Videolog – Tra il muto e il sonoro: incubi europei e maestri anglosassoni

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Mentre calano le coltri del tempo sul nuovo Nosferatu di Robert Eggers, che ha aperto strategicamente il 2025 con un’uscita in sala a cavallo del Capodanno, è interessante notare come, fra le varie discussioni che il film ha scatenato, ci sia anche l’aver riportato al centro dell’arena critica e cinefila un confronto con le dinamiche del periodo del muto, in cui l’immortale capostipite di F. W. Murnau giocava da indimenticato protagonista. L’occasione è propizia per un Videolog che scandagli un po’ le proposte in alta definizione legate ai titoli più famosi e curiosi di un’epoca che, a un secolo di distanza, resta ispirante e alla quale anche gli autori più apparentemente calati nella contemporaneità continuano a tornare. La ricerca è complicata non tanto dall’eterna diatriba sui molti titoli ormai perduti, ma in generale da un’attitudine al presente che ha spesso relegato i film delle origini a uscite di poco successive alle videocassette e ai DVD – magari per editori e collane ormai scomparse come Ermitage o D-Cult. Qualcosa, comunque, emerge in maniera prepotente e preziosa, come sempre con l’import a farla da padrone, attraverso cinque proposte che partono dal muto e si spingono fino agli anni immediatamente successivi. Scrittore, giornalista, commediografo e regista, Louis Feuillade resta un nome fondamentale delle origini, soprattutto grazie al suo lavoro sulla serialità applicata al racconto cinematografico. Le sue opere, pensate innanzitutto per risultare accattivanti per il pubblico, erano amate anche dai Surrealisti e riverberano ancora oggi di un fondamentale sapore/sapere iconografico, capace di tracciare un ponte ideale tra il fermento visuale da cui poi le ombre Murnau hanno generosamente attinto, proseguendo lungo la narrativa e i fumetti, fino al sonoro, ispirando autori come George Franju e Olivier Assayas. (In apertura una immagine tratta da Haxan di Benjamin Christensen).

 

Les Vampires di Louis Feuillade

 

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Il cofanetto Louis Feuillade: The Complete Crime Serials (1913-1918) edito dall’inglese Eureka Entertainment raccoglie in un colpo solo (e in 9 Blu-Ray) quattro titoli fondamentali prodotti dalla Gaumont. Fantomas e Les Vampires, in cui emerge il personaggio della conturbante dark lady Irma Vep, sono certamente i più noti, in cui il poliziesco si mescola a elementi onirici e stilisticamente ricercati. Interessante poter annettere anche Judex, che opera una torsione rispetto ai precursori spostando la narrazione noir nei territori del feuilleton, rivaleggiando con i modelli americani. E infine Tih-Minh, forse il meno noto del lotto, che arriva a includere anche lo spionaggio, in una trasversalità dei generi che conferma la modernità dell’autore. Supercriminali, mascheramenti e giochi fra la luce e l’ombra sono gli ingredienti di un ensemble proposto con ottimi restauri 4K e un ricco apparato critico nei vari commenti e essai video. Letteralmente spazzato via dai pre-order (evidentemente Eureka aveva sottovalutato il potenziale della proposta e la tiratura conseguente), il cofanetto rivivrà presto nelle edizioni singole dei quattro serial, già annunciate per il prossimo marzo.

 

 

Sempre a proposito di titoli la cui impronta persiste nel tempo, Haxan di Benjamin Christensen (da noi La stregoneria attraverso i secoli) si riaffaccia sulla scena in una lussuosa edizione Blu-Ray doppio disco dell’inglese Radiance. Una produzione impegnativa per il budget utilizzato, osteggiata dalla critica dell’epoca, forse nemmeno considerata con attenzione dai suoi contemporanei, ma riscoperta con entusiasmo nei decenni successivi, complice un approccio spiazzate fra documentario d’inchiesta sulla stregoneria e fiction che affonda nel delirio di ispirazione pittorica fiamminga e lisergica – con ovvio riferimento alla visionaria sequenza del sabba. Per un po’ di tempo la versione integrale non era proprio di prima mano, ora è possibile rivisitarla nel restauro 2K di Svensk Filmindustri, con vari materiali a corredo, che vanno dallo screen test dei costumi riscoperti di recente, alle versioni alternative francesi e inglesi, agli outtakes e alla presentazione del regista. L’edizione, pure andata subito fuori catalogo, è ancora reperibile, in attesa dell’eventuale ristampa.

 

 

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L’Italia non resta fortunatamente a guardare grazie alla raccolta Keaton – L’integrale, che nei due volumi finora usciti raccoglie 20 film (fra lunghi e corti) realizzati dal grande Buster fra il 1920 e il 1928. Corpo comico per eccellenza nella fissità della sua “maschera”, ma soprattutto eccezionale organizzatore di un set che si fa prolungamento materiale della fisicità (propria e altrui), attraversato e reinventato come luogo di azione e distruzione, Keaton è un altro di quegli esempi che ancora oggi hanno molto da dire rispetto alla costruzione del racconto visivo. Fondamentale dunque riscoprire le sue gag e i suoi stunt – molti dei quali fanno ancora oggi impallidire per l’audacia – in queste uscite, frutto della collaborazione fra la Cineteca di Bologna (editore delle edizioni) e Cohen Film Collection per la ricerca dei materiali e la ricostruzione delle opere in modo il più vicino possibile alle forme originali, anche con nuove sonorizzazioni realizzate ad hoc. Oltre ai vari Come vinsi la guerra o Il cameraman è inclusa pure la riedizione del libro Alla ricerca di Buster Keaton di Kevin Brownlow, il film The Great Buster: A Celebration di Peter Bogdanovich e booklet specifici per ogni cofanetto con le schede dei film.

 

 

Il lussuoso cofanetto import Hitchcock the Beginning si presenta ideale per celebrare gli imminenti 45 anni dalla scomparsa del Maestro inglese e comprende 10 titoli del suo periodo meno saccheggiato dall’home video, quello inglese. Attraverso nuovi restauri e sonorizzazioni, il box Blu-Ray di Studio Canal guida lo spettatore in un periodo che ha definito lo stile dell’autore, e va dal 1927 di Vinci per me! al 1932 di Numero diciassette, passando per il 1929 di Ricatto. Pellicola, quest’ultima, al centro del nuovo documentario Becoming Hitchcock dell’ottimo Laurent Bouzereau dedicato proprio al passaggio del Genio dal muto al sonoro. Per ogni film non mancano anche extra singoli, dalle conversazioni con Truffaut alle introduzioni del regista ai commenti audio di storici e critici. Considerato quanto il periodo americano sia stato tanto celebrato attraverso lussuose edizioni, la proposta appare un indispensabile compendio. Sul set di Champagne, del 1928 e incluso nel box hitchcockiano, lavorava come fotografo di scena un altro futuro grande nome del cinema inglese, Michael Powell.

 

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Concludiamo dunque la carrellata proprio con lui che, negli anni immediatamente successivi al passaggio al sonoro, compiva il salto alla regia dopo una lunga gavetta, realizzando alcuni titoli rimasti oscurati dalle successive collaborazioni con Emeric Pressburger o dalle co-regie dei kolossal fantasy come Il ladro di Bagdad. Ci viene in aiuto il BFI che già da tempo ha dedicato ottime uscite al Powell dimenticato (come la splendida fiaba operistica Bluebeard’s Castle, realizzata per la tv ma di grandissimo impatto cinematografico) e che ora ha reso disponibile il cofanetto Michael Powell: Early Works. All’interno 5 titoli del grande autore inglese realizzati fra il 1931 e il 1936 – l’ultimo dei quali, The Man Behind the Mask, è presentato nella riedizione del 1944, unica versione ormai esistente, rimandiamo all’interessante featurette presente sul canale YouTube del BFI a proposito. I film rientrano fra i “quota quickes”, ovvero le produzioni realizzate per onorare il numero di produzioni minime del cinema britannico secondo il Cinematograph Films Act del 1927 con cui il parlamento inglese cercava di far fronte al declino di produzioni interne e all’aumento del peso specifico hollywoodiano dopo la Grande Guerra. Sebbene lo stesso Powell non serbasse un ricordo particolarmente caloroso di questi progetti “professionali”, di fatto ancora acerbi e nel complesso legati a un sistema di generi (crime, thriller e commedie) affrontati in un’ottica più tradizionale, la possibilità della riscoperta e il recupero coraggioso (degli oltre 20 film realizzati, all’incirca la metà sono ormai perduti) permette di gettare una luce su uno stile in divenire e che avrebbe portato l’autore a esplorare la zona intermedia fra il sogno e la realtà, fra visioni poetiche e crudezza del destino. Un ottimo esempio di quanto l’home video sia sempre foriero di studi e approfondimenti, ai quali contribuiscono i documentari e i commenti audio realizzati per l’occasione, in maniera da contestualizzare il periodo storico e il momento della carriera dell’autore, in prospettiva futura.



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