La situazione critica dei prezzi dell’energia elettrica in Italia
Attualmente, l’Italia sta affrontando una crisi significativa per quanto riguarda i costi dell’energia elettrica, raggiungendo cifre che stanno allarmando il settore industriale. Un anno fa, il costo dell’energia elettrica si aggirava intorno agli 89 euro per megawattora, mentre oggi ha superato i 170 euro; il 12 febbraio 2019, il prezzo era di soli 54 euro per megawattora. Questi aumenti sono principalmente dovuti ai prezzi elevati del gas naturale in Europa, che hanno raggiunto i massimi degli ultimi due anni a causa di una serie di fattori concomitanti.
Il primo fattore è che questo inverno è stato più freddo della media storica, a differenza degli ultimi inverni che sono stati più miti. In secondo luogo, la produzione di energia rinnovabile tedesca è stata molto bassa a causa del fenomeno del “dunkelflaute”, che ha visto la produzione sia eolica che solare ridursi al minimo. Terzo, c’è una crescente competizione per il gas liquefatto da parte dei paesi asiatici. Infine, la situazione è aggravata dal conflitto ucraino, che ha interrotto il transito del gas russo e ha portato a bassi livelli di stoccaggio a Kiev.
Con la fine dell’inverno e l’allungamento delle giornate, si spera in un miglioramento della situazione, come accaduto nel 2024, quando i prezzi sono stati abbassati per alcuni mesi grazie alla produzione solare. Questo fenomeno dura fino all’inizio dell’uso intensivo dei condizionatori. Le notizie più positive del 2024 provengono dalla Spagna, che a differenza dell’Italia copre un quarto del suo fabbisogno elettrico con l’energia nucleare e ha eccellenti capacità sia nel solare che nell’eolico. Inoltre, la Spagna possiede la più grande capacità di rigassificazione in Europa e acquista gas liquefatto russo in quantità maggiori rispetto al periodo pre-conflitto ucraino, ben più dell’Italia.
Per l’Italia, questo potrebbe rappresentare un breve periodo di sollievo di tre o quattro mesi, ma è insufficiente per risolvere i problemi delle imprese italiane, soprattutto perché la domanda di energia elettrica proviene principalmente dal nord del Paese, dove le energie rinnovabili sono meno efficaci a causa della mancanza di vento e di sole.
Il dibattito attuale si concentra su varie soluzioni. Alcuni sostengono che l’unica risposta sia un massiccio investimento nelle energie rinnovabili, che richiederebbe tra i 150 e i 200 miliardi di euro solo per l’eolico e il solare. Questa stima è considerata notevolmente bassa poiché non include i costi delle batterie, i nuovi elettrodotti necessari e le perdite energetiche durante lo stoccaggio. Questa cifra potrebbe quindi essere moltiplicata diverse volte.
L’instabilità di un sistema basato sulle rinnovabili è evidente nel caso della Germania, dove, quando eolico e solare non producono, l’intero sistema energetico europeo si trova in difficoltà, al punto che gli stati vicini hanno proposto di tagliare i collegamenti per non subire le fluttuazioni del mercato energetico tedesco.
Un’altra soluzione considerata è il nucleare. Questa fonte di energia rappresenta l’unica alternativa per un Paese sviluppato come l’Italia per garantire elettricità a prezzi stabili senza dipendere dal gas e dai suoi produttori. È questa la direzione che stanno prendendo sempre più nazioni e industrie ad alto consumo energetico, come quelle americane dei data center.
Tuttavia, si prospetta un lungo periodo di attesa prima che l’Italia possa beneficiare dell’energia nucleare, probabilmente non prima del 2035. Ciò significa che il sistema industriale italiano potrebbe essere già compromesso entro quel tempo, data la crescente domanda di elettricità e la tendenza verso l’elettrificazione dei consumi, dal riscaldamento ai trasporti, in un contesto di scarsa offerta energetica. Questo scenario si aggrava con l’imminente boom dei data center.
La diversificazione e l’aumento delle fonti di approvvigionamento di gas sono essenziali per sostenere il sistema, dato che l’Italia continuerà a dipendere dal gas per molti anni a venire. La strategia attuale di esclusione, che vede protagonisti “solo rinnovabili”, “solo nucleare” e “solo gas”, continua a creare vittime. Una nuova logica dovrebbe integrare gas e rinnovabili dove geograficamente e finanziariamente vantaggioso, mentre si sviluppa il nucleare.
Questa strategia non risolve tuttavia i problemi immediati né la questione della sopravvivenza del sistema industriale italiano. Per questo, sarebbe necessario audacemente attingere agli extraprofitti, non meritati, accumulati dai bilanci delle principali utility italiane. Impianti completamente ammortizzati, come quelli idroelettrici e eolici, hanno venduto energia a prezzi quadruplicati rispetto a cinque anni fa.
Durante il picco della crisi energetica, nel gennaio 2022, fu il governo Draghi a introdurre un tetto ai prezzi dell’elettricità prodotta da alcune fonti rinnovabili. Ancora oggi, questa potrebbe essere una soluzione per supportare immediatamente l’industria, la cui crisi potrebbe trascinare con sé l’intero paese, incluse le utility.
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Alessandro Conti ha conseguito una laurea in ingegneria finanziaria presso il Politecnico di Torino, con una specializzazione in tecnologie finanziarie. Ha lavorato come consulente per diverse start-up fintech e istituzioni bancarie. La sua specializzazione riguarda la regolamentazione dei servizi di pagamento e l’implementazione di soluzioni conformi alle nuove normative europee, in particolare PSD2. Su ComplianceJournal.it, Alessandro condivide le sue conoscenze sulla digitalizzazione dei servizi finanziari e sui rischi emergenti legati alle innovazioni tecnologiche nel settore bancario.
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