Brave Business in a Bus: il bus per aiutare le donne in Afghanistan

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Un minibus coraggioso gira per le strade di Kabul: si chiama Brave Business in a Bus (BBB) ed è il primo incubatore mobile di imprenditoria femminile in Afganistan. In un Paese dove le donne non guidano e non possono lavorare fuori casa, se non in professioni specifiche, questo progetto è un esempio di coraggio e intraprendenza, ma soprattutto un faro di speranza e libertà.

Il bus per le microimprese al femminile

È stato ideato da Selene Biffi, fondatrice dell’associazione She Works for Peace, che da oltre 15 anni si occupa di progetti legati all’istruzione e alla creazione di impiego per donne e giovani in Afghanistan, ed è sostenuto dalla OTB Foundation, che ha sposato l’idea fornendo fondi e supporto. Il bus si muove nelle zone più emarginate di Kabul e offre alle donne possibilità concrete di lavorare dalle loro case. «Fino a oggi, in pochi mesi abbiamo aiutato più di mille microimprese a nascere, in tutto 1.615 donne» ci spiega Arianna Alessi, vicepresidente di OTB Foundation. «Parliamo di cucito, ricamo, artigianato, confezionamento di conserve, preparazione del miele: tutte attività che le donne possono svolgere in casa, aiutando nel frattempo altre persone». Già, perché dare sostegno alle donne, vuol dire darlo a tutta la comunità locale.

Corsi per le donne sul bus

Il bus, muovendosi per le strade di Kabul, alle mamme, vedove, caregiver di familiari disabili, propone corsi su marketing, contabilità, sviluppo del prodotto, gestione delle vendite e molto altro. Tematiche a noi piuttosto familiari, ma impensabili in un Paese dove l’economia è tornata al baratto, dove più del 90 per cento della popolazione vive sotto la soglia della povertà e dove moltissimi, soprattutto le donne, sono analfabeti. «Prima dell’abbandono da parte degli americani, esisteva il Ministero degli Affari femminili grazie al quale le donne erano tornate nelle università, potevano muoversi liberamente, lavorare e studiare. Con l’arrivo dei talebani, come sappiamo sono state emanate nei loro confronti restrizioni di ogni tipo: non possono guidare né muoversi senza un uomo del clan familiare o un tutore maschio, non possono parlare in un luogo pubblico (quindi neanche negli uffici) né cantare. Possono lavorare nel pubblico solo nel settore sanitario (ad esempio come infermiere o ginecologhe) o nel settore dell’istruzione alle scuole primarie: il ciclo di studio, infatti, per loro si ferma qui, non oltre la scuola primaria, perché la loro strada è quella di diventare mogli e madri».

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Un destino scritto a cui molte bambine, con coraggio, si ribellano, finendo in molti casi in carcere. L’accusa è di “crimini contro la morale” per essere fuggite dal matrimonio o da altri tipi di violenze. Anche a loro si dedica OTB Foundation con il progetto Fearless girls, come spiega la vicepresidente: «Abbiamo fornito supporto legale, psicologico e attività educative alle bambine detenute, seguendole nella loro nuova vita fuori dal carcere. Molte infatti hanno ritrovato la libertà e ora sono sistemate presso associazioni locali, grazie a una preziosa rete con cui collaboriamo. La condizione dei bambini in Afghanistan è davvero disastrosa. Negli ultimi anni, è aumentato il numero di piccoli abbandonati dalle madri, in particolare davanti agli orfanotrofi che, grazie ad un partner ben radicato sul territorio,siamo riusciti ad aprire: il primo, maschile, a Kabul con 10 bambini e il secondo, femminile, nella provincia di Kapisa con 50 bambine. Molti di loro non sono orfani ma ci vengono affidati nella speranza di una vita migliore».

L’obiettivo della fondazione non è semplicemente “caritatevole”, ma quello di avviare i progetti per poi farli procedere in modo autonomo. L’orfanotrofio femminile, per esempio, è diventato pubblico, quindi una struttura su cui il governo scommette e investe, parte del tessuto sociale del Paese e della sua possibile rinascita. Anche i taxi rosa guidati da donne per le donne, inaugurati pochi anni fa, avevano l’obiettivo di diventare microimprese al femminile indipendenti e a un certo punto lo sono diventate, perché le aziende stesse pagavano per questo servizio. Con il governo talebano però il progetto si è arenato e l’unica possibilità di lavoro per la maggior parte delle donne –rimane un’attività da svolgere tra le quattro mura domestiche. “ Il progetto BBB è proprio pensato per loro, per aiutarle a sostenersi in autonomia perché crediamo che la rinascita economica e sociale del Paese sia in mano alle donne» commenta Arianna Alessi. «D’altronde, il governo ha bisogno del loro contributo e noi gettiamo dei piccoli semi che man mano, negli anni, germoglieranno».





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