Il calvario giudiziario di Paolo Del Mese, per la vicenda del crac Amato, assolto dopo 17 anni di gogna. E a velocità di tartaruga vince la Giustizia Giusta.
di Antonio Manzo (cronachesalerno.it ) POLITICAdeMENTE
SALERNO – Si chiude un’altra vicenda, e come tante altre dopo aver sparso tanto odio, dispieceri, cattiverie, ingiustizie e soprattutto dolori e impotenza rispetto a “processi” che di certo non fanno bene alla “Giustizia” e non sono un esempio per le Democrazie, men che meno per la nostra, ora più che mai attaccata da rigurgiti pseudodemocratici supportati da buone dosi di populismo, sovranismo e negazionismo, rigurgiti che inevitabilmente portano l’attuale Governo a ritenere utile una “riforma” della Giustizia ad usum delphini, ritenendo che i “Poteri” siano squilibrati, ma ignorando che una cosa sono i “Poteri” un’altra sono gli “Ordinamenti“, ignorando altresì che se al Parlamento spetta fare le Leggi, all’Ordinamento Giudiziario spetta il compito di farle rispettare. Una certezza che porta, specie chi è allergico alle regole, di ritenere che il Potere legislativo (Parlamento) e quello esecutivo (Governo) sia al di sopra di tutti e per questo “ingiudicabile” se non sottoposti al giudizio del voto e quindi degli elettori, del che il concetto che si è innocenti a maggioranza e quindi esclusi da qualsivoglia azione giudiziaria: Berlusconi docet.
Tuttavia, quando si incappa in casi giudiziari come nel caso di Paolo Del Mese, e non solo, e a Salerno come in Italia sono tantissimi, allora vacillano le certezze e fanno emergere tutte le “distorsioni”, e nello stesso tempo vacilla anche la fiducia nella Magistratura. Non volendo commettere lo stesso errore che fanno i populisti e i sovranisti neo-mascelluti capitanati dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni che attraverso il Ministro Nordio e il Vice Ministro Mantovano, anch’essi Magistrati “prestati” alla politica, ma “ubbidienti” al verbo, va ricordato che quella Magistratura che oggi ha assolto Paolo Del Mese fa parte dello stesso Ordinamento di quella che i neo-mascelluti governanti chiama quando non gli garba una “certa” magistratura. E questo vorrebbe dire che semmai si deve intervenire lo si deve fare sulla durata e le modalità dei processi, evitando quella barbarie che spesso si “suggerisce” a chi è colpito da misure restrittive che magari se si dimettono si allenteranno. Ecco, questa forse è quella Magistratura che non ci piace. Per processare, condannare e incarcerate le persone ci vogliono le prove non teoremi ne talpoco “estorsioni”.
Ecco perché POLITICAdeMENTE non ha, mai e per nessuno, voluto scrivere alcunché, di questi tipi di processi “gogna”, per evitare di spargere fumo e ombre e soprattutto influenzare negativamete l’opinione pubblica come spesso la comunicazione fa, specie sulle fughe di notizie dai Palazzi della Giustizia e soprattutto a commento dei “comunicati stampa della Procura” cosa che si boccia senza appello, facendo passare gli atti della Magistratura inquirente come fossero atti di colpevolezza, oscurando quelli della parte requirente, che al contrario sostiene l’esatto opposto. Lo fa adesso anche per motivi parentali che legano il Direttore di POLITICAdeMENTE a Paolo Del Mese, e lo fa pubblicando l’articolo di Antonio Manzo, amico caro e bravo giornalista, perché tocca tutti gli angoli oscuri di quel processo facendo giustizia ora per allora su una vicenda oscura che, tra l’altro, sembrerebbe nascondere altre motivazioni, ancora oggi in essere che lo stesso Manzo ha evidenziato.
«Era il 2012. – scrive Antonio Manzo su “Cronache di Salerno” – L’anno dell’inchiesta sul fallimento dello storico Pastificio salernitano ed i protagonisti, inquirenti ed investigatori, si celebrarono con cinque ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari. In manette cinque nomi eccellenti di cui tre significativi, proprio come volevano: Paolo Del Mese, già parlamentare, l’ex presidente del Monte Paschi Siena Giuseppe Mussari, l’ex parlamentare e sindaco di Siena Cosimo Ceccuti. Oggi siamo nel 2025. Il processo per il fallimento Amato con Paolo Del Mese, imputato assolto.
Lui, insieme agli altri, perché il fatto non sussiste. Formula più che piena.
Il caso Amato-Del Mese è chiuso, morto, seppellito, incenerito dalle sentenze del tribunale. Diciassette anni dopo finalmente libero, e un’unica interminabile via crucis, con massacro della reputazione, drammi familiari.
Ricordate?
È passata un’era geologica. Ma bisogna ricordare.
Ricordare le paginate di giornali che descrivevano le inchieste su Paolo Del Mese imputato parafulmine come il disvelamento di un mondo di corruttele di fronte al quale la Tangentopoli dei tempi che furono sarebbe impallidita. Ricordate?
Emergenza moralistica. e il fuoco dell’ «io non guardo in faccia a nessuno». E così, per non guardare in faccia a nessuno, invece della normale paginetta solitaria, per giustificare anche solo un atto di perquisizione, questa inchiesta si produceva in chiaro montagne di carte e di intercettazioni. Sono diciassette anni che gli imputati eccellenti li hanno tenuti appesi a un palo come malacarne di periferia.
I magistrati di Salerno accusavano Del Mese e gli altri di aver procurato il fallimento della storica azienda della pasta salernitana. Secondo la ricostruzione fatta dal pubblico ministero, esibita in una conferenza stampa della Procura e avallata poi dal giudice per le indagini preliminari, c’era una “vera e propria casta – è testuale – definendo ed attuando le politiche gestionali” (le parole furono dell’allora procuratore della Repubblica Franco Roberti) “prepotentemente emersa dagli atti di indagine della Guardia di Finanza”.
Lunghi diciassette anni, una alluvione di fango per gli imputati eccellenti che richiamavano più l’attenzione mediatica come senso vero della inchiesta della procura salernitana. Segno – ed era questo il sottinteso verminoso – che l’inchiesta avrebbe dovuto restituire visibilità a magistrati ed inquirenti ora clamorosamente beffata da un’assoluzione. Ora il tribunale ha comunque fatto piazza pulita delle fantasticherie giudiziarie ma sottilmente politiche. Il termine casta fu indicativo, tutte queste fantasticherie trascinate, senza onore e senza gloria, da oltre diciassette anni e minando non solo la presentabilità degli imputati ma rincorrendoli con le forme più spietate di inseguimento giudiziario (il trattamento riservato a Paolo Del Mese prima ai domiciliari e poi in carcere). È stato un processo che non ha avuto i responsabili del crack, perché la città ha perso una azienda che ora viene demolita e perse anche chi avrebbe voluto salvarla. Come quell’industriale del settore alimentare siciliano che dovette rientrare a casa perché gli inquirenti gli fecero capire che se avesse messo di nuovo piede a Salerno avrebbe fatto la stessa fine degli imputati arrestati con l’aggravante spendibile dell’essere siciliano per sostituirlo, magari, con una più pulita antropologia napoletana.
Per quasi vent’anni una parte della magistratura salernitana ha pestato l’acqua nel mortaio nella disperata speranza di trovare quelle complicità e quelle compromissioni che i processi non hanno mai confermato (ci sono accertamenti bancari tra migliaia e migliaia di pagine del processo con le richieste di accertamenti bancari in Italia e all’estero per De Luca padre e De Luca figli).
Molti anni fa alle nozze per una delle figlie dell’imputato politico Paolo Del Mese partecipò Giulio Andreotti tra un giorno a Roma e uno a Palermo accusato di mafia. Venne a Salerno e si sedette al primo banco della Cattedrale per assistere alla funzione del matrimonio celebrato per la figlia di un amico del cuore. Se non fosse stato accolto, con tutti i dovuti onori, dall’allora sindaco di Salerno Vincenzo de Luca, la Guardia di Finanza di Salerno non avrebbe esitato ad arrestare il senatore a vita per concorso in bancarotta fraudolenta con Paolo Del Mese.
Era l’Italia dei mozzaorecchi che è finita, per ora, con l’assoluzione di Paolo Del Mese. Ma è sempre pronta a ripresentarsi.
Salerno, 13 febbraio 2025
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link