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“Il diritto di voto per una parte di americani, soprattutto per le donne, è in grave pericolo”. Chi ama leggere la stampa estera avrà notato parecchi titoli di articoli come questo, che sanno un po’ di distopia e di Handmaid’s Tale. Il problema è che dagli Stati Uniti, nelle ultime settimane, giungono gli echi di talmente tanti attacchi ai diritti civili che si fa fatica a distinguere cosa sia davvero preoccupante, da un falso allarme in stile Cassandra. La notizia in questione, considerata una via di mezzo fra una metonimia e una conseguenza, ha bisogno di essere spiegata un po’ e argomentata per essere capita meglio. Proviamoci. Intanto, l’origine: tutto parte da un disegno di legge presentato alla Camera degli Stati Uniti dai Repubblicani, il partito di Donald Trump. Secondo questa legge, che si chiamerà Safe Act, agli elettori verrà chiesto di fornire una prova documentata della cittadinanza quando si registrano per votare. Come sappiamo, negli Usa il voto non è un diritto automatico, lì non funziona come in Italia, dove è sufficiente la tessera elettorale e un documento per accedere al seggio. Secondo i firmatari della legge, negli Usa la registrazione viene consentita ingenuamente anche a immigrati privi di cittadinanza, e quindi senza il diritto di voto. Fino a qui, potrebbe sembrare giusto. Ma secondo gli esperti della società americana nasconde delle insidie non trascurabili. Questa legge, tanto per cominciare decreterebbe la fine dei metodi di registrazione al voto più snelli e amati dagli elettori, come l’online, la posta, forse persino presso il DMV, l’ente che corrisponde alla nostra Motorizzazione, se in quei giorni si deve rinnovare la patente. Ma soprattutto, rappresenterà una grave minaccia al diritto di voto per le persone di colore, i giovani elettori, gli emarginati e le donne sposate. Chiariamoci. Non è che fino ad ora, in America, tutti potessero votare indiscriminatamente. Il controllo della cittadinanza viene fatto comunque con i metodi di registrazione elencati sopra, esibendo anche delle prove telematiche come i certificati online. La nuova legge richiede invece agli elettori di fornire la prova della cittadinanza di persona, ad esempio esibendo un certificato di nascita. Il problema è che, spiegato in estrema sintesi, nonostante l’America ami considerarsi un “grande Paese”, resta nella realtà una federazione di Stati, ognuno con una burocrazia a sé. Per cui, chi vive in uno Stato diverso da quello dove è nato non ha modo di procurarsi facilmente un certificato.
Gli americani che si troverebbero in difficoltà a votare per questo motivo surreale sono circa 21,3 milioni, un numero impressionante, e di questi, a scontrarsi col problema sarebbero soprattutto chi ha minori possibilità economiche, le persone che non potersi premettere a cuor leggero un soggiorno nello Stato di origine solo per farsi rilasciare un certificato. Piuttosto decidono di non votare. Si tornerebbe praticamente all’800 quando, un po dappertutto nel mondo, il voto era un diritto riconosciuto solo a chi superava un certo redito. Ma tutto questo avrebbe un impatto supplementare soprattutto sulle donne sposate. Il 79% delle donne sposate eterosessuali, negli Usa, adotta il cognome del coniuge, che non corrisponde quindi a quello sul certificato di nascita o sul passaporto. Con questa legge una donna sposata che, ad esempio, ha il passaporto scaduto – come circa la metà degli americani -, o non lo ha mai avuto, non sarà in grado di votare alle prossime elezioni. Apparentemente, questo pasticcio sembra non riguardarci, pensiamo “succede lontano da noi”, “in fondo votare non è necessario” (sì, lo è), “da noi non accadrà mai”, e via dicendo con una scrollata di spalle. Ma sbagliamo a pensarlo. A causa del forte legame che abbiamo con gli Stati Uniti da 80 anni, e per l’osmosi che quel legame ha generato, la progressiva erosione dei diritti delle donne negli Stati Uniti d’America non possiamo davvero considerarla “altro da noi”, qualcosa da cui siamo esenti per natura. Senza mai dimenticare la famosa citazione di Hegel “Possiamo essere liberi solo se tutti lo sono”.
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