«Zio Luigi gli prestò 70mila euro per ripartire»

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VIBO VALENTIA «Tempo fa ho sentito dire da Domenico Cupitò detto “Pignuni” e da mio padre, mentre parlavano con Antonio Mancuso figlio di Peppe ‘Mbrogghia, che Giuseppe Albanese detto Pino “U lupu” voleva prendersi le guardianie a Nicotera Marina. Ho assistito a questo discorso verso il 2003/2004, quando era già stata eseguita l’operazione Dinasty. I Raso, all’epoca in cui si faceva riferimento nel corso del racconto, avevano le guardianie dei terreni nella zona di Nicotera». A parlare è il collaboratore di giustizia, Pasquale Megna (cl. ’85), davanti ai pm della Dda di Catanzaro. Verbali ora acquisiti anche nel processo d’appello di Rinascita-Scott.

Tra i tantissimi temi snocciolati da Megna, c’è anche l’omicidio di Giovanni Raso. «“Pignuni” – ha raccontato – diceva che Pino “u lupu”, dopo il suo arresto per l’omicidio di Giovanni Raso, se la voleva cantare e diceva ad Antonio Mancuso: ”meno male che lo hanno subito liberato perché, se no, se la cantava e sicuramente rovinava tuo padre”, riferendosi a Peppe ‘Mbrogghia». E, ricorda ancora il pentito, «mentre “Pinguni” pronunciava queste parole, mio padre faceva cenno di sì con la testa e annuiva in quanto a sua volta era a conoscenza di questi avvenimenti». Nel racconto di Pasquale Megna ai pm, “Pignuni” avrebbe affermato, per quanto di sua conoscenza, che Pino “u lupu” avrebbe accompagnato Giovanni Raso sul luogo dove poi ero stato assassinato e «che la stessa madre di Giovanni Raso lo aveva accusato perché Pino “u lupu” era stato l’ultima persona con cui il figlio era uscito di casa». Inoltre, «sentivo dire da loro che, dopo la morte di Giovanni Raso, era stato lo stesso Pino “u lupu” a prendersi le guardianie sui terreni di Nicotera che prima erano gestite dai Raso». «Non so dire chi poi abbia materialmente ucciso Giovanni Raso» ha ribadito ancora il pentito ma «certamente ho sentito dire a “Pignuni” che Pinu “u lupu” lo aveva accompagnato sul luogo dell’omicidio e che meno male che era stato scarcerato subito, altrimenti se la cantava e avrebbe rovinato suo padre». «Poco dopo la morte di Giovanni Raso anche un suo zio, di cui non so dire il nome, ma so che è detto “il Vampiro” venne ucciso a Rosarno». «So che l’omicidio è risalente a prima della mia nascita e so anche che il corpo di Giovanni Raso venne ritrovato in un pozzetto in un terreno di campagna. Non so dire se ci sia stato un processo, so solo che Pino “u lupu”, dopo il suo arresto, venne subito scarcerato».

Le domande degli inquirenti al pentito Megna si concentrano, in particolare, sulla figura di Giuseppe Albanese, Pino “u lupu”. «Da quando ha fatto rientro a Nicotera Marina – ha raccontato – so che sta con lo zio Luigi. Prima lo avevano mandato via e si era trasferito a Milano, ricordo che il fatto risale a poco dopo che Luni “Scarpuni” si era fidanzato con mia zia Tita Buccafusca, ma non so dire per quale motivo fu cacciato da Nicotera Marina ma so solo che lo aveva cacciato mio zio “Scarpuni”». E ancora: «Da quando Albanese è tornato a Nicotera stava con zio Luigi lo so perché il mio compare Leo Lentini doveva recuperare dei soldi che erano di zio Luigi. Leo mi disse che Albanese aveva ricevuto 70mila euro da zio Luigi al momento del suo ritorno in Calabria per ripartire, per “riavviarsi”. E quindi doveva restituirgli questi soldi. Pertanto, Albanese per recuperare questi soldi aveva messo in vendita un terreno di sua proprietà». A proposito del terreno, il pentito ha chiarito: «So che prima dell’omicidio da me commesso che il terreno era stato venduto in due porzioni: un primo pezzo era stato acquistato da una commessa che lavora alla mia pescheria e poi l’altro pezzo, più grande con sopra una casetta, Albanese l’ha venduto ai figli di Domenico DI Capua, Giuseppe e Lisa, ma non so a chi dei due lo abbia venduto e chi se lo sia intestato».

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Sempre a proposito di Albanese, Pasquale Megna ha raccontato ai pm altri episodi che lo riguarderebbero. «Ci fu una lite in un bar di Nicotera Marina, in cui due rumeni che lavoravano per Giovanni Rizzo “Mezzodente”, avevano tirato fuori dei coltelli e avevano aggredito i fratelli Carlo Di Capua e Salvatore Di Capua, perché tempo addietro questi due fratelli avevano avuto una lite o comunque c’erano state delle parole accese con Pino “u lupu”, poi ho saputo da Giovanni “Mezzodente” che questi due rumeni li aveva mandati lui». Comunque, per come mi ha raccontato anche Salvatore Zungri, questi due rumeni avrebbero ucciso Salvatore Di Capua perché ce lo avevano sotto e lo stesso Salvatore Zungri era riuscito a togliergli il coltello dalle mani, mentre uno dei due rumeni che lo aveva sotto e lo teneva per i capelli gli stava per tagliare il collo». «Fu “Mezzodente” a dirmi che li aveva mandati lui. Questi due fratelli Di Capua si ubriacavano e creavano sempre casini: per via di uno di loro due, Carletto, ho avuto il problema che mi ha portato a commettere l’omicidio di Giuseppe Muzzupappa». (g.curcio@corrierecal.it)

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