BOLOGNA – Nel corso della seduta di oggi, il sindaco Matteo Lepore è intervenuto in Consiglio comunale per presentare la manovra tariffaria per il Trasporto pubblico locale.
Di seguito, il testo dell’intervento.
“Grazie, Presidente.
Intanto sono qui, perché questa è una delibera molto importante per la nostra amministrazione, importante è stato anche il dibattito di questi giorni e quindi, insieme all’assessore Campaniello, illustreremo questa manovra e risponderemo ovviamente alle domande.
In apertura, innanzitutto, voglio rassicurare i cittadini e le cittadine che ci ascoltano, che il nostro obiettivo primario è quello di garantire a tutti i bolognesi un servizio di trasporto pubblico che sia all’altezza e che sia di qualità per i prossimi anni. Questo senza ridurre la copertura a livello urbano e metropolitano, proseguendo gradualmente ad incrementarla per andare incontro alle nuove esigenze della popolazione.
La manovra che oggi vi presentiamo ha principalmente questo obiettivo: la tenuta del sistema del trasporto pubblico locale bolognese e il suo rafforzamento, in vista delle sfide e delle complessità dei prossimi anni, che non si preannunciano affatto prive di incognite.
Tutto questo dovremo farlo con le sole nostre forze temo, e ci tengo a sottolinearlo in questa sede. Per questo serve una visione ampia e lungimirante, un’assunzione di responsabilità accanto a una certa dose di innovazione e di coraggio.
Al contempo, voglio rassicurare chi ci ascolta che ci sarà il mio massimo impegno a proteggere i bolognesi e le loro famiglie dagli aumenti, mettendo in campo un’impostazione che si basi su principi di progressività e redistribuzione, aiutando anche che le fasce medie e non solo gli ultimi.
Questo intervento che farò lo voglio dedicare, infatti, in gran parte ad illustrare come questo sarà possibile e le motivazioni che ci hanno indotto a fare questa proposta.
Innanzitutto, parto da una scelta politica fondamentale per noi: tagliare i servizi di trasporto pubblico, cioè ridurlo in città, tanto quanto nell’area metropolitana, non sarebbe per noi accettabile. Noi i servizi li vogliamo aumentare, nonostante i tagli e i mancati finanziamenti del governo, perché ridurre i servizi per la paura di non cambiare il quadro tariffario o assecondare l’inerzia non riorganizzando l’impianto complessivo del servizio sarebbe un vero delitto, e produrrebbe in termini di costo sociale un peso ben maggiore.
Ha ragione il presidente De Pascale, infatti, quando rivendica la scelta politica di non ridurre i servizi sanitari andando alla ricerca di risorse nuove, perché in un’epoca caratterizzata dalla divaricazione sociale, cioè l’allargarsi della forbice tra chi può permettersi un servizio sanitario privato e chi no, e la disponibilità di un servizio pubblico di qualità e per tutti a fare la differenza sulla vita dei cittadini tanto quanto sulle loro tasche. È una questione di equità e di democrazia, principi cardine di una visione riformista e progressista, quale quella che vogliamo portare avanti. La visione di chi cambia le cose per fare in modo che nessuno sia lasciato indietro. Il trasporto pubblico ha lo stesso valore della sanità pubblica. Quando manca, devi fare da solo e questa assenza produce un costo maggiore di qualsiasi cosa, causa peggioramenti nella qualità della vita. Lo sanno bene i pendolari, ad esempio, i lavoratori, gli studenti. Basti pensare che il costo medio in Italia nel 2024, per la gestione dell’automobile privata, è stato di 5.000 euro l’anno, senza contare che il costo medio di un’auto in Italia è cresciuto nello stesso anno di ben 10.000 euro, in media.
In un Paese dove a livello nazionale lo stato sociale è la prima voce di costo che il governo attuale ha deciso di tagliare, a dover essere protette sono prima di tutto le persone che non hanno alternative, alternative per la cura della propria salute, tanto quanto per i propri spostamenti quotidiani.
Quando parlo di tagli allo stato sociale, mi riferisco a dati molto chiari contenuti nei documenti di programmazione finanziaria del governo, approvati in particolare dalla legge di Stabilità, secondo i quali tra il 25 e il 29 i tagli agli enti locali, Regioni comprese, ammontano a circa 24 miliardi di euro, mentre i tagli ai ministeri ammontano a soli 6 miliardi.
La legge di Stabilità 2025 ha previsto per il Fondo sanitario nazionale un peggioramento netto scendendo dal 6,12 per cento al 6,04, con costi crescenti; e si prevede un ulteriore calo per il 26 al 6,03, e al 5,91 nel 27. Si tratta del valore più basso degli ultimi decenni. Rispetto al 21 il governo Meloni taglia un punto di Pil, che corrisponde a oltre 20 miliardi di euro in meno di investimenti sulla sanità.
Per quanto riguarda il Fondo nazionale trasporti, dato più attinente all’argomento odierno, i fondi mancanti per garantire i servizi del trasporto pubblico esistenti nel Paese, quindi ciò che attualmente esiste, non ciò che vorremmo fare, ammonta a circa 800 milioni di euro, secondo tutti quanti gli esperti e le voci dei rappresentanti delle associazioni di categoria, ben lontano dai 120 milioni stanziati. Significa che con solo i fondi dello Stato i chilometri di trasporto pubblico attuali sono destinati a calare drasticamente e le società di trasporto pubblico a fallire.
Se poi a queste cifre affianchiamo le previsioni di aumento dei costi di energia e carburanti per il prossimo anno, oltre alla situazione di forte instabilità internazionale, si comprende bene che il destino dei servizi è segnato se rimaniamo fermi. Basti guardare l’attuale situazione delle ferrovie in Italia, dove mancanza di manutenzione e ritardi stanno martoriando un orgoglio nazionale.
Sono scelte politiche chiare, le nostre.
Il governo Meloni ha investito 1 miliardo per i centri di rimpatrio in Albania, un totale fallimento come sappiamo: la stessa cifra avrebbe salvato il trasporto pubblico nelle città o la sanità pubblica. Il ministro Salvini stanzia 12 miliardi per il ponte sullo Stretto, ma non ha le risorse per mantenere in orario i treni e gli autobus. Sono scelte e sono responsabilità.
A Bologna e in Emilia-Romagna le scelte sono state altre.
Grazie all’accordo siglato tra me e il presidente Bonaccini negli anni scorsi, la Regione ha stanziato 12 milioni di euro all’anno per rafforzare il servizio ferroviario metropolitano di Bologna. Questo impegno nel 2024 ha prodotto un aumento di cinque milioni di viaggi sulla sola linea Sfm1, con quattro treni l’ora invece due, e un aumento di passeggeri nelle stazioni urbane di Bologna tra il 50 per cento e l’80 per cento. Oggi si può dire che a Bologna abbiamo una metropolitana di superficie, che collega i quartieri lungo la linea est e ovest in sette/quindici minuti al centro storico, gratuita per gli abbonati Tper all’autobus, e con biglietti simili a quelli dell’autobus per chi vuole fare la tratta di settantacinque minuti o prendere il biglietto giornaliero. Così come abbiamo introdotto, per la prima volta nella storia della nostra città, gli autobus h24 per le giornate di venerdì e sabato. Corse peraltro molto utilizzate di sera.
Un bilancio complessivo che ci ha visto aumentare la mobilità pubblica nei nostri primi tre anni di mandato l’uso della bicicletta e dei servizi di sharing alternativi all’auto privata inquinante. Un risultato che vogliamo migliorare ancora e che ci ha offerto un’inedita possibilità di spostamento in città.
Ma il nostro obiettivo è di fare di più, per due motivi che io ritengo siano urgenti.
Il primo è che il nostro è un mandato metropolitano. A livello metro, infatti, il Piano della mobilità sostenibile ha l’obiettivo di aumentare i chilometri del trasporto pubblico a disposizione, perché, se a livello comunale siamo uno dei centri urbani più coperti, lo stesso non possiamo dirlo nel territorio più vasto. Quest’ultima è una strategia fondamentale per aumentare il numero di utilizzatori quotidiani del Tpl. Considerate che, se a Bologna capoluogo la maggior parte dei cittadini sceglie di muoversi per andare al lavoro e a scuola ogni giorno a piedi o in autobus, questo rapporto si inverte per gli abitanti della cintura a favore dell’automobile. Questo lo dicono tutti i sondaggi che stiamo facendo negli ultimi anni.
Il secondo riguarda la salute. Nel 2024, secondo l’ultimo rapporto di Legambiente, la città di Bologna è stata l’unica della Pianura Padana a non sforare i limiti di PM10 sull’anno. Nello stesso anno dalle centraline Arpae veniva rilevata una riduzione del biossido di azoto del 24 per cento. Risultati importanti ma insufficienti, se ancora ogni anno muoiono 753 persone a Bologna per malattie correlate all’inquinamento. Ne parla oggi Paolo Pandolfi sul giornale La Repubblica, direttore del Dipartimento di salute della Asl.
Il nostro compito non è quindi unicamente quello di mantenere bene i servizi esistenti, ma investire per introdurne di nuovi. Più servizi si offrono, infatti, più domanda ci sarà, come dimostra il caso del nostro Servizio Ferroviario Metropolitano.
Lo dimostra anche il fatto che gli investimenti effettuati in questi anni hanno portato gli autobus ad una crescita importante per gli abbonati, che sono passati ad essere 116 mila prima del Covid a circa 123 mila del 2024 a livello metropolitano.
Alcuni dati importanti sugli abbonati voglio condividerli con voi. Il 70 per cento di essi è residente nel Comune capoluogo, quindi il nostro Comune.
L’83 per cento di chi ha viaggiato in autobus nel 2023 aveva l’abbonamento, significa che cinque passeggeri su sei per ogni autobus che prendete ogni giorno hanno l’abbonamento in tasca.
Di queste percentuali si è discusso molto nei giorni passati e questo è l’ultimo dato ufficiale disponibile da parte di Tper.
Se l’83 per cento ha l’abbonamento, il restante 17 per cento utilizza il biglietto singolo o il Citypass o il biglietto giornaliero. Il 58 per cento di quel 17 paga con la carta di credito, gli altri con un biglietto cartaceo o l’app Roger.
Dentro quel 17 per cento ci sono anche i turisti e i visitatori, persone che non abitano nel nostro territorio, ma hanno usufruito dei benefici del finanziamento comunale, che in questi anni hanno tenuto fermo il prezzo del biglietto. Cioè noi abbiamo pagato la riduzione del biglietto anche a loro.
Infatti, mentre le agevolazioni per gli abbonamenti sono finanziate in parte dalla Regione, in parte dal Comune per i bambini, in parte dalle aziende che compartecipano agli accordi di mobility, il prezzo del biglietto è calmierato dal Comune, che negli ultimi sei anni ha rinviato l’aumento dovuto dal contratto.
Nei mandati precedenti, a differenza di altre città e della stessa Regione, a proposito del biglietto del treno, il Comune ha sempre deciso di rinviare la manovra durante il Covid, anche grazie ai due anni di ristori. Ma questo rinvio è costato economicamente al bilancio comunale una cifra che nel tempo si è andata ad accumulare e che continuerà a farlo fino alla scadenza del contratto prevista per il 2028. Stiamo parlando di circa 12 milioni di euro l’anno, da sommare ai 4 milioni di contributo ordinario.
Ecco, con la nuova manovra tariffaria, che oggi vi presentiamo, andiamo a sanare questa situazione che, per quanto mi riguarda, non è più sostenibile, nonostante i tagli del governo e senza ridurre i servizi, bensì con l’obiettivo di migliorarli.
Attenzione, con questa manovra cambia anche il paradigma a cui eravamo abituati, e si fa – lo rivendico – una scelta politica.
Il Comune smette di calmierare il biglietto dei turisti e dei visitatori, e propone un nuovo quadro tariffario rivolto ai cittadini, con importanti agevolazioni e sconti che progressivamente andremo a costruire nei prossimi mesi e nei prossimi due anni, avendo anche le risorse per poterlo fare.
Al contempo chiediamo uno sforzo agli utilizzatori saltuari, che grazie al biglietto incluso nel Citypass possono pagare il viaggio 1,90 euro. Acquistabile anche online e non solo cartaceo. Questa è la novità di questa settimana, sia sulla piattaforma Android e presto anche su quella Apple. Questa è una novità importante, infatti, perché accedere al Citypass anche grazie all’app Roger sarà molto importante e ci permetterà per chi utilizza magari dieci viaggi l’anno e non vuole fare l’abbonamento, permetterà di comprarlo e di averlo a disposizione sul proprio telefono. Penso che questo esempio della famiglia che vuole andare a fare una passeggiata in centro storico, che tanti mi hanno fatto in questi giorni, sia l’esempio più calzante. Se una famiglia magari ha già i bambini che possono andare gratuitamente sul bus, quindi fatta da due adulti, vuole a Bologna non fare l’abbonamento e magari non se la sente di fare un acquisto di più di dieci biglietti, può tranquillamente usare il Citypass e pagherà già un prezzo inferiore ai 2,30 euro. Ovviamente, se facesse l’utilizzo della miglior tariffa con la carta di credito o l’abbonamento, avrebbe uno sconto ancora maggiore.
Il nuovo sistema però non si ferma a questo, ma ci offre la possibilità di ampliare la gamma di agevolazioni per gli abbonati, e questo comporterà necessariamente un allargamento anche della platea di chi si abbonerà. Questo è il nostro obiettivo: proteggere i bolognesi dagli aumenti, offrendo delle opportunità e aumentando il numero degli abbonati.
Proteggere – lo voglio ripetere – in un momento di costi crescenti per famiglie e di scarsità di risorse pubbliche. Dunque una fase nella quale è ancora più importante aiutare chi è in difficoltà. Una cosa che il biglietto non può fare, perché chi utilizza il biglietto ogni giorno è trattato nello stesso modo e quindi trattiamo col biglietto nello stesso modo turisti, visitatori, residenti, fasce fragili, fasce medie e fasce più abbienti.
In quale modo intendiamo agevolare, quindi, gli abitanti del nostro territorio?
Un esempio l’abbiamo già mostrato con un primo accordo siglato con le sigle sindacali, abbassando l’abbonamento annuale da 300 euro a 290 euro per redditi Isee fino a 35.000 euro. Il prezzo all’utenza, appunto, sarà quello grazie a un bonus versato dal Comune direttamente a Tper.
Nella giornata di domani incontrerò le sigle sindacali e le associazioni datoriali presenti nel Patto per il lavoro, per raccontare loro compiutamente la manovra approvata e, a partire dalle tariffe massime, perché 2,30 euro è una tariffa massima, così come le tariffe che andrete, se lo vorrete, ad approvare nella manovra, siamo pronti a ragionare su ulteriori agevolazioni, sempre nell’ottica di proteggere le famiglie, chi lavora e le persone che vivono nel territorio. Domani ascolteremo le loro proposte. Come anche le vostre oggi nel corso del dibattito.
Potremo individuare soluzioni per le persone anziane o per le categorie di lavoratori, oggi scoperte da abbonamenti aziendali scontati.
Partendo però da un dato incontrovertibile: già oggi a Bologna 73 mila persone hanno l’autobus gratuito, alle quali se ne aggiungono 45 mila per gli accompagnatori di bambini nel tragitto casa-scuola e ritorno, altre 43 mila persone hanno un abbonamento scontato, come gli under 27, gli studenti universitari, gli anziani e varie categorie del lavoro dipendente.
Senza la manovra che oggi approviamo, questo non sarebbe possibile e non sarebbe possibile se non avessimo associato ad essa la manovra della sosta, dalla quale otterremo risorse per potenziare proprio il trasporto pubblico, migliorando la qualità del servizio e incrementando le linee su scala metropolitana.
Questa sarà la priorità. Destinare le tariffe per l’automobile al miglioramento del trasporto pubblico è un fatto positivo. In tante città europee avviene, anche per ridurre l’inquinamento e favorire il rafforzamento del trasporto stesso.
A questo proposito ho letto numerosi paragoni con altre città italiane ed europee di svariate dimensioni in merito alla nostra manovra e qui mi soffermo solo su tre valutazioni in merito, anche per motivi di tempo.
La prima riguarda la città di Londra, che già solo a nominarla non dovrebbe indurre a paragoni per dimensione e popolazione. Però vorrei precisare che a Londra i trasporti pubblici costano, eccome, e soprattutto sono considerati in integrazione tra loro: autobus, metropolitana, Overground; una direzione che stiamo perseguendo pure noi, come dimostra l’esempio virtuoso del nostro servizio ferroviario metropolitano. Ma a Londra hanno, dal 2003, la London Congestion Charge, la tassa di congestione di Londra, proposta dal Sindaco Ken Livingstone, un pedaggio che devono pagare i conducenti di alcuni mezzi a motore per poter accedere alle parti designate come Congestion Charge Zone, situate nel centro della città. Il suo scopo è di scoraggiare l’utilizzo dei mezzi di trasporto a motore privati, ridurre la congestione e ricavare fondi per investire sul trasporto pubblico. La tariffa è di 15 sterline al giorno per ogni veicolo interessato che viaggi nella zona pagamento, tra le ore 7 e le ore 22. Chi trasgredisce deve pagare una multa.
La seconda riguarda Firenze, un Comune che incassa ogni anno 40 milioni di tassa di soggiorno dai turisti e investe molti di questi sul trasporto pubblico. Noi ne incassiamo 14, che sorreggono il nostro sistema culturale in grandissima parte. Non potremmo spostarli altrove. Pena licenziamenti, chiusure di musei, biblioteche e teatri. Viceversa, se usassimo parte di spesa corrente del nostro bilancio, dovremmo rinunciare ad azzerare le liste d’attese dei nidi comunali entro il 2027, oppure ridurre le ore di assistenza domiciliare agli anziani, non adeguare i contratti del personale, non manutenere il verde o affrontare le somme urgenze dell’alluvione e delle frane.
La terza questione è presto detta. Un trasporto pubblico locale di qualità metropolitano integrato necessita di risorse adeguate. In Italia le città che non stanno adeguando il prezzo del biglietto vedrete che lo faranno presto. Oppure, se non l’hanno già fatto, dovranno ridurre i servizi o, peggio, chiudere le aziende del trasporto pubblico. Molte hanno i bilanci in rosso. Consegnando la gestione delle reti a player internazionali privati, che agiranno in regime di oligopolio, ben lontano da qualsiasi sensibilità territoriale o sociale.
E qui arrivo all’ultimo punto che intendo trattare: Tper e il valore del lavoro.
In molti hanno citato Zangheri e gli autobus gratuiti, una storia che fece il giro del mondo finendo anche sulle pagine del New York Times. Il provvedimento partì il primo aprile 1973. Non era una gratuità totale, ma per fasce. Fasce orarie di gratuità per gli autobus, attive dall’inizio del servizio, dalle 9 alle 16.30 e alle 20 per i lavoratori, inoltre dalle 12 alle 15 per gli studenti, dalle 20 al termine del servizio per quelli dei corsi serali. Il provvedimento era inserito nel contesto di una grande promozione del trasporto pubblico. L’operazione comprendeva anche l’istituzione di nuove corsie preferenziali per i mezzi pubblici e il rinnovamento del parco automezzi. L’esperimento finì però tre anni dopo, esauriti i fondi a disposizione.
Negli ultimi dieci anni e nei seguenti voglio dire che a Bologna hanno viaggiato, e viaggeranno, un numero maggiore di persone a titolo gratuito rispetto ai bus di Zangheri. Questo grazie agli abbonamenti da noi previsti. Ma non è solo per questo che volevo citare la storia di Zangheri. Da alcuni testimoni dell’epoca risulta un retroscena interessante, per comprendere fino in fondo la logica di quella operazione. L’azienda del trasporto pubblico era di fatto in crisi, allora c’erano circa mille autisti e altrettanti bigliettai, che allora andavano sull’autobus. Parallelamente c’era un grave problema di inquinamento, smog lo chiamavano allora, dovuto all’utilizzo del mezzo privato, mentre il mezzo pubblico aveva meno appeal. Purtroppo dieci anni prima era stato tolto il tram. Decisero così di eliminare i bigliettai, assorbendoli come autisti. I più anziani rimasero comunque in azienda fino alla pensione. Portando gli autisti a essere 1.600 circa. Questo permise di avere più autisti, costi di personale più contenuti e un servizio migliore.
Il sindacato dei tranvieri era contrario, così l’azienda e il Comune decisero di offrire questa gratuità a fasce, per incentivare maggiormente il servizio pubblico e avere anche meno inquinamento. Per superare la contrarietà del sindacato dei tranvieri fecero un accordo col sindacato dei metalmeccanici, mettendo dei cassoni negli autobus al posto dei bigliettai facendoli realizzare dall’azienda Sasib.
Aneddoti che però riflettono una complessità.
Ma ritornando ai giorni nostri,
A novembre 2023 abbiamo sottoscritto un accordo con i sindacati delle categorie del trasporto pubblico, nel quale abbiamo condiviso la proroga del contratto di gestione del trasporto a Tper, poi stabilita fino al 2028, a seguito delle criticità causate dal Covid e la necessità di avere un gestore certo per la gestione del tram alla sua partenza.
A gennaio 2024 un nuovo accordo è stato sancito per affrontare le problematiche scaturite dai problemi occorsi alla torre Garisenda e alla criticità del reperimento del personale, in particolare gli autisti. Figure molto ricercate in tutto il comparto, anche a causa della crescita del mercato privato turistico, che paga ben di più. Un accordo, quest’ultimo, che ha prodotto nel 2024 l’assunzione di 161 persone e un aumento salariale per gli apprendisti di circa 4.000 euro l’anno.
Nessuno di questi impegni – voglio dirlo – potrebbe essere rispettato senza la manovra che vi accingete a valutare e, mi auguro, a votare, care Consigliere e cari Consiglieri.
Grazie a questa manovra paghiamo non solo ciò che dobbiamo da contratto, ma ci mettiamo avanti per avere una più robusta azienda del trasporto pubblico di nostra proprietà. Una società che dovrà essere pronta tra soli tre anni a competere a livello internazionale per gestire la nostra rete e magari quella degli altri territori. E quando dico di nostra proprietà, intendo dei bolognesi, dei cittadini e delle cittadine bolognesi.
Oltre la metà del trasporto pubblico dell’intera regione Emilia-Romagna viaggia nell’ambito di Bologna metropolitana. Tra tre anni avremo due nuove linee di tram funzionanti, ognuna con la capacità di 100 mila passeggeri al giorno. Entro sei anni ne potremmo avere una terza, se ci sarà il finanziamento del governo, e una o più linee di metrobus, fino ad arrivare alle tre previste nel nostro Piano della mobilità metropolitana. L’obiettivo, come sappiamo, è di completare anche il servizio ferroviario con un rafforzamento di altre linee passanti.
Tra i nostri obiettivi vi è poi l’integrazione tariffaria. Con un unico biglietto, infatti, vogliamo che tutti i cittadini dell’area metropolitana possano viaggiare indistintamente su ognuno di questi mezzi, condividere un’auto o una bicicletta tramite l’abbonamento al Tpl.
Dall’Appennino al cuore di Bologna intendiamo rafforzare in qualità e quantità i chilometri di trasporto pubblico per i prossimi anni. Farlo necessita di risorse crescenti, che dovremo saper generare o individuare con meticolosità, attenzione per l’utenza e rispetto dei cittadini.
Quando dico non tagliare, significa che, se noi non facciamo questa manovra, non possiamo ambire al nostro Piano per la mobilità metropolitano, dobbiamo continuare a raccontare ai nostri concittadini che vivono fuori, che non avranno mai nessuna linea di trasporto pubblico, perché per farlo servono risorse. Per fare gli autobus notturni, servono risorse. Serviranno risorse quando arriverà il tram e dovremo portare gli autobus nei quartieri. Per questo crescere richiede risorse, investimenti e lungimiranza.
In tanti in questi giorni ci hanno fatto notare che questo non è il momento giusto, perché la città è piena di cantieri. Io lo comprendo e per certi versi lo condivido anche, ma allo stesso tempo penso che la nostra non sia una scelta sbagliata. La nostra è senza dubbio una scelta difficile, ma responsabile. Una scelta che si è resa necessaria e non più rinviabile, a causa dei tagli del governo, della crescita esponenziale dei costi e la necessità di rafforzare il sistema prima che sia troppo tardi.
Con questa manovra abbiamo dato un futuro al sistema del trasporto pubblico integrato nella città metropolitana.
Con questo voto avremo posto le basi per un percorso nuovo, che potrà stabilmente introdurre nuove agevolazioni per l’utenza di anno in anno, permettendoci di non lasciare indietro nessuno e lanciare campagne efficaci di promozione del trasporto pubblico.
Approvando questa manovra, pertanto – voglio dirlo – facciamo il bene della nostra comunità, non solo il nostro, per generazioni a venire”.
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