Con la ris n. 12, pubblicata ieri, l’Agenzia delle Entrate recepisce il più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità in relazione alle modalità di applicazione dell’imposta di donazione alle compensazioni realizzate con il patto di famiglia.
Il patto di famiglia è il contratto con cui, “compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l’imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti” (art. 768-bis c.c.).
Rappresenta un valido strumento contrattuale per definire il passaggio generazionale dell’azienda, consentendo all’imprenditore di scegliere uno o più discendenti a cui trasferire l’azienda o le quote dell’impresa familiare, anche ove il valore di questa superasse la quota “disponibile” di eredità. Infatti, il legislatore ha predisposto un sistema volto a garantire anche i diritti degli altri soggetti titolari di una legittima aspettativa sulla futura successione dell’imprenditore, prevedendo, tra il resto, che (art. 768-quater c.c.):
– al contratto devono partecipare anche il coniuge e tutti coloro che sarebbero legittimari ove in quel momento si aprisse la successione nel patrimonio dell’imprenditore;
– gli assegnatari dell’azienda o delle partecipazioni devono liquidare gli altri partecipanti al contratto, ove questi non vi rinunzino, con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote previste dagli artt. 536 e ss. c.c., o in natura.
In pratica, il patto consente all’imprenditore di predisporre una sorta di successione anticipata nell’impresa, nella quale, con l’accordo di tutti i legittimari, l’azienda viene assegnata a uno e agli altri vengono attribuite “compensazioni” di valore pari alla legittima loro potenzialmente spettante.
Le compensazioni, che possono essere anche previste con un secondo contratto collegato al patto di famiglia originario, per espressa disposizione normativa “sono imputate alle quote di legittima loro spettanti” ed, inoltre, è importante rilevare che quanto “ricevuto dai contraenti non è soggetto a collazione o a riduzione”.
Dal punto di vista dell’imposizione indiretta, il trasferimento dell’azienda o delle partecipazioni al coniuge o discendente gode (in presenza delle condizioni) dell’esenzione prevista dall’art. 3 comma 4-ter del DLgs. 346/90, di recente riformulato dal DLgs. 139/2024 (si veda il sesto Volume della Collana “Riforma fiscale”, cap. VI).
Assunto che, come illustrato dall’Agenzia delle Entrate nelle circ. nn. 3/2008 (§ 8.3.2) e 18/2013 (§ 5.3.2) l’esenzione di cui all’art. 3 comma 4-ter non riguardi le compensazioni, ma solo il trasferimento dell’azienda (o delle partecipazioni), restava il dubbio sul trattamento delle compensazioni.
Esse, in base al disposto dell’art. 768-quater c.c. sono elargite dall’assegnatario prescelto per continuare l’impresa di famiglia (anche se la dottrina maggioritaria ammette che possano essere operate anche dal disponente). Per questo, in un primo momento, la Corte di Cassazione (Cass. n. 32823/2018) aveva ipotizzato che potessero essere tassate con le aliquote e franchigie calcolate sulla base del rapporto intercorrente tra assegnatario e legittimario.
Ma questa impostazione è stata ben presto superata (cfr. Cass. n. 29506/2020), riflettendo sul fatto che le compensazioni non realizzano una liberalità che l’assegnatario opera verso il legittimario. Egli è tenuto, per legge, a effettuarle ed esse, in concreto, vanno a ridurre il vantaggio da questi ottenuto con l’assegnazione dell’azienda, riequilibrando le quote di legittima. Per questo, la successiva giurisprudenza (Cass n. 19561/2022; Cass. n. 19627/2024) si è andata consolidando sulla diversa tesi per cui le assegnazioni (a prescindere dal materiale esecutore) vanno tassate come trasferimento operato dal disponente a favore del beneficiario. Esse configurano, per l’assegnatario, un onere, che va inquadrato nell’art. 58 del DLgs. 346/90, a norma del quale “Gli oneri da cui è gravata la donazione, che hanno per oggetto prestazioni a soggetti terzi determinati individualmente, si considerano donazioni a favore dei beneficiari”.
A questo ultimo orientamento si allinea, ora, l’Agenzia delle Entrate con la ris. n. 12/2025, affermando che nell’applicare l’imposta di donazione “alle «attribuzioni compensative» disposte dall’assegnatario dell’azienda o delle partecipazioni societarie in favore del legittimario non assegnatario, l’aliquota e la franchigia sono determinate tenendo conto del rapporto di parentela o di coniugio intercorrente tra disponente e legittimario non assegnatario”. Di conseguenza, si invitano gli Uffici a riesaminare i procedimenti pendenti.
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