Milano, Lombardia – «Quando ero piccola e mi chiedevano cosa volevo fare da grande, io rispondevo ingenuamente che volevo fare “la mantenuta”». Erica Brunetti , fondatrice e presidente di Trama Plaza Lab, associazione no profit con fine culturale che si occupa di moda etica, mi stupisce con questa affermazione mentre chiacchieriamo. Poi si spiega meglio: «Con questa parola – “la mantenuta” – intendevo dire che non volevo un lavoro “vero”, ma che avrei fatto solo un impiego che avesse un senso per me e per la comunità; crescendo ho realizzato il mio sogno di mettere insieme l’arte e il sociale, scegliendo come mezzo di espressione la moda».
Di fatto da quando esiste Trama Plaza, «lavoro moltissimo e la “mantenuta” non la faccio per niente», afferma Erica concludendo il suo ragionamento. Mi viene da ridere. Ma perché la moda? «Cinque anni fa avevo un “vero lavoro” in un’azienda che chiedeva a noi impiegati di vestirci “in un certo modo” abbastanza standard, ma con tendenza all’elegante, senza però darci indicazioni sulla qualità né sulla provenienza dei nostri abiti. Indossavamo vestiti della fast-fashion, che per me era un termine ancora un po’ vago. Sapevo solo che alcune grandi marche erano state denunciate per lo sfruttamento dei minori in paesi poveri», ricorda Erica.
Piano piano la consapevolezza cresce: «Mi resi conto, e non solo io, di quella che è ancora oggi la realtà della fast-fashion [abbigliamento a basso prezzo, di scarsa qualità, spesso con un impatto ambientale e sociale molto elevato, ndr] guardando il documentario The True Cost. Rimasi allibita da quanto scoprii e per questo decisi di creare una realtà di moda sostenibile come Trama Plaza». La mia conversazione prosegue con Claudia Radaelli, una delle consigliere operative dell’associazione, il cui organigramma è interamente al femminile.
Claudia, com’è nata Trama Plaza e cosa fa?
Durante la pandemia un gruppo di donne, su iniziativa di Erica Brunetti, decise di mettere in rete idee ed eventi sulla moda sostenibile. In poco tempo le donne diventarono circa 60, provenienti da tutta l’Italia. Trama Plaza divenne il contenitore e megafono di tutto quello che si attivava nel nostro paese sul tema della moda sostenibile. Oggi, le nostre proposte si inseriscono in un contesto che promuove l’Agenda ONU. Negli anni le attività si sono sviluppate grazie a un team di professioniste, tutte volontarie, che provengono dal mondo della moda, della rigenerazione urbana, del social management e del design.
Perché avete scelto il nome Trama Plaza?
Il riferimento è al crollo del Rana Plaza in Bangladesh, la fabbrica tessile che produceva abbigliamento per marchi della moda occidentale. Nell’incidente morirono 1.134 persone. Trama si riferisce al tessuto, Plaza richiama la forza di un collettivo che pone sempre al centro le persone e la comunità.
Quali sono oggi i progetti di Trama Plaza?
In questo momento abbiamo in attività almeno otto progetti:
- L’agenda di moda sostenibile è un riepilogo settimanale dei principali eventi sull’industria tessile e sulla sostenibilità ambientale e sociale nel suo complesso; l’agenda viene pubblicata ogni giorno sui social media; la redazione è formata da più di 40 donne che, in modo volontaristico, ricercano e selezionano i principali eventi in tutta Italia.
- Giralamoda è un’opera performativa multidisciplinare che parla di moda sostenibile; è un evento di divulgazione sulla sostenibilità dell’industria tessile, che utilizza l’arte e proposte culturali per sensibilizzare tutti gli attori coinvolti: cittadine, imprese, finanziatori ed enti pubblici. Le forme artistiche di questo show sono la danza, il teatro, la musica, il linguaggio, addirittura la cartomanzia.
- Textura è il nostro progetto editoriale, che rappresenta la voce del collettivo di Trama Plaza.
- Alla moda dal 1948 è stata una mostra manifesto dei diritti delle lavoratrici e lavoratori nel tessile; l’esibizione, tenutasi dal 1° al 10 febbraio 2024, ha avuto l’obiettivo di valorizzare le best practices di sette aziende italiane che adottano un’etica virtuosa verso i propri lavoratori e lavoratrici.
- Declù è il primo gioco di ruolo sull’impatto dell’industria della moda; il gioco si svolge attraverso un ciclo di incontri, lezioni teoriche e laboratori, guidati da esperti in rigenerazione urbana, gaming e di storia della moda.
- I laboratori di upcycling sono incontri di upcycling [riciclo creativo, ndr] di maglieria, ricamo e sartoria per gli abitanti del quartiere Giambellino di Milano allo scopo di incrementare l’inclusione sociale e creare una connessione tra generazioni attraverso attività creative.
- Parco Alan Kurdi è il nuovo parco di 10.000 metri quadri in Via Giambellino 129 di cui Trama Plaza è co-gestore di un’area minore all’interno del parco e di cui si impegna a realizzare tre eventi inclusivi e artistici all’anno per i cittadini.
- Il dispaccio di Trama Plaza (attualmente sospeso) è una breve rassegna stampa mensile con gli aggiornamenti su moda e sostenibilità.
In cinque anni di lavoro ne è stato fatto tantissimo. A beneficio di chi?
Noi lavoriamo in una zona periferica di Milano, il Giambellino. Erica è nata e ha sempre vissuto in quel quartiere e quindi è ovvio che abbia voluto sviluppare il suo progetto proprio lì, per la sua gente. Poi ovviamente, grazie a tutte le attività di cui abbiamo parlato, i beneficiari del progetto sono tantissimi, ovvero tutti quelli interessati alla sostenibilità e alla moda sostenibile: aziende, partners, cittadini, il settore pubblico.
Ci racconti perché sei entrata in Trama Plaza e sei diventata un’attiva collaboratrice volontaria?
Io mi sono “innamorata” di Erica che è una fucina di progetti che ci coinvolge tutte quante almeno una volta alla settimana; lei è una vera leader che ci spinge a partecipare a tutti i progetti e a mettere la nostra faccia con brand, eventi e tanto altro. In generale è difficile fare team building, soprattutto perché siamo sparse in tutta Italia, ma quando ci troviamo insieme on-line ci sentiamo parte di questo progetto perché Erica ha voglia di farci sentire tutte autrici e coinvolte.
Parlaci di come operate al Giambellino, dove avete la vostra sede.
Il Giambellino è un quartiere difficile con vari disagi sociali; abbiamo preso in gestione la portineria di un caseggiato ex Aler come sede dei nostri progetti e al momento stiamo gareggiando per un bando che ci permetterebbe di fare un percorso di un anno con i ragazzi del Centro di aggregazione giovanile che sono adolescenti e preadolescenti.
Vorremmo insegnare loro a organizzare uno swap party [evento durante il quale ci si scambia oggetti, generalmente di vestiti, e si socializza, ndr] PER potenziare delle figure adolescenziali e preadolescenziali del territorio in un quartiere poco raggiunto dall’offerta culturale. Noi interloquiamo con molti brand di moda sostenibile, ma allo stesso tempo vogliamo porci come tramite in modo non giudicante e non discriminante.
E tu come vivi l’ambiente del Giambellino?
I rapporti con la gente della strada vanno coltivati, ma non ci si impone mai. Nella nostra sede non abbiamo messo blocchi, non è casa nostra, ma è un’offerta aperta a tutti quanti. La grande difficoltà deriva dalla rabbia percepita dalle persone e dal senso di abbandono. Quando abbiamo aperto la sede nel 2023, a fine novembre, abbiamo chiesto ai ragazzini del quartiere, agli scout, ai ragazzi del gruppo politico, alle mamme dei ragazzini di aiutarci a pulire. È stata un’occasione di grande comunione che ci ha visto tutti uniti. Da quel momento in poi ora la gente del quartiere ci chiama per nome e collaboriamo tanto anche con gli educatori di strada.
Ci chiedevano di vestirci “in un certo modo” senza però darci indicazioni sulla qualità né sulla provenienza dei nostri abiti
Ti sei affezionata a una persona o un progetto in particolare?
Io difficilmente faccio preferenze e mi trovo bene con tutti i ragazzini, mi chiamano “Clu’dia”, mi cercano e quindi un segno lo stiamo lasciando. Se riusciremo a mantenere finanziariamente la sede continueremo a utilizzarla per tutte le attività, abbiamo già cominciato con i giochi di ruolo.
Chi sono i vostri partners?
Collaboriamo con partner pubblici, come il Comune di Milano, il Ministero della Cultura e il Municipio 6. Poi con le Fondazioni, come la Moleskine e la Cariplo. Inoltre abbiamo partner nella moda, quali la Camera della Moda e molte altre. Infine contiamo su partner locali, facendo parte di QuBi’, la rete del quartiere del Comune di Milano del Lorenteggio Giambellino.
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