Fringe benefit, sfuma l’ipotesi del rinvio

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La delusione, tra imprese, dipendenti e addetti ai lavori, è grande. Al contrario di quanto ipotizzato – e sperato – un paio di settimane fa, non vi sarà alcun rinvio della riforma del fringe benefit, entrata in vigore l’1 gennaio scorso e, quindi, da un mese e mezzo pienamente operativa. Il Senato ha infatti detto no a tutte le proposte di modifica, sia a quelle che avrebbero voluto posporre l’applicazione della novità all’1 luglio, bocciate mercoledì scorso in commissione Affari Costituzionali nell’ambito della discussione del cosiddetto decreto Milleprororghe, sia all’emendamento su cui imprese e contribuenti confidavano di più, quello sulla cosiddetta clausola di salvaguardia, finalizzato a fare salva la vecchia disciplina almeno per le auto targate nel 2025 ma ordinate nel 2024, ritirato sempre in commissione e non ripresentato in aula dopo la richiesta del governo di un voto di fiducia senza ulteriori modifiche.


Busta paga più leggera per la maggior parte dei driver. Dunque – nonostante il provvedimento passi adesso all’esame della Camera dei deputati, che però per motivi di tempo (il decreto dev’essere convertito in legge entro il 25 febbraio) si limiterà a ratificarlo nella formulazione approvata dal Senato – tutto resta com’è, pare per ferma determinazione del ministero dell’Economia, irremovibile rispetto alle pressioni provenienti dal mondo delle imprese. Ciò significa che sia per le nuove assegnazioni sia per quelle sottoscritte nel 2024 ma relative a vetture che sono state o saranno immatricolate nel 2025 si continuerà ad applicare, come ora, la nuova disciplina, basata non più sulle emissioni di anidride carbonica bensì sul tipo di alimentazione. Una disciplina che, rispetto al passato, privilegia le auto elettriche e plug-in e penalizza quelle con motore termico, ossia la maggior parte delle vetture aziendali concesse in uso promiscuo. E che, dunque, facendo aumentare il valore del fringe benefit, determina per la stragrande maggioranza dei dipendenti un aggravio fiscale sul compenso in natura e, di conseguenza, un maggior onere contributivo per le imprese.

Rischio mannaia anche sui vecchi contratti
Non solo. Non è affatto scontato che la possibile contromisura del prolungamento dei contratti attualmente in vigore risulti sempre e automaticamente conveniente. Secondo alcuni esperti, infatti, la vecchia disciplina, completamente cancellata da quella entrata in vigore l’1 gennaio, non dovrebbe più essere applicata alle auto aziendali assegnate e immatricolate fino al 31 dicembre 2024. Ciò in quanto la riforma è intervenuta sul Tuir (Testo unico delle imposte sui redditi) senza prevedere una specifica clausola di salvaguardia del pregresso. “In effetti”, conferma a Quattroruote Stefano Sirocchi, commercialista ed esperto di fiscalità automotive, “a rigor di norma, le assegnazioni effettuate fino al 31 dicembre 2024 non potrebbero più beneficiare nel 2025 della determinazione forfettaria del valore del fringe benefit basata sulle tabelle Aci. Ciò comporterebbe, in molti casi, un significativo aumento degli imponibili fiscali e, di conseguenza, della tassazione per questi soggetti, nonostante si tratti degli stessi veicoli già concessi in uso dall’azienda. Tuttavia”, sottolinea l’esperto, “poiché non v’è ombra di dubbio sulla volontà del legislatore di mantenere invariata la disciplina fiscale per le assegnazioni effettuate prima del 1° gennaio 2025, come si può desumere – indirettamente – dalla relazione tecnica allegata al ddl Bilancio 2025, si auspica una conferma esplicita da parte del legislatore, in tempi rapidi e possibilmente attraverso il primo veicolo normativo disponibile”.



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