Vietato adagiarsi sugli allori: il vino toscano ha dalla sua l’alta qualità – certificata dal fatto che il 95% della superficie vitata è iscritta a un albo e rispetta un disciplinare di produzione (Doc, Docg o Igt) – e la forte vocazione estera (Usa e Germania in testa). Ma ha la necessità di adeguarsi a uno scenario – distributivo e di consumi – che cambia molto più rapidamente del passato, e che potrebbe intaccare primati consolidati. La preoccupazione serpeggia tra i produttori, sia per il mercato interno che per quello internazionale.
I fattori di rischio all’orizzonte
I fattori di rischio vanno dalla segmentazione in tante (troppe?) denominazioni d’origine, al dominio dei vini rossi corposi (mentre sul mercato ‘tirano’ bianchi, rosé e bollicine); dalle dimensioni micro delle aziende vinicole toscane (61mila ettari vitati, più di 12mila aziende) alle politiche distributive in larga parte tradizionali; dai cambiamenti climatici che impattano sulla produzione, ai consumi di vino in contrazione e alle nuove tendenze come l’avvento dei dealcolati, fino al timore dei dazi ipotizzati dal presidente americano Trump e alle guerre in Medio Oriente e in Ucraina che destabilizzano il commercio mondiale. Sono tutti temi emersi o sottintesi alla giornata di apertura della Settimana delle Anteprime dei vini toscani, organizzata a Firenze dalla Regione e dalla Camera di commercio. La Settimana prevede la presentazione alla stampa delle annate pronte ad andare sul mercato a cura dei consorzi di tutela: Nobile di Montepulciano (14-16 febbraio a Montepulciano); Chianti Classico (17-18 febbraio alla Stazione Leopolda di Firenze); Chianti e Morellino (19 febbraio alla Fortezza da Basso di Firenze); vini de ‘L’altra Toscana’ (20 febbraio al Palazzo degli Affari di Firenze); Valdarno di Sopra (21 febbraio al Borro, nel Valdarno aretino).
Export 2024 dei vini toscani in crescita del 10%
Nel 2024 l’export dei vini toscani è cresciuto in valore di circa il 10% (i dati definitivi ancora non ci sono, ma la stima è che superi 1 miliardo di euro) anche se i volumi – almeno quelli dei vini rossi fermi – hanno segnato “solo” +5%. Nel complesso, secondo i dati di Avito (l’associazione vini toscani Dop e Igp), le bottiglie di vini toscani vendute, in Italia e all’estero, nel 2024 sono scese leggermente: -1,5% (pari a 27,5 ettolitri), con le performance migliori messe a segno da Brunello di Montalcino, Bolgheri, Maremma Toscana. Reggono i due “colossi”, Igt Toscana (-1,2%) e Chianti (-0,3%), che da soli rappresentano quasi il 70% dell’offerta totale. Ma il dato confortante è che il vigneto toscano continua a crescere: l’anno scorso la superficie complessiva a vigneto è salita di altri 437 ettari (da 60.993 a 61.430), confermando l’attrazione della viticoltura regionale. Le province di Firenze e Siena sono le ‘regine’ dei vigneti.
Ismea: accrescere l’appeal dei vini rossi corposi
“Ora la sfida per la Toscana dovrà essere quella di accrescere l’appeal dei vini rossi corposi – ha detto Fabio del Bravo di Ismea – oltre a riflettere sulle tante indicazioni geografiche e sul ruolo dei consorzi, che potrebbero essere protagonisti di una nuova politica della qualità”. Dalla vicepresidente della Regione, Stefania Saccardi, è arrivata un’idea per tamponare il calo dei consumi di vino nei ristoranti in seguito all’inasprimento delle sanzioni per chi supera i limiti stabiliti dal codice della strada: “Distribuiremo dei sacchetti col marchio della Regione e l’indicazione dei limiti alcolici da rispettare a tutti i ristoranti che aderiscono al network di Vetrina Toscana – ha detto Saccardi – in modo che possano darli ai clienti per portare a casa le bottiglie ordinate al ristorante ma non vuotate per timore delle sanzioni”.
Promuovere l’enoturismo per aumentare le vendite dirette
Dal presidente di Avito, Francesco Mazzei, è arrivata la sollecitazione alla Regione a mettere risorse non solo sulla ristrutturazione dei vigneti (36mila ettari su 61mila di superficie vitata hanno usufruito della misura) ma anche sull’enoturismo, per sviluppare degustazioni e vendita diretta in cantina. “Probabilmente ci sarà bisogno di consolidare il settore – ha aggiunto Mazzei – stimolando la creazione di aziende più grandi: quello che vediamo al momento è una diversa velocità di reazione sui mercati tra chi è strutturato e chi non lo è”.
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