PORTO SANTO STEFANO. Valentina Solari non è solo una madre, è una combattente, una voce potente in un silenzio assordante, il simbolo di una battaglia che riguarda migliaia di famiglie.
Da quattro anni dedica ogni istante della sua vita a suo figlio Nicola Consolandi, in stato vegetativo dopo un tragico incidente. Ma la sua lotta non è solo per lui: è per tutti quelli che, come lei, si sentono abbandonati da uno Stato che dimentica i più fragili.
Valentina non è abituata a piangersi addosso, durante la nostra conversazione e la parola dignità è quella ad essere maggiormente pronunciata.
Dignità per Nicola che ha diritto di essere accompagnato fino all’ultimo giorno nel migliore dei modi e dignità per chi come lei ha deciso con un grande atto di amore di accompagnarlo in questo cammino che ha come destinazione “il Paradiso”.
«Esistono – dice – anche quelli come Nicola, che hanno bisogno di cure, dignità e amore. Ma siamo soli e invisibili, spiega».
Un volo nel vuoto che ha spezzato una vita
Nicola, il figlio di Valentina ha oggi 27 anni.
Aveva 22 anni quando tutto è cambiato. Una sera del 2020, tornando a casa, si accorse di aver dimenticato le chiavi. Tentò di entrare passando dal tetto di un cantiere vicino, ma la copertura cedette e lui precipitò nel vuoto. Dieci metri di caduta, un impatto devastante e il suo futuro fu spezzato in un istante. Nicola sopravvisse, ma il trauma cerebrale fu irreversibile. Da allora vive in uno stato di sospensione, intrappolato in un corpo che non risponde più.
Il ritorno a casa e una battaglia che va oltre Nicola
Valentina è una madre che vive in funzione di una creatura che pare assente, inerme, ma che lei percepisce. Sente la sua presenza. Quando Valentina gli stringe la mano , quando gli sussurra parole dolci, qualcosa negli occhi di Nicola sembra cambiare.
«Per due anni è stato in una struttura di riabilitazione. Poi ho preso la decisione più difficile:, ma anche naturale per una mamma che vuole stare vicino al figlio sempre, fino all’ultimo, riportarlo a casa. Mio figlio non sarà mai un numero. Non sarà mai uno dei tanti pazienti dimenticati in un istituto».
«Lui è il mio principe»
«Lui è il mio principe, e io sarò sempre qui per lui».
Tutto questo è scritto a lettere grandi nella cameretta che Valentina accuratamente ha predisposto per il figlio, insieme a tante foto che lo ritraggono sin da bambino. Nicola è li, nel bene e nel male, ma c’è , si può toccare, piò respirargli a fianco e prendersene cura.
Questa è comunque vita. diversa, ma vita: «Ma ogni giorno è una prova di forza».
Valentina è madre, infermiera, fisioterapista, unica fonte di amore e cure per Nicola. Si sveglia all’alba, lo accarezza, gli parla, sperando che da qualche parte lui possa sentirla. I costi sono altissimi, il supporto inesistente, la fatica immensa.
Un appello per tutte le famiglie dimenticate
Valentina sa che la sua lotta non è solo per suo figlio. È per tutte le madri, i padri, i fratelli che vivono lo stesso dramma.
«Lo Stato non può abbandonarci. Non ci sono abbastanza aiuti, l’assistenza domiciliare è insufficiente, e chi sceglie di tenere il proprio caro a casa deve affrontare sacrifici enormi. Io, tra l’altro – spiega la mamma di Nicola – sono fortunata, vivo in un paese come Porto Santo Stefano, dove ci conosciamo tutti e gli aiuti e i rapporti sono assolutamente diversi».
«Santo Stefano è un paese dove buongiorno significa sempre buongiorno, ma questo non basta. Io vorrei che qualcuno venisse a vedere una mia giornata per capire cosa occorre, quali sostentamenti e non parlo solo di quelli economici, servono, per portare avanti un figlio che ha diritto di essere accudito, anche nel suo stato, e non essere ritenuto , come facevano i babilonesi, uno da gettare dalla torre».
«Ogni giorno è una battaglia che io affronto con l’amore che una mamma, tutte le mamme credo abbiano per i propri figli, ma le istituzioni sono lontane. Non per scelta. Leggi non adeguate a questi casi, non conoscenza diretta delle problematiche, e la burocrazia , tanta, troppa, rendono questo atto d’amore verso un figlio, verso una creatura di Cristo , una montagna da scalare».
«Non lasciateci soli»
«Ci dicono di metterli in istituto, ma come si fa? Come si fa a separarsi da un figlio, a consegnarlo a una vita di silenzio?» La sua voce è quella di chi non può più restare in silenzio.
«Noi esistiamo. Loro esistono. Non siamo invisibili. Non lasciateci soli».
Un grido di battaglia che non può restare inascoltato e che anzi deve essere supportato con la vicinanza, con la solidarietà e attraverso atti concreti. Per questo abbiamo chiesto a Valentina il suo codice IBAN , perché in questi casi ognuno deve fare la sua parte.
Per chi volesse darle una mano eccolo
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