Caso Paragon, il governo non risponde

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Nel corso del question time di ieri alla Camera il governo non ha fatto chiarezza in merito alle presunte attività di spionaggio attuate nei confronti di giornalisti e attivisti italiani, anzi: il Ministro Ciriani minaccia vie legali nei confronti di chi sostiene tali tesi. Ma, ammesso che sia così, allora quali “parti” dello Stato li ha spiati e, soprattutto, perché?

L’arma della “non risposta” continua a caratterizzare i vertici del governo italiano. Nella giornata di ieri, il consueto question time presso la Camera dei Deputati si è aperto sulla scottante vicenda della Paragon Solution, società israeliana gestita da un fondo statunitense che fornisce sistemi di spyware a governi e servizi di sicurezza di mezzo mondo, quello delle democrazie occidentali, tra le quali (ora ne siamo certi), figura anche l’Italia. Una vicenda scottante, l’ennesima di questa legislatura, che tuttavia non sembra generare sufficiente imbarazzo tra le fila della maggioranza; una vicenda intorno alla quale non sono state fornite risposte.

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Come è noto, lo scorso 31 gennaio sette persone residenti in Italia sono state avvertite dalla piattaforma Meta che i loro dispositivi erano stati attaccati da un software-spia e che i loro dati e le loro comunicazioni erano a rischio; messaggi facilmente interpretabili come “bufale” – come ce ne sono tante in giro per il web – ma che nel giro di poche ore hanno interessato 90 profili di giornalisti e (soprattutto) attivisti sparsi in almeno 20 Stati. Quando si è scoperto che il sistema in questione non era un software qualunque, bensì un programma costosissimo ed esclusivo, cedibile dalla suddetta società israeliana solo ad apparati di governo (“democratici”) e/o ai rispettivi servizi di sicurezza nazionali, la bolla è irrimediabilmente scoppiata. Soprattutto perché i profili delle persone violate tutto sembrano meno che presi a caso: dal direttore della testata giornalistica Fanpage, Francesco Cancellato, all’attivista di lunga data Luca Casarini, tra i fondatori della ONG Mediterranea… due nomi e due realtà chiaramente invise alla maggioranza, che già di per sé bastano a sollevare seri dubbi circa la “genuinità” delle (ancora) presunte attività di spionaggio poste in essere nei loro confronti.

In prima battuta il governo ha fatto la sua solita e ormai prevedibile mossa: ha negato. Lo ha fatto anche nella giornata di ieri, tramite il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani: «il governo ribadisce che le agenzie di intelligence rispettano nel modo più rigoroso la Costituzione e le leggi, in particolare la Legge 3 agosto 2007, n. 124 (la Riforma dell’intelligence italiana del 2007, ndr), questo rigoroso rispetto vale anzitutto verso i soggetti tutelati da tale legge, in primis i giornalisti (…)».

Il Ministro Ciriani ha dunque confermato non solo l’attuale utilizzo da parte dei servizi di intelligence italiani di Paragon Solution ma anche che nessun esponente del governo ha rescisso il contratto per l’impiego di tale spyware: «i sistemi sono stati e sono pienamente operativi contro chi attenta agli interessi e alla sicurezza della Nazione».

Le sintetiche risposte del Ministro hanno inevitabilmente generato le proteste tra i banchi dell’opposizione, in particolare dei due deputati interroganti, Stefano Graziano (PD) e Francesco Silvestri (M5S), in quanto è venuta a mancare la risposta più importante di tutte: se l’utilizzo di tale spyware può e deve indirizzarsi verso chi attenta agli interessi e alla sicurezza nazionale, “perché” sono state violate le comunicazioni degli attivisti di Mediterranea? Per la maggioranza le attività della ONG sarebbero dunque di natura terroristica? Ebbene, sarebbe un bel “salto di qualità”: una volta le navi di Mediterranea erano solo “taxi del mare”, ora gli attivisti che salvano la vita dei migranti diverrebbero dei pericolosi terroristi…

Aspetto altrettanto inquietante della vicenda è come sia finito nel mirino di Paragon Solution il giornalista e direttore di Fanpage Francesco Cancellato. Come è noto a tutti, le recenti inchieste di Fanpage hanno scosso non poco le basi (politiche e culturali) su cui poggia il principale partito di maggioranza, finendo nel mirino mediatico soprattutto per l’inchiesta undercover sulla “Gioventù Meloniana” pubblicata nel giugno dello scorso anno. Per Cancellato non valgono le tutele di cui ha parlato il succitato Ministro Ciriani? Difficile non pensare il peggio e il primo a farlo, giorni fa, è stato proprio il direttore di Fanpage: «Io non sono né un terrorista, né una grave minaccia per la sicurezza interna (…). Chi ha spiato nel mio telefono non lo ha fatto per sapere dove andavo in vacanza, o con chi, l’ha fatto perché cercava documenti o indizi sulle nostre prossime attività d’inchiesta e questo non si può fare, assolutamente».

Tornando al question time di ieri, la nota più amara riguarda l’atteggiamento ambivalente dei vertici di governo proprio intorno all’inviolabilità della libertà di stampa. Un diritto considerato inviolabile, certo, ma evidentemente non per tutti. Quando due settimane fa il giornalista e conduttore televisivo di vecchia data Bruno Vespa fu criticato per le sue dichiarazioni relative al caso Almasri e sulle inevitabili “mani sporche” dei governi in situazioni simili, dalla maggioranza si levò un secco: «No ad ingerenze della politica sui giornalisti e soprattutto no a qualsiasi bavaglio». Sorge spontanea una domanda, che il succitato onorevole Silvestri ha sollevato ieri alla Camera: «Dal governo in questi giorni non ho sentito una parola a difesa e a sostegno di queste persone. Io sono sicuro che se fosse successo ai vari Porro, Vespa o Sallusti, oggi noi avremmo avuto in quei banchi tutta una pletora di ministri a fare una veglia politica… ma questo non è successo a loro, caso strano, è successo a Cancellato».

La parte del question time dedicata al Caso Paragon si è conclusa con l’ultimo botta e risposta tra Ciriani e Silvestri, con il primo pronto a minacciare azioni legali da parte del governo «verso chiunque in questi giorni lo ha accusato di spiare i giornalisti» aggiungendo che «semmai, li ha portati in salvo» (alludendo alla liberazione della giornalista Cecilia Sala, ndr) mentre il secondo ha evidenziato come le ultime dichiarazioni del vice premier Matteo Salvini sulla vicenda Paragon (bollata come mera “resa dei conti” tra 007 italiani) dimostrino come il governo, qualora sia estraneo ai fatti, non riesca a gestire e controllare i servizi di sicurezza, concludendo ironicamente: «Attenzione, fermatevi, perché dal post-fascismo al neo-piduismo il passo può essere davvero breve».

Se non è stata volontà del governo spiare gli attivisti di Mediterranea e il giornalista Cancellato allora chi lo ha fatto? Quale pericolo costituiscono queste persone e le attività da loro svolte per la sicurezza nazionale? Domande molto semplici, di agevole comprensione, ad oggi ancora eluse da questo governo.

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Come Rivista libera e indipendente, ribadiamo tutta la nostra solidarietà agli attivisti di Mediterranea e al direttore Francesco Cancellato. E aspettiamo delle risposte.






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