Confine Haiti e Repubblica Dominicana: ancora abusi nel 2025

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Il confine che separa Haiti e Repubblica Dominicana è ad oggi uno dei luoghi con maggiori violazioni dei diritti umani. Gli sfollati haitiani, storicamente in fuga dalla gang violence e in cerca di fortuna nella vicina Repubblica Dominicana, si devono scontrare con abusi e violenze, profilazione razziale e deportazioni di massa, soprattutto dopo l’annuncio del Presidente Luis Abinader di voler espellere fino a 10 mila migranti a settimana.

A causa di una grave crisi umanitaria nel Paese caraibico, il confine tra Haiti e Repubblica Dominicana viene quotidianamente preso d’assalto dai migranti haitiani che fuggono dalla violenza delle gang che controllano circa l’80% di Port au Prince. I diritti di base di quasi 5.4 milioni di sfollati sono però costantemente violati dalle autorità dominicane, le quali si sono scagliate anche contro le missioni di pace dell’Onu.

L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni ha registrato più di 7.800 deportazioni nei valichi di frontiera ufficiali in meno di una settimana durante il mese di ottobre, un numero che ad oggi è cresciuto esponenzialmente.

La crisi dei rifugiati ad Haiti

Dilaniati dalla disoccupazione, dalle calamità naturali e oggi anche dalla violenza della criminalità organizzata che domina il Paese, da anni molti haitiani si spostano in Repubblica Dominicana in cerca di migliori condizioni di vita ma trovano solamente discriminazioni, status d’illegalità, basse retribuzioni lavorative e sfruttamento.

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Si stima che ci sono dai 650.000 a 1 milione di migranti haitiani in Repubblica Dominicana, impiegati principalmente nelle piantagioni di canna da zucchero e costretti a vivere nella costante paura del rimpatrio a causa delle politiche repressive e molto severe messe in atto dalle autorità dominicane.

Haiti, dove vige una pesante instabilità politica dalla metà degli anni ’90, condivide con la Repubblica Dominicana l’isola di Hispaniola e, se da una parte i due Paesi sono molto collegati dal punto di vista etnico e culturale, dall’altra il crescere di questa migrazione regionale unito all’enorme divario economico sembra aver intensificato i contrasti tra i due Stati caraibici.

Negli ultimi anni, lo Stato di Haiti è sempre più vicino al collasso: dopo l’assassinio del Presidente Jovenel Moïse nel 2021 e i continui tentativi falliti di tenere nuove elezioni, il Paese è piombato sotto il controllo delle bande armate, che hanno portato a corruzione, rapimenti, uccisioni e gender-based violence.

In un clima di tale incertezza e in preda alla carestia, la popolazione locale è costretta a valicare il pericoloso confine che separa Haiti e Repubblica Dominicana.

Le politiche razziste di Luis Abinader

Sul confine tra Haiti e Repubblica Dominicana, lungo circa 390km, nel 2023 è iniziata la costruzione di un muro – un progetto da 28 milioni di euro – su volontà dell’attuale Presidente Luis Abinader, con l’intento di evitare che “la violenza e il traffico di droga di Haiti si propaghino anche in Repubblica Dominicana”.

In realtà il progetto di Abinader, che ha trovato molti consensi tra l’opinione pubblica dominicana, non ha mai portato a una riduzione della migrazione illegale e non ha fatto altro che incoraggiare la profilazione razziale e istituzionalizzare il razzismo nei confronti dei migrati haitiani.

Quella messa in atto da Abinader in Repubblica Dominicana è a tutti gli effetti una politica di apartheid nei confronti della minoranza haitiana, ghettizzata nei cosiddetti bateyes dove mancano le cure sanitarie di base, l’accesso a servizi igienici adeguati e istruzione.

Le organizzazioni internazionali hanno più volte denunciato questo comportamento ma tali appelli sono rimasti inascoltati e Abinader ha addirittura ignorato la richiesta dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani di sospendere le deportazioni di massa.

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Sotto l’egida imperialista statunitense, Abinader promette di instaurare una politica ancora più dura dopo la sua rielezione, frutto del secolare sentimento anti-haitiano che vige nel Paese.

La necessità di affrontare le radici di questa emergenza umanitaria

Da settimane il confine tra i due Paesi, caratterizzato dai numerosi posti di blocco e avvolto dal filo spinato, è  gremito di migliaia di sfollati che spesso cercano solamente del cibo e si ritrovano ben presto ingabbiati nella spirale della police brutality.

A questo si aggiungono un’ondata di xenofobia e aggressioni da parte dei cittadini e delle istituzioni domenicane, in quella che il rappresentante haitiano Gandy Thomas dell’OSA ha definito “pulizia etnica“.

Si tratta dell’ennesimo caso di respingimento illegale dei migranti, dove la costruzione di barriere non costituisce mai un effettivo deterrente (come succede tra Messico e Stati Uniti): la comunità internazionale deve moltiplicare i suoi sforzi per far sì che la Repubblica Dominicana rispetti le norme di diritto internazionale e fare pressioni affinché si raggiunga la liberazione del popolo haitiano da decenni di violenza e discriminazione istituzionalizzata.

Sara Coico



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