Pur ancora vaghi i dettagli, contrari gli Stati islamici e parecchi europei nonché la Cina, l’annuncio da parte di Donald Trump di voler ingaggiare l’America direttamente nel Mediterraneo con posizione di presidio diretto, in qualche modo, di Gaza ha potenzialmente un enorme rilievo geopolitico e geo-economico, in particolare per l’Italia. Vediamo per punti chiave tale potenziale che secondo l’analisi preliminare del mio gruppo di ricerca (Stratematica) suggerisce ad arabi sunniti ed europei un’analisi non retorica e realistica costi/benefici.
Un’analisi dei vantaggi e degli svantaggi di un riposizionamento degli usa nel mondo
Valutiamo prima i possibili costi di un disingaggio e/o definizione di teatro secondario da parte statunitense nel Mediterraneo per la priorità di rischieramento delle risorse militari ed economiche nell’Artico e nel Pacifico per contenere la pressione cinese in quelle aree.
Senza un potere forte capace di azione dirimente nel Mediterraneo costiero e profondo questa area resterebbe uno spazio valutato come conquistabile da Turchia, Russia e, soprattutto, Cina, senza escludere un ritorno dell’Iran e jihadismi vari, considerando la non volontà di ingaggio della Germania (per la sua priorità a Est) e la debolezza della Francia, nonché dell’Ue complessiva, per prendere una posizione di Pax, che vuol dire pace attraverso il monopolio della potenza e non certo pace attraverso convergenze stabilizzanti tra attori ambiziosi per vuoto di vero potere dirimente. E senza una tale Pax, le condizioni di sicurezza che sono requisito per attivare un ciclo di capitale di investimento su tutta la regione non ci sarebbero. Questo in economia si chiama «costo opportunità», cioè una perdita potenziale, ma con effetti reali, per mancanza di requisiti, appunto, basici.
Poi ci sono costi diretti, cioè perdite reali e non solo potenziali. dell’Autorità palestinese che è penetrabile da tutte le varianti jihadiste nonostante i suoi recenti sforzi di mostrare il contrario. Ciò permetterebbe alla Cina di continuare a sabotare l’accordo per un collegamento infrastrutturale tra India e Mediterraneo via penisola arabica (Imec, agosto 2023) e sbocco ad Haifa con linee privilegiate verso Trieste e Genova (ma anche Atene, Istanbul, Marsiglia e Barcellona, ecc.) perché marginalizza Pechino.
I paesi arabi non possono stabilizzare le relazioni con Israele per timore di perdere consenso interno
Come? Tenendo aperte le tensioni tra Israele e palestinesi, le nazioni arabe non possono stabilizzare le relazioni con Israele per timore di una perdita di consenso interno. Per inciso questo è stato il motivo dello stimolo cinese alle milizie del regime iraniano (non tutto) di attivare Hamas per la strage di ebrei il 7 ottobre 2023 confidando su un’inevitabile reazione violentissima da parte di Israele stessa.
Per inciso: piano raffinato che mostra una Cina molto capace di pensiero strategico mentre gli occidentali sono abituati al confronto con la capacità strategica minore (servizi segreti a parte) di Mosca. Un mio ricercatore: nel gioco degli scacchi battiamo i cinesi, ma in quello del «Go» (conquista temporalmente calibrata e indiretta di spazi) vincono loro. Infatti, i miei ricercatori hanno imparato tutti il gioco del «Go» e lo hanno insegnato al sistema di Intelligenza artificiale che ci aiuta nella scenaristica analitica e strategica.
Poi c’è un costo sociale enorme per i palestinesi: questi sono stati costretti per decenni a vivere in condizioni pessime in campi, finanziati dal mondo islamico per restare lì e non disturbare altrove, ma con soldi dati ad Hamas (anche dall’Ue) e altri che ricattavano i poveri palestinesi impedendo loro strategie di vita migliori. Costringerli a stare in uno staterello senza risorse, penetrabile con pochi soldi da attori che vogliono un infinito conflitto con gli ebrei, sarebbe come condannarli all’ergastolo.
Un presidio Usa è la migliore garanzia che l’Iran non tenti la costruzione di un potenziale nucleare
Potrei dare più argomenti, ma qui mi interessa invertire il «costo opportunità» in «opportunità positiva». Agli arabi sunniti: un presidio statunitense nella zona è la migliore garanzia che l’Iran non tenti la costruzione di un potenziale nucleare. Inoltre, sarebbe distrutto preventivamente dagli americani evitando un’offensiva israeliana (mini-nucleare) con maggiori problemi di consenso intra-islamico. Ad Arabia saudita ed Emirati: avete perso la guerra con gli Huthi nello Yemen e siete stati costretti a un compromesso che però impedisce a Riyad di controllare l’imbocco del Mar Rosso. Caro Mohammad bin Salman al Sa’ud, lei pensa che l’enorme investimento per la creazione della megalopoli Neom possa fruttare senza libero traffico nel Mar Rosso? E pensa che l’Egitto sia felice di vedere una riduzione del traffico a Suez? L’ingaggio diretto dell’America nell’area sarebbe una soluzione di questo e altri problemi.
C’è di più, ma non voglio ridurre lo spazio per l’interesse italiano di una presenza attiva americana nel Mediterraneo.
Probabilità: maggiore ingaggio di risorse Nato sul fronte Sud; un segnale forte di calma alla Turchia, utile a Roma per il caso libico e altri; contenimento della presenza russa e cinese in zone critiche dell’Africa che aumenterebbero la penetrazione italiana (reciprocamente vantaggiosa e non coloniale) e del suo export ben bilanciato nell’area;
aumento della sicurezza e quindi del valore finanziario dei tubi che portano gas e idrogeno da Africa e Arabia, rendendo l’Italia hub energetico per l’Europa in attesa della diffusione del mini nucleare che però richiederà una notevole percentuale di energia rinnovabile e di gas combinato con Idrogeno, almeno fino al 2045-50. E poi la realizzazione iper-espansiva del collegamento con l’India.
Altro? Tanto, ma qui il punto è far riflettere su un ingaggio statunitense per una Pax Mediterranea che renderebbe nuovamente il Mediterraneo un centro economico del mondo, utile a tutte le sue coste.
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