La nuova impresa innovativa. La decadenza delle detrazioni e la volontà dell’investitore: il caso del drag-along
Eccoci alla quarto approfondimento del nostro speciale “La Nuova Impresa Innovativa – Analisi e Casi del Nuovo Startup Act”. Dopo aver analizzato il regime transitorio, nuovi requisiti e le agevolazioni in convertendo ci soffermiamo ora su una previsione introdotta dalla “Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2023” (Legge 16 dicembre 2024, n. 193) che parrebbe aprire scenari interessanti (e potenzialmente favorevoli) in merito alla decadenza delle agevolazioni per gli investitori.
La nuova impresa innovativa. La modifica alle cause di decadenza dall’agevolazione
Per un utilizzare una terminologia da “ecosistema dell’impresa innovativa” ragioniamo in bottom up.
L’articolo 31 della Legge 193/2024, come abbiamo visto, ha modificato l’articolo 29-bis del DL 179/2012 che disciplina le agevolazioni per gli investimenti in deminimis, elevate ora dal 50% al 65%.
Fra le altre, è stato modificato il comma 3 aggiungendo una frase, che dicevamo, potrebbe avere effetti positivi per gli investitori: “salvi i casi indipendenti dalla volontà del contribuente“:
“L’investimento massimo detraibile (n.d.r., quello i deminimis) non può eccedere, in ciascun periodo d’imposta, l’importo di euro 100.000 e deve essere mantenuto per almeno tre anni; l’eventuale cessione, anche parziale, dell’investimento prima del decorso di tale termine, comporta la decadenza dal beneficio e l’obbligo per il contribuente di restituire l’importo detratto, unitamente agli interessi legali, salvi i casi indipendenti dalla volontà del contribuente.”
È noto, che sin dall’emanazione della disciplina sulle startup innovative, il Legislatore ha disposto un holding period, che obbliga l’investitore a detenere per almeno 3 anni le partecipazioni nella startup, con la finalità, come chiarito nelle varie relazioni illustrative di “di dare all’investimento effettuato un periodo minimo di durata”.
I decreti attuativi (DM 7 maggio 2019 e 28 dicembre 2020) hanno poi precisato le cause di decadenza includendo, oltre alla cessione delle quote, anche l’esercizio del diritto di recesso da parte dell’investitore.
La nuova impresa innovativa. La clausola Drag Along in Statuto
Il diritto di trascinamento (drag-along right) è una clausola spesso inclusa negli statuti delle startup innovative. Consente ai soci di maggioranza, in caso di vendita delle proprie quote, di obbligare i soci di minoranza a cedere le loro partecipazioni alle medesime condizioni. Questo meccanismo tutela gli investitori di riferimento, evitando che i soci di minoranza ostacolino operazioni strategiche. È particolarmente rilevante nelle exit, favorendo la finalizzazione dell’operazione.
Quindi in sostanza, quello che accade è che in occasione, ad esempio, di una exit in cui il capitale sociale di una startup vengo ceduto a un’altra impresa i soci di minoranza siano obbligati a vendere le loro quote (vengono quindi trascinati), in virtù della clausola statutaria.
Qualora non intendano vendere (che comunque è un atto di volontà) solitamente, gli statuti prevedono, che si intenda esercitato il diritto di recesso. Quindi, in ogni caso, la loro partecipazione cessa e viene liquidata dalla società
La nuova impresa innovativa. Il “diritto di trascinamento” e l’interpello 390/2023
Può accadere che la clausola di Drag-Along venga attivata nei tre anni dell’holding period.
La domanda è: cosa succede alle detrazioni di cui l’investitore ha beneficiato?
Il quesito è stato posto all’Agenzia delle Entrate da un contribuente che si è trovato proprio in questa situazione e la cui risposta è stata resa pubblica (Risposta a Interpello 390/2023).
Senza entrare nel merito della disamina del caso concreto che è piuttosto articolato, il contribuente sostiene che, essendo stata attivata la clausola statutaria di Drag along, e quindi essendo stato “obbligato” (oltre la propria volontà, diremmo) a cedere la sua partecipazione (nel caso dell’interpello è stato attivato il recesso, ma la sostanza non cambia) la circostanza non comporti la decadenza delle agevolazioni di cui a suo tempo aveva beneficiato. Non ha quindi ceduto volontariamente la partecipazione ma, è stato obbligato a cederla (o in questo caso a vederla annullata).
Il ragionamento sviluppato probabilmente è parso all’Agenzia delle Entrate non privo di fondamento e quindi, prima di rispondere ha richiesto il parere sia al Ministero dell’Economia e delle Finanze sia al Ministero delle Imprese e del Made in Italy.
Purtroppo, però la risposta non è stata favorevole.
Entrambi i Ministeri e con loro l’Agenzia delle Entrate sostengono infatti che “i soci di minoranza, al momento del loro ingresso nella compagine societaria, erano già consapevoli della previsione statutaria (art. .. dello Statuto) di un obbligo di covendita attivabile dai soci di maggioranza, disciplinata mediante una clausola di trascinamento.”
Come dire: caro investitore quando hai effettuato l’investimento eri ben consapevole di questa eventualità, in quanto era scritta nello statuto.
E quindi il nostro investitore si è trovato costretto a restituire le detrazioni di cui aveva beneficiato maggiorate degli interessi legali nella dichiarazione dei redditi.
La nuova impresa innovativa. Il diritto di trascinamento e la volontà del contribuente
Ora sembrerebbe che il Legislatore abbia voluto stemperare questa impostazione stabilita nell’interpello.
L’introduzione della previsione “salvi i casi indipendenti dalla volontà del contribuente” dovrebbe disinnescare casi appunto come quello rappresentato nell’interpello, in cui l’investitore sia stato “forzosamente” obbligato a cedere le proprie partecipazioni (durante l’holding period).
Utilizziamo come spesso accade il condizionale in quanto trattandosi della modifica di una norma fiscale c’è tutto il margine possibile di diverse interpretazioni da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Ad esempio, un’obiezione che potrebbe essere posta in via interpretativa, seguirebbe il ragionamento sviluppato nell’ambito dell’interpello: la volontà del contribuente si è manifestata a suo tempo accettando di entrare nella compagine sociale della startup e di conseguenza le norme che la governano disciplinate nello statuto.
Altro aspetto che ci sfugge è la ragione per cui la Legge 193/2024 abbia modificato solamente l’articolo 29bis del DL 179/2012 (quello delle agevolazioni in regime de minimis) e non anche l’articolo 29, relativo a quelle ordinarie creando una evidente disparità tra gli investitori. Manifestando, come nel caso della disparità di trattamento tra investitori esterni e founder, una evidente iniquità.
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Nel prossimo approfondimento continueremo ad analizzare e, volendo, a “smontare” la Legge 193/2024 evidenziandone tutti i difetti in modo (in senso positivo e costruttivo) che si possa al più presto mettere riparo con circolari operative e guide appropriate
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