Stefano Biscioni morto, anestesista romano a processo per omicidio colposo. «Non applicò il sondino prima dell’intervento»

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Non aveva applicato al paziente il sondino nasogastrico prima dell’intervento. Per questo motivo il paziente, Stefano Biscioni, 57 anni, operato a causa di un’occlusione intestinale, ebbe una polmonite ab ingestis che lo portò alla morte. Le indagini, condotte dal pm Eleonora Fini, si sono chiuse con il rinvio a giudizio di Giovanni Liberatori, anestesista romano che ora dovrà affrontare un processo per omicidio colposo. Nel procedimento si sono costituite parti civili la sorella del defunto e la moglie, in rappresentanza del figlio minorenne.

LA CAUSA

Il 57enne aveva avuto un’occlusione intestinale che necessitava di un intervento chirurgico. Il 20 maggio del 2023 era stato ricoverato in una nota clinica romana in zona Nomentana. Quindi l’intervento e il decesso, avvenuto dopo due giorni, alle prime luci dell’alba del 22 maggio. Sul corpo dell’uomo è stata disposta l’autopsia, i suoi familiari volevano risposte. Diversi i quesiti posti dal pm ai consulenti tecnici che hanno svolto l’esame autoptico – la dottoressa Tatiana Mangiulli, il professore Alberto D’Amato e il dottore Gianfranco Fusco. Nessun dubbio sulle cause della morte: «una insufficienza respiratoria acuta da polmonite ab ingestis post intervento», determinata da «inalazione del liquido gastrico refluito principalmente per la mancata applicazione del sondino nasogastrico che avrebbe dovuto essere posizionato prima dell’intervento chirurgico». Un passaggio, secondo le carte della Procura, che non sarebbe stato effettuato dall’anestesista Liberatori.

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LE PROCEDURE

Secondo le procedure infatti, il medico avrebbe dovuto eseguire prima dell’intervento lo «svuotamento dello stomaco» con il sondino nasogastrico. Ma non sarebbe stata questa l’unica omissione dell’imputato. Liberatori infatti non avrebbe neanche precisato nel dettaglio «la procedura di intubazione a sequenza rapida, che fu descritta senza particolari» come il tipo e la dose di «miorilassante somministrato». E non avrebbe neanche «indicato i provvedimenti adottati per proteggere al meglio le vie aeree del paziente dalla penetrazione del materiale rigurgitato in faringe». Inoltre i valori di saturazione di ossigeno registrati nella cartella di anestesia hanno confermato che Liberatori non ha «adottato nessun provvedimento per rimuovere quanto più possibile dalle vie aeree il materiale» che ha poi causato la polmonite ab ingestis. Una volta arrivato l’esito dell’autopsia, il pm Eleonora Fini ha chiesto per l’imputato il rinvio a giudizio «per aver, in qualità di anestesista, nell’esercizio della professione, cagionato la morte di Stefano Biscioni, per colpa consistita in imperizia, imprudenza e negligenza». Una richiesta che è stata accolta dal giudice pochi giorni fa in udienza preliminare nel tribunale di Roma. Quindi Giovanni Liberatori, difeso dall’avvocato penalista Marco Flecchia, dovrà affrontare il processo.

L’AUTOPSIA

Per la stessa ipotesi di reato sono indagati i medici Marco e Marco Antonio Procopio, per il decesso di Margaret Spada, la 23enne di Lentini, morta lo scorso 7 novembre dopo tre giorni di agonia in ospedale in seguito a una rinoplastica effettuata nello studio dei due chirurghi, nel quale mancavano le autorizzazioni per effettuare interventi. Anche la giovane ha avuto una polmonite ab ingestis, causata però dal cibo che aveva mangiato poco prima dell’operazione; la segretaria dello studio le avrebbe infatti detto per messaggio che doveva mangiare qualcosa prima di sottoporsi alla rinoplastica. Titolare delle indagini, anche in questo caso, la pm Eleonora Fini, ancora in attesa dei risultati dell’autopsia svolta da un pool di esperti pochi giorni dopo la morte della giovane. Tanti gli aspetti da chiarire, dalla possibile malformazione congenita al cuore, alle dosi e composizione dell’anestesia somministrata, al tempo intercorso dal malore alla chiamata al 118, che sembra essere stata effettuata dopo diversi minuti. I medici, data la complessità del caso, hanno chiesto un’ulteriore proroga di 30 giorni rispetto al termine previsto per la consegna della documentazione in questi giorni.

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