Introduzione alla Legge n. 203/2024
Sul “Collegato Lavoro” (legge n. 203/2024) si possono fare diversi commenti anche perché le materie affrontate sono molteplici ed alcune di queste presentano diverse criticità che vanno esaminate sotto diversi punti di vista: tra di esse, una particolare caratteristica riveste la stagionalità per la quale, attraverso l’art. 11 è intervenuta, per i contratti a tempo determinato, una interpretazione autentica. Anche, però, per i rapporti in somministrazione a termine l’utilizzazione può, oggi, avvenire con maggiore fluidità, attese le novità introdotte con l’art. 10 con il quale sono stati modificati diversi punti dell’art. 31 del D.L. vo n. 81/2015.
Ma, andiamo con ordine.
Con l’art. 11, si fornisce una interpretazione autentica dell’art. 21, comma 2, secondo periodo del D.L.vo n. 81/2015 affermando che rientrano “nelle attività stagionali, oltre a quelle indicate dal Decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525, le attività organizzate per fare fronte ad intensificazioni dell’attività lavorativa in determinati periodi dell’anno, nonché ad esigenze tecnico-produttive o collegate a cicli stagionali dei settori produttivi o dei mercati serviti dall’impresa, secondo quanto previsto dai contratti collettivi di lavoro, ivi compresi quelli già sottoscritti alla data di entrata in vigore della presente legge, stipulati dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative nella categoria, ai sensi dell’art. 51 del D.L.vo n. 81 del 2015”.
Come si può ben vedere l’interpretazione autentica alla quale, anche per i giudizi tuttora pendenti, ci si dovrà attenere, copre ampi settori in quanto si parla anche di accordi collettivi finanche di stagionalità relative ai mercati serviti dall’impresa: l’interpretazione autentica “salva” anche i contratti collettivi siglati prima del 12 gennaio 2015, data di entrata in vigore della norma, dai rappresentanti, anche aziendali, delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, secondo la dizione fornita dall’art. 51 del D.L.vo n. 81/2015.
Estensione della stagionalità ai contratti collettivi e attività mercato – specifiche
Con tale intervento il Legislatore ha inteso bloccare, su futuri giudizi, gli effetti della sentenza della Corte di Cassazione n. 9243 del 4 aprile 2023 la quale, intervenendo su una decisione adottata dalla Corte di Appello di Venezia aveva affermato che:
- “Seppur nel mutato quadro normativo della disciplina dei contratti a tempo determinato, resta valida l’affermazione che nel concetto di attività stagionale in senso stretto, rientrano le attività preordinate ed organizzate per un espletamento temporaneo (limitato ad una stagione) e non anche situazioni aziendali collegate ad esigenze d’intensificazione dell’attività lavorativa determinate da maggiori richieste di mercato o da altre ragioni di natura economico-produttiva”;
- “Le fluttuazioni di mercato e gli incrementi di domanda del mercato e gli incrementi di domanda che si presentino ricorrenti in determinati periodi dell’anno rientrano nella nozione diversa delle c.d. punte di stagionalità che vedono un incremento della normale attività lavorativa connessa a maggiori flussi”.
Corte di cassazione e la definizione di attività stagionale: Il caso dei contratti “normali”
Sulla base di questi principi la Corte aveva ritenuto che la contrattazione collettiva, potesse definire ulteriori attività stagionali, elencando, puntualmente, le attività che si caratterizzano per la stagionalità (non è sufficiente parlare di picchi di attività), in mancanza delle quali gli eventuali contratti a tempo determinato sottoscritti dal datore di lavoro rientravano tra quelli “normali”, con la conseguenza che il superamento dei 24 mesi (o termine diverso previsto dalla contrattazione collettiva) comportava la trasformazione dei rapporti a tempo indeterminato.
Ma cosa aveva portato i giudici di Piazza Cavour a convertire i rapporti a tempo indeterminato?
I contratti stagionali erano stati definiti come “normali” e la loro sommatoria, aveva superato il termine massimo, allora fissato in 36 mesi. infatti, non era stata riconosciuta la validità dell’accordo aziendale di una compagnia aerea che, pur prevedendo sulla base della previsione del D.L. vo n. 368/2001 e, poi del D.L.vo n. 81/2015, l’intensificazione delle attività in alcuni periodi dell’anno, non aveva individuato e tipizzato le attività che dovevano essere ritenute come stagionali in quanto preordinate ed organizzate per l’espletamento limitato ad una stagione.
Vantaggi per i datori di lavoro
La scelta del Legislatore è stata “orientata” a salvare l’efficacia di molti contratti ed accordi collettivi ove, spesso, si parla di picchi stagionali, di date correlate ad una maggiore intensificazione dell’attività, di picchi produttivi, senza alcuna declinazione dei profili per i quali si può parlare di attività stagionale incrementale. Ovviamente da tale decisione si avvantaggeranno i datori di lavoro poiché il contratto a termine stagionale presenta notevoli vantaggi rispetto a quello normale (assenza dello stop and go, diritto di precedenza valido soltanto per un ulteriore contratto stagionale, possibilità di superare, in sommatoria, il tetto dei 24 mesi attraverso rapporti che si ripetono nel tempo). Il contratto a termine stagionale, in passato definito di “nicchia”, trova la possibilità per ampliare il proprio raggio di intervento.
E’ bene, tuttavia, notare come l’INPS, con il messaggio n. 483 del 7 febbraio 2025 abbia avuto modo di sottolineare che l’esonero dal pagamento del contributo dell’1,40% e dell’incremento previsto, in occasione di ciascun rinnovo (0,50%) trova applicazione soltanto nelle attività stagionali previste nell’allegato al D.P.R. n. 1565/2023 (tra cui rientrano anche gli accordi collettivi sottoscritti in provincia di Bolzano entro il 2019) e le attività stagionali previste dai contratti collettivi nazionali stipulati entro il 31 dicembre 2011 (sono le due ipotesi previste dall’art. 2, comma 29 della legge n. 92/2012.
Passo, ora, ad esaminare gli effetti della stagionalità nella somministrazione.
L’art. 31 del D.L.vo n. 81/2015, riformato, sul punto, dall’art. 10 della legge n. 203/2024, afferma, tra le altre cose, che non rientrano nella percentuale del 30% ( o quella diversa stabilita dalla contrattazione collettiva, anche aziendale) calcolata sui lavoratori a tempo indeterminato in forza al primo gennaio dell’anno al quale si riferisce la somministrazione, i lavoratori utilizzati per lo svolgimento delle attività stagionali di cui all’art. 21, comma 2 (è quello per il quale è intervenuta l’interpretazione autentica): di qui, come per il contratto a tempo determinato, ampi spazi si aprono per la somministrazione a termine per attività stagionali.
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