Pensione, chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996 rischia questo assegno

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Purtroppo tutti i lavoratori che hanno iniziato la loro carriera dal 1° gennaio 1996 si troveranno di fronte a un destino comune: una pensione decisamente poco generosa.

Il motivo? Il modello di calcolo che verrà applicato nel montante contributivo di tutti i lavoratori “contributivi puri”. Un sistema che non permetterà di maturare un assegno finale decente, salvo in alcuni casi.

Vediamo come sarà la pensione per chi lavora a partire dal 1996, soprattutto a livello di assegno finale.

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Per saperne di più in merito all’argomento, consigliamo di approfondire al meglio la questione con questo video YouTube, con ringraziamento al canale di smileconomy.

Pensione, chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996 rischi questo assegno

Per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996, la pensione sarà calcolata interamente con il sistema contributivo.

Un modello di calcolo notoriamente penalizzante, anche perché non tiene conto di parametri più favorevoli previsti invece nel modello retributivo, come gli ultimi anni di stipendio o eventuali correttivi.

In sostanza, con questo sistema l’importo finale della pensione dipenderà esclusivamente dal montante contributivo accumulato nel corso della propria carriera lavorativa.

Facciamo un esempio: se si esce nel 2025 a 67 anni con 20 anni di contributi, tutti versati partendo da uno stipendio mensile di 1.500 euro, si rischierebbe di ricevere un assegno di appena 550 euro al mese.

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La situazione non migliora anche se si è lavorato ininterrottamente dal 1996: con la stessa retribuzione di prima, non si arriverebbe comunque a 830 euro lordi al mese di pensione.

In pratica, per ottenere una pensione vicina all’ultimo stipendio percepito bisognerebbe accumulare un montante contributivo almeno tre volte superiore.

O, in alternativa avere diversi anni di contribuzione sotto regime retributivo, in modo da beneficiare di un calcolo più favorevole.

A conti fatti, servirebbero almeno 45 anni di contributi per poter eguagliare lo stipendio finale. Ben di più di quelli richiesti per la Pensione Anticipata.

Pensione, la beffa della nuova Quota 89

Diverso è il caso dell’assegno maturato con Quota 89, la misura previdenziale che da quest’anno ha preso il posto di Quota 84 (nota anche come Pensione Anticipata Contributiva).

Riservata solo per i lavoratori attivi dal 1996, questa Quota consente di ritirarsi a 64 anni con almeno 25 anni di contributi, cinque in più rispetto ai requisiti di Quota 84.

A patto però che il proprio assegno pensionistico finale raggiunga un determinato importo minimo. Per i lavoratori, l’importo dovrà essere pari a 3 volte la pensione minima (circa 1.600 euro), mentre per le lavoratrici con figli si va da 2,8 volte (se con un figlio a carico) a 2,6 volte (se con due o più figli).

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Se con il proprio montante contributivo non si riesce a maturare un assegno del genere, non sarà possibile aderire a Quota 89.

A conti fatti, questa uscita è praticamente una beffa per i lavoratori contributivi puri, perché praticamente esclude chi ha avuto stipendi bassi e carriere discontinue, e quindi chi ha un montante contributivo abbastanza contenuto.

Pensione, come aumentare l’assegno se si lavora dal 1996

Nonostante le criticità del sistema contributivo, anche oggi esistono alcune soluzioni per incrementare l’assegno finale.

Ad esempio, se si hanno cinque anni di buchi contributivi, si può richiedere la pace contributiva per coprire questi periodi “vuoti”, pagando i contributi mancanti in un’unica soluzione o in 120 rate.

In alternativa, chi rientra nei requisiti previsti dall’INPS può optare per i versamenti volontari, utili ad aumentare il montante contributivo.

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Un’altra strada è il riscatto del periodo universitario o della leva obbligatoria. Tra l’altro, per chi ha iniziato a lavorare dal 1996 esiste anche un’opzione agevolata, che permette di versare una quota forfettaria fissa invece di una calcolata con parametri più onerosi.

Se nessuna di queste opzioni è percorribile, la soluzione migliore resta quella di investire in un fondo pensione complementare. Tra l’altro il Governo ha recentemente introdotto novità in tema di previdenza integrativa per i (neo) lavoratori.



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