Le periferie italiane, come Pianura a Napoli, sono spesso territori dimenticati, segnati da degrado, insicurezza e mancanza di opportunità. L’episodio recente di spari nel quartiere è solo l’ennesima manifestazione di una crisi più profonda che affligge molte aree marginali delle nostre città. Questi territori non sono solo scenari di criminalità, ma luoghi dove il tessuto sociale si è logorato per l’assenza di investimenti, servizi e attenzione da parte delle istituzioni. Pianura è solo uno dei tanti quartieri italiani che soffrono di un progressivo abbandono.
Da Nord a Sud, troviamo periferie degradate, dove strade dissestate, edifici fatiscenti e spazi pubblici abbandonati diventano il simbolo di una politica che privilegia i centri urbani più ricchi e visibili, lasciando le zone marginali in uno stato di precarietà. Questo abbandono crea un terreno fertile per la criminalità organizzata, che approfitta della mancanza di controllo e della disperazione dei giovani per imporre le proprie regole. Nel caso specifico di Pianura, la situazione sembra sfuggire di mano: sparatorie frequenti, microcriminalità in aumento e una percezione crescente di insicurezza tra i cittadini. La paura si insinua nella quotidianità degli abitanti, minando il senso di comunità e portando a un progressivo isolamento sociale.
Ma il problema non è solo la criminalità: il degrado urbano e l’assenza di servizi essenziali rendono la vita difficile per tutti, dai più giovani agli anziani. Uno degli aspetti più drammatici di questa situazione è l’assenza di prospettive per i giovani. Senza spazi di aggregazione, opportunità lavorative o programmi di inclusione sociale, molti ragazzi finiscono per scegliere la via più facile: quella della criminalità. Non perché sia una scelta consapevole, ma perché spesso è l’unica alternativa visibile. Senza politiche educative mirate, senza investimenti in scuole, sport e cultura, diventa impossibile sottrarre le nuove generazioni all’influenza della malavita.
Dall’altra parte, ci sono gli anziani, che si ritrovano prigionieri di quartieri privi di servizi. Senza spazi verdi curati, senza trasporti pubblici efficienti, senza centri di socializzazione, la loro quotidianità si riduce a un isolamento forzato. Una società che dimentica i suoi anziani è una società che ha smarrito il senso di comunità e solidarietà. Quello che accade a Pianura è lo stesso che si verifica in molte altre periferie italiane: da Scampia a Tor Bella Monaca a Roma, fino a Quarto Oggiaro a Milano e allo Zen di Palermo. Questi quartieri, pur con storie e dinamiche diverse, condividono gli stessi problemi: criminalità diffusa, mancanza di servizi, scuole fatiscenti, trasporti inefficienti e una politica che sembra ricordarsi della loro esistenza solo in campagna elettorale.
La sicurezza non può essere garantita solo aumentando la presenza delle forze dell’ordine. Certo, una maggiore sorveglianza è necessaria, ma non può essere l’unica soluzione. Serve un piano di riqualificazione serio, che parta dal miglioramento delle infrastrutture e dall’offerta di servizi essenziali. Bisogna creare alternative concrete per i giovani, sostenere le famiglie in difficoltà, investire in cultura e sport per ricostruire un tessuto sociale sano. I cittadini di Pianura e delle altre periferie non chiedono miracoli, ma interventi concreti e tempestivi. Chiedono di poter vivere in quartieri sicuri, con strade asfaltate, scuole funzionali, trasporti efficienti e opportunità per i giovani. Chiedono che lo Stato torni a essere presente, non solo con le forze dell’ordine, ma con politiche di sviluppo e inclusione.
La dignità di un quartiere non si misura solo dalla sua posizione geografica, ma dalla qualità della vita che offre ai suoi abitanti. E oggi, in troppe periferie italiane, quella dignità è messa a dura prova. È tempo che la politica si assuma la responsabilità di riportare speranza e opportunità in queste zone, perché nessun cittadino dovrebbe sentirsi abbandonato. Pianura, come molte altre periferie, sta lanciando un grido disperato: “Fate presto!” Non si tratta solo di una richiesta di aiuto, ma di un appello alla giustizia sociale. Le istituzioni ascolteranno quest grido o continueranno a voltarsi dall’altra parte?
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