“In arrivo 180mila posti di lavoro, il 26% di coloro che percepivano reddito di cittadinanza oggi ha un impiego”

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Nuove assunzioni, ma anche inclusione femminile, Jobs Act, nuove competenze, politiche attive del lavoro e Intelligenza Artificiale. La ministra del Lavoro, Marina Elvira Calderone, fa il punto sulle strategie di governo. E ricorda che dal 10 febbraio è attivo il dispositivo per accedere al fondo nuove competenze, finanziato con quasi 800 milioni di euro: «Abbiamo avuto una grande risposta, nettamente superiore al passato».

Nelle ultime settimane l’Istat ha rilevato un leggero aumento della disoccupazione. Un segnale d’allarme? Quali sono le ragioni secondo lei?
«Il 2024 ha fatto segnare il record di sempre degli occupati in Italia, abbattendo il muro dei 24 milioni. Un piccolo scostamento mensile di un paio di decimi ci dice poco, anche se fosse stato positivo, trattandosi peraltro di un mese particolare come dicembre. A ogni modo, se più persone cercano lavoro e al contempo calano gli inattivi, per noi è un dato positivo. Il trend della disoccupazione è in calo dal 2021, come ci ha ricordato la Bce, che ha premiato l’Italia come il miglior paese Ue nella riduzione della disoccupazione negli ultimi tre anni. E se lo dice la Bce… Cito la rilevazione Bce che prende in considerazione i dati 2021-2024 per sottolineare come il record dell’occupazione debba essere un motivo di orgoglio per tutti, non solo per chi è al governo. E la stragrande maggioranza dei nuovi posti di lavoro è a tempo indeterminato. Un dato sempre poco considerato, ma che supera anche certa retorica sul precariato».

Tuttavia il livello di produttività non segue un trend positivo.
«Lo si può spiegare in tanti modi, ma non voglio fare sociologia. Le parlo di numeri: di sicuro noi abbiamo, come media trimestrale, ancora un milione e mezzo di posti di lavoro che le aziende italiane non riescono a coprire, sia a basso che ad alto valore aggiunto. Il nostro sistema produttivo è in una fase di transizione, sia ecologica che digitale, si pensi alla grande sfida dell’Intelligenza Artificiale. Dobbiamo accompagnare e guidare questo processo epocale, con misure che incentivino e premino gli incrementi di produttività, investendo nella contrattazione di secondo livello e in misure di welfare aziendale che migliorino il work-life balance».

A un anno dall’introduzione dell’assegno di inclusione, che bilancio si sente di tracciare?
«Sono soddisfatta. Il 26% di coloro che nel 2023 percepivano il reddito di cittadinanza, nel 2024 ha trovato un lavoro. Oltre uno su quattro di quella platea non ha richiesto il nuovo strumento, ossia l’assegno di inclusione. Qualcosa vorrà pur dire. È una percentuale importante, perché abbiamo sostituito una logica assistenzialista con il lavoro e senza dover fronteggiare alcuna “rivolta sociale”, per richiamare un’espressione infelice, che certamente non mi appartiene. L’assegno di inclusione ha garantito chi è davvero fragile, per esempio includendo anche le donne vittime di violenza e le vittime del caporalato. Questo era il mandato che mi aveva affidato il presidente Meloni e lo stiamo perseguendo con convinzione. I dati ci danno ragione, soprattutto al Sud. Ovviamente c’è ancora tanto da fare, soprattutto sulla formazione e soprattutto al Sud».

Cosa salva e cosa butta del Jobs Act?
«Parliamo di una norma di oltre 10 anni fa, che è stata poi modificata in profondità dalla Corte Costituzionale. Ci sono state poi altre norme intervenute in questi anni, per cui mi sembra che il dibattito sul Jobs Act sia un po’ datato e soprattutto mi pare che sia una discussione tutta interna al centrosinistra. Un dibattito interno alle opposizioni che rispetto».

Come si comporterà ai referendum?
«Sicuramente mi atterrò alle indicazioni del presidente del Consiglio, anche perché mi sembra un referendum tutto politico».

Tra le sue priorità di mandato lei ha indicato le politiche attive del lavoro. Quali sono i risultati ottenuti finora e quali le cose ancora da fare?
«Intanto abbiamo sostituito l’assistenzialismo con un modello che garantisce formazione e un successivo e più efficace incontro con il mondo del lavoro. Poi abbiamo attivato la piattaforma SIISL che è un primo pezzo della nuova strategia per ridurre il mismatch tra offerta e domanda di lavoro, anche attraverso strumenti innovativi che consigliano i percorsi formativi più adatti al curriculum dei lavoratori e al contempo più performanti per trovare un posto di lavoro. La vera sfida è riuscire a coinvolgere nei percorsi formativi i giovani Neet e le donne in particolare, che sono la vera opportunità per far crescere ulteriormente l’occupazione nel nostro paese. E poi c’è la formazione di alta qualità, gli investimenti nelle discipline Stem per rispondere alle sollecitazioni che provengono dallo sviluppo della diffusione delle applicazioni di Intelligenza Artificiale».

Ecco, a proposito di Intelligenza Artificiale, in che modo potrebbe essere funzionale alle politiche attive sul lavoro? E quale sarà l’impatto sulle nuove competenze?
«Sulle nuove competenze dal 10 febbraio è attivo il dispositivo per accedere al fondo che si chiama proprio “nuove competenze”. Quasi 800 milioni di euro disponibili: abbiamo avuto una grande risposta, nettamente superiore al passato. L’Intelligenza Artificiale è un game changer: possiamo decidere di utilizzare l’Intelligenza Artificiale in maniera efficace per migliorare il rapporto con il cittadino e l’erogazione dei servizi. Immagino come priorità quella di incrociare domanda e offerta di lavoro: come dicevo, c’è un milione e mezzo di posti di lavoro non coperti e abbiamo oltre due milioni di Neet. C’è qualcosa che in questi anni non ha funzionato, dalla scuola alla formazione. L’Intelligenza Artificiale deve essere umanocentrica, ma di sicuro offre all’uomo tante opportunità che fino a qualche anno fa nemmeno sognavamo».

Citava le donne: come ministro donna, cosa le piacerebbe aver realizzato su questo fronte entro la fine del suo mandato?
«Intanto mi permetta di ricordare che la Commissione Ue ha recentemente dato il via libera all’esonero contributivo riconosciuto ai datori di lavoro in caso di assunzione, entro il 31 dicembre 2025, di giovani e donne disoccupate. Una misura che al Sud è stata potenziata, perché la percentuale di occupazione delle donne al Sud è molto lontana dalla media Ue. Quindi abbiamo portato a casa un risultato molto importante per il Mezzogiorno e per il paese. Una spesa di 1,1 miliardi di euro, in parte finanziati attraverso FSE+, che secondo le stime nostre e della Commissione europea può portare alla creazione di altri 180.000 posti di lavoro. Un lavoro enorme, mi creda, che ha coinvolto il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, per il quale voglio ringraziare i nostri dirigenti e funzionari».

Sul tema maternità e paternità, quali sono secondo lei le sfide da affrontare?
«So bene cosa vuol dire essere madre (nel mio caso libera professionista) e lavoratrice. La sfida è economica, certamente, e questo governo ha fatto davvero tantissimo, per incentivare e supportare la genitorialità. C’è però una questione culturale. E su questo siamo ancora indietro, sia come messaggio “dominante” sia come idea che abbiamo sulla conciliazione tra tempo di vita e tempo di lavoro. Siamo in ritardo, e la questione demografica si fa già sentire: da un punto di vista previdenziale, penso, ma anche da un punto di vista lavorativo. Pensi che dalle nostre università escono pochi laureati nelle discipline Stem – e poche donne scelgono le discipline Stem – rispetto a quelli che richiedono le nostre imprese. E il problema non è solo l’orientamento, ma proprio il ridotto numero di giovani. E il dato rischia di diventare sempre più allarmante nei prossimi anni».

Molte categorie aspettano il rinnovo del contratto collettivo.
«Il governo è accanto alle parti sociali, per aiutare a migliorare le condizioni di vita dei lavoratori, combattere in tal modo il carovita e rafforzare il capitale umano delle aziende, sostenendo la contrattazione di qualità».

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