La prima moglie dell’eroe di Italia ‘90 vive a Verona da quattro anni: «Il lavoro mi ha salvata dai momenti bui, avevo perso anche la casa»
«Il nostro è stato un amore folle. È proseguito come la Guerra dei Roses: una tragedia, finché i protagonisti non si rendono conto di quanto si vogliono ancora bene». È un fiume in piena Rita Bonaccorso, prima moglie di Salvatore Schillaci, per tutti Totò, mancato il 18 settembre scorso a 59 anni per un tumore. Ma nemmeno la morte è riuscita ad allontanarlo dal suo cuore e dal cuore degli italiani che hanno sognato con lui, in quelle notti magiche della nazionale italiana ai mondiali di Italia ‘90. Accanto al bomber, c’era Rita quando divenne capocannoniere e vinse la Scarpa d’Oro. Quando l’Italia si fermò alle semifinali perdendo ai rigori contro l’Argentina di Maradona. «Sembra passata una vita – sospira -, adesso ne sto vivendo un’altra ancora». Trasferita a Verona quattro anni fa, ha scelto di vivere lontano dai riflettori, in una città che «mi ha accolta bene e mi ha permesso di ripartire da zero».
Come mai ha scelto proprio Verona?
«Avevo voglia di allontanarmi da tutto, dopo una vicenda giudiziaria che mi ha fatto soffrire molto: la nostra casa di Palermo è finita all’asta, sebbene io abbia lottato con tutta me stessa per denunciare quest’ingiustizia. Mia figlia Jessica si è trasferita a Verona dodici anni fa: abita a Vallese di Oppeano, fa l’infermiera ed è istruttrice bls-d («basic life support- early defibrillation», supporto di base delle funzioni vitali e defibrillazione precoce, ndr). Per qualche tempo ho fatto avanti e indietro, tra Palermo e Verona, poi mi sono trasferita in provincia di Milano, dove ho ripreso a fare la parrucchiera, ma un’allergia alle tinte mi ha indotto a ripensare alla mia vita».
Aveva pronto un piano B?
«La vita è piena di piani B, ma pure C e D. Prima Barbara d’Urso e poi Alfonso Signorini mi hanno chiesto di partecipare al “Grande Fratello”, ma ho rifiutato. Un anno mi hanno chiamato anche per “Uomini e donne” ma non m’interessava. Ho preferito ricominciare a studiare, facendo un corso da operatore sociosanitario, che è adesso la mia professione: al contempo, mi sono trasferita a Verona, vicino a mia figlia Jessica. Sono qui dal 2021, ho lavorato prima in una cooperativa di servizi assistenziali a Isola Rizza e ora ad Albaredo d’Adige. Il lavoro mi ha letteralmente salvata, perché mi ha fatto dimenticare i momenti bui della mia vita. Fino al funerale di Totò, nessuno sapeva che io fossi la sua ex moglie…».
Come non lo sapeva nessuno?
«Non volevo essere trattata in modo diverso dagli altri, volevo solo stare tranquilla. Quando Salvo è stato male, ho chiesto dei permessi per andare da lui finché, negli ultimi mesi, per giustificare le mie continue assenze, ho raccontato chi sono. Il direttore mi ha dato tutti i permessi di cui avessi bisogno e ha indetto una riunione per chiedere la massima riservatezza a tutti: non potevo chiedere dei colleghi migliori».
Come sono stati gli ultimi incontri con Totò?
«A maggio sono scesa a Palermo quattro giorni con mia figlia: in quell’occasione mi ha chiesto scusa per gli errori commessi nel passato, per i tradimenti di cui ha scritto nel suo libro, per le bugie, le assenze e per altro ancora. Ma io l’avevo già perdonato, perché è il padre dei miei figli, che sono l’eredità più bella che potesse lasciarmi. Sarei dovuta scendere di nuovo a Palermo a fine settembre, ma Mattia (il primogenito, ndr), a inizio mese, ci ha detto che la situazione si era aggravata e sono corsa giù. Sono rimasta un passo indietro perché ho grande rispetto per Barbara, sua moglie, ma Salvo e io siamo cresciuti insieme: l’amore è finito da tempo, ma l’affetto è rimasto. L’ultima volta che ho sentito la sua voce è stato due giorni prima che morisse».
Come vi eravate conosciuti?
«Io avevo 18 anni e lui 19. Ci ha presentati suo fratello Giuseppe, che era fidanzato con una mia amica. Siamo usciti tutti insieme e il giorno dopo mi ha invitata al mare a Mondello. C’è un momento che non dimenticherò mai: io che faccio la doccia in spiaggia per togliere la salsedine e lui che mi fissa e dice “quanto sei bella”».
In campo era un campione. E fuori dal campo com’era?
«Io seguivo le partite un po’ dagli spalti e un po’ da casa, perché a fine giugno di quell’anno è nato Mattia, durante la Coppa del Mondo avevo una pancia enorme. È stato un periodo molto intenso: lui era esaltato dalla fama raggiunta, amava le telecamere, ma quando tornava a casa voleva il relax. Per sfuggire dalla gente andammo in vacanza nell’Isola di Cavallo. Quando Vittorio Emanuele di Savoia seppe che eravamo lì, ci chiese di lasciare il nostro bungalow e di restare a casa sua per tutto il periodo».
Ha rimpianti?
«No. Faccio parte di una congregazione religiosa e credo fermamente nella resurrezione, quindi io so che, presto o tardi, riabbraccerò Totò».
Progetti per il futuro?
«Mattia si è da poco laureato in Odontoiatria in Portogallo ed è appena rientrato in Italia. Dovrebbe trasferirsi a Rimini per lavoro. Potrei andarci anch’io… a Verona sono di nuovo felice, ma mi manca il mare».
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