Un’ora e mezzo di telefonata per avviare i negoziati di pace tra Russia e Ucraina. È stato Donald Trump a chiamare Vladimir Putin, ieri, riabilitandolo e rompendo un silenzio che durava da tre anni: l’ultimo colloquio di Joe Biden con il presidente russo risaliva infatti a poco prima dell’inizio della guerra.
“Abbiamo concordato di far iniziare immediatamente i negoziati ai nostri rispettivi team e cominceremo chiamando il presidente ucraino Zelensky per informarlo della conversazione” aveva scritto il presidente Usa sul suo social Truth per rendere noti gli argomenti affrontati con Putin. E in effetti poco dopo è arrivata la notizia di una conversazione tra Trump e Zelensky, tenutasi quindi solo in un secondo momento. Il presidente ucraino l’ha comunque definita “significativa” e ha chiarito su X che “nessuno vuole la pace più dell’Ucraina. Insieme agli Stati Uniti, stiamo definendo le nostre prossime mosse per fermare l’aggressione russa”, ha aggiunto.
Qualche ora dopo i colloqui telefonici, Trump ha annunciato che incontrerà l’omologo russo in Arabia Saudita e che prevede un cessate il fuoco in “un futuro non troppo lontano”. Il presidente degli Stati Uniti ha anche detto che non sarebbe “realistico” concedere a Kiev l’adesione alla Nato. Allo stesse modo, sempre nella mattinata di ieri, il segretario alla Difesa americano Pete Hegseth aveva definito “irrealistico” il ritorno dell’Ucraina ai confini del 2014. Fortune Italia ne ha parlato con il professor Andrea Margelletti, fondatore e presidente del CeSI, il Centro Studi Internazionali di Roma.
Presidente, come giudica la telefonata di Trump a Putin?
Ci sono da considerare due dati fondamentali. Il primo: qualunque iniziativa che porti a un’interruzione delle ostilità è sempre positiva. In secondo luogo, continuiamo a non renderci conto dell’importanza fondamentale della geografia. Per essere chiari: è possibile che il problema ucraino veda l’Europa completamente bypassata? Una colpa che non è di Trump, ma degli europei. Il presidente degli Stati Uniti, chiunque esso sia, fa infatti l’esclusivo interesse dell’America.
E invece l’Europa che via ha scelto?
Una via divisiva. Per noi europei è più facile dire che non siamo stati coinvolti piuttosto che ammettere di non esserci messi nelle condizioni di parlare con una voce sola. È molto semplice dare colpe a Trump, più difficile è guardare alle proprie.
Che tipo di accordo sarà?
È prematuro definirlo. La mia sensazione è che l’amministrazione americana sia più interessata a sganciarsi per lasciare all’Europa una questione europea, senza rimanerne coinvolta. Gli Stati Uniti hanno un problema serissimo, e di grande rilevanza strategica: quello con la Cina.
A proposito, ci sarà una partecipazione cinese alla costruzione della pace?
Sono convinto che gli americani cercheranno di tenere fuori la Cina dal processo di pacificazione, perché così potrebbero intestarselo completamente. Se, infatti, l’avversario strategico degli Stati Uniti è Pechino, perché coinvolgerlo?
Sempre ieri gli americani avevano definito “irrealistico” il ritorno dell’Ucraina ai confini del 2014. Come commenta?
È irrealistico nella misura in cui si sceglie di rinunciare a quei territori (Crimea e Donbass, ndr). Se si fosse ragionato sempre così, non avremmo avuto lo sbarco in Normandia e ci saremmo fermati alle conquiste in Europa. Di nuovo, dovremmo valutare quanto gli europei siano disponibili a farsi carico, in maniera autonoma, del peso della sicurezza ucraina.
Anche l’ingresso di Kiev nella Nato è stato definito non realistico dallo stesso Trump. Al momento quindi è da escludere?
Per entrare nella Nato tutti i Paesi dell’Alleanza devono essere d’accordo.
Zelensky è stato scavalcato e informato solo in un secondo momento del colloquio con Putin.
In questo modo non si è bypassato Zelensky, ma l’Ucraina. Negli anni della guerra, per via di un certo tipo di propaganda, la sua figura è stata molto polarizzata. Si tratta in realtà di un presidente liberamente eletto in libera elezioni, che non sta a noi valutare. Sarà il popolo ucraino a decidere se rinnovare o meno il suo mandato. Alla fine della seconda guerra mondiale Churchill venne mandato via, pur essendo stato uno dei più grandi statisti della storia dell’umanità. Quello che è accaduto con Zelensky, l’amministrazione Trump lo fece anche in Afghanistan, quando si accordò con i Talebani escludendo completamente dai negoziati di Doha il governo di Kabul. Quindi non vedo grandi indici di novità in questo atteggiamento.
Cosa pensa che succederà tra poco?
Siamo ancora in una fase totalmente iniziale. E da analista politico posso fare valutazioni solo sulla base di dati certi.
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