.000 a 50.000 shekel (da 5.000 a 13.000 euro circa) per ogni camion che entra a Gaza».

E questo non include i camion del carburante. «Un camion di carburante contiene una quantità di benzina per un valore di circa 250.000 shekel (67.000 euro). Ora, pensa che ne entrano decine ogni giorno – conclude amaramente l’esperto -. Se calcoliamo che fino all’inizio della tregua sono entrati a Gaza circa 70.000 camion di carburante, possiamo dedurre che Hamas ha guadagnato solo dai pizzi circa due miliardi di shekel (537 milioni di euro). Inoltre, sappiamo con certezza che parte delle merci che vengono introdotte a Gaza, viene rubata e rivenduta da Hamas. Ciò determina un’entrata di altri due miliardi di shekel. Dunque, secondo i miei calcoli, Hamas ha guadagnato solo durante questo anno e mezzo di guerra oltre 4 miliardi di shekel (1 miliardo di euro)».



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