September 5 – La diretta che cambiò la storia – Movie Connection

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Conto e carta

difficile da pignorare

 


Il racconto dell’attacco terroristico avvenuto il 5 settembre 1972 alle olimpiadi di Monaco dal punto di vista dell’Abc, l’unica rete televisiva che poteva trasmettere in diretta quello che stava succedendo. Non uno sguardo politico ma una riflessione mediatica e morale: erano più importanti gli ascolti o la tutela delle vittime e dei loro familiari? 

Germania 2024 (91′)
Lux Padova Logo

    Nel 2005 Steven Spielberg, con Munich, aveva raccontato la vendetta del governo israeliano contro i responsabili di quella strage. Tim Fehlbaum racconta invece quella giornata tutta dalla parte dell’Abc, l’unica che poteva trasmettere in diretta quello che stava succedendo. E così il film diventa una bella riflessione sull’orgoglio giornalistico, ma anche sulla responsabilità dell’informazione, sul ruolo di testimoni e sui rischi della professione (i terroristi furono informati dai servizi dell’Abc di quello che stava succedendo) e più in generale sul potere della tivù.

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

Paolo Mereghetti – iodonna.it

  Monaco, 1972. La Germania ospita le Olimpiadi per dare al mondo il segnale che la Seconda Guerra Mondiale è un ricordo lontano, e il Paese è riunito e pacifico. La rete televisiva americana ABC ha inviato sul posto la redazione sportiva al completo, e si prepara a raccontare le gesta del nuotatore Mark Spitz, supervincitore annunciato di quell’edizione olimpica. Quello che la redazione non può prevedere è che si ritroverà a documentare, agli occhi di tutto il mondo, l’attacco terroristico da parte di un commando palestinese avvenuto il 5 settembre contro i componenti della squadra israeliana. September 5 ripercorre le ore concitate in cui quella copertura mediatica è stata fondamentale per l’informazione globale, ma ha anche inconsapevolmente interferito con gli interventi delle forze dell’ordine e alimentato voci dilaganti intorno all’attacco. Diretto da Tim Fehlbaum, regista svizzero tedesco 43enne – dunque non ancora nato nel 1972 –, il film fa leva su quel tragico evento per allargare il discorso sulle responsabilità dei media in un’epoca in cui i mezzi tecnologici a disposizione erano molto più limitati, ma le comunicazione cominciavano ad assumere l’attuale portata globale. Che poi il resoconto di quell’episodio veda la luce mentre nel Medio Oriente impazza il conflitto fra Israele e Hamas è una casualità temporale, che tuttavia non manca di rendere questa rievocazione storica ancora più rilevante.

Di per sé September 5 non è un film politico, ma le questioni sollevate lo sono in sé, perché anche le scelte redazionali rischiano di avere una componente ideologica: all’interno della redazione sportiva della ABC c’è ad esempio Marvin Bader (interpretato da Ben Chaplin), il vicepresidente ebreo americano molto sensibile al tema dell’antisemitismo. Il produttore esecutivo Geoffrey Mason (John Magaro, il migliore in scena) verrà promosso sul campo e dovrà assumersi la responsabilità di dirigere le operazioni assicurando una copertura efficace ed equilibrata, cioè dando un colpo al cerchio del giornalismo e un altro a quello dello spettacolo, senza cadere in manicheismi politici. Fehlbaum mette in scena gli eventi con realismo, ricreando non solo un’ambientazione d’epoca credibile (le scenografie sono di Julian R. Wagner, la direzione della fotografia retrò di Markus Förderer) ma anche un’atmosfera da film impegnato anni Settanta, coeva all’evento storico narrato (…) Le questioni in September 5 si fanno profondamente morali: che cosa è giusto mostrare al mondo, in tempo reale? Sono più importanti gli ascolti o la tutela delle vittime e dei loro famigliari? Come si possono rispettare le sensibilità degli spettatori e allo stesso tempo fare un buon lavoro di documentazione giornalistica, magari portando a casa qualche scoop?

Paola Casella – cinematografo.it 

     Un film rigoroso, solido, capace di veicolare una serie di riflessioni molto attuali sul potere dei media e sulla loro responsabilizzazione, ricostruendo in modo molto meticoloso uno specifico e iconico contesto storico, adottando una prospettiva inedita e drammaturgicamente potente (non è un caso che il film sia candidato all’Oscar per la miglior sceneggiatura originale). È il 5 settembre del 1972: a Monaco si stanno svolgendo le Olimpiadi, le prime trasmesse in diretta televisiva mondiale dall’emittente americana ABC. L’evento sportivo sarà annichilito dalla strage di 11 atleti israeliani, rapiti e uccisi da un commando palestinese. Se i fatti sono noti (al massacro di Monaco è dedicato il bel documentario Un giorno a settembre di Kevin MacDonald mentre Steven Spielberg in Munich prende le mosse da quella tragedia per raccontare la successiva rappresaglia israeliana), lo sguardo del regista Tim Fehlbaum entra dentro la “stanza dei bottoni” per descrivere, quasi minuto per minuto, quello che accadde all’interno del quartier generale della ABC quando operatori, produttori e dirigenti televisivi (fino ad allora impegnati “solo” in un resoconto sportivo) si ritrovarono a raccontare, in diretta, qualcosa di enorme, più grande di loro, non senza dilemmi morali. Da un lato la comprensibile ambizione di essere loro, per una volta, a fare la storia del broadcasting; dall’altro la consapevolezza di avere in mano la regia di una tragedia con il rischio di mostrare la morte in diretta o, addirittura, di sabotare le azioni della polizia tedesca (le immagini della ABC, in fondo, erano a disposizione anche dei terroristi). In questa profonda riflessione sul ruolo che ebbe allora (e che avrà ancora) la televisione, si innesta il racconto analogico di come, in quegli anni, l’ingegno e un certo spirito artigianale superassero con grande creatività molti ostacoli prima dello sviluppo di una tecnologia sempre più avanzata. Pesanti telecamere spostate a mano, ingrandimenti fotografici, avventurose staffette per consegnare le bobine, montaggi di pellicola col nastro adesivo, didascalie e sottopancia pazientemente costruiti, transistor modificati. Un “dietro le quinte” che mantiene alta la tensione, senza abusare dell’iconografia di quella strage, grazie anche a un cast perfettamente sincronizzato: dal produttore esecutivo in piena “foga agonistica” (John Magaro) alla traduttrice tedesca (la bravissima Leonie Benesch, già vista nel film La sala professori) che avrà un ruolo fondamentale nel decifrare la tragedia; dal dirigente pronto a tutto (Peter Sarsgaard) al vice-presidente ebreo (Ben Chaplin) sempre in attesa di una seconda, salvifica, conferma delle notizie.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Marco Contino – ilnordest.it





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese