“Tavoliere delle Puglie da granaio d’Italia ad oasi di siccità”

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La settimana trascorsa è stata sostanzialmente tranquilla e da oggi la Penisola sarà interessata da una estesa ondata di maltempo con un temporaneo abbassamento delle temperature. Non resta quindi che concentrarsi sulla regione che maggiormente fatica a venir fuori dalla crisi idrica che l’attanaglia da quasi un anno: la Puglia. Nel rovesciamento climatico, dovuto al “global warming”, nascono le ‘oasi della siccità’“: a segnalarlo è l’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche, che indica un evidente esempio “nel Tavoliere delle Puglie, storicamente “granaio d’Italia”, me che oggi sta assumendo sempre più le caratteristiche di un territorio desertico. Gli auspici che piogge ristoratrici rivitalizzassero i corpi idrici superficiali e ricaricassero le falde in questo inizio 2025, dopo le restrizioni patite dalle campagne foggiane nella seconda metà dell’anno scorso a causa dello svuotamento dei bacini, sono stati finora disattesi, poiché le precipitazioni (inferiori ai 60 millimetri) hanno appena scalfito l’enorme disavanzo idrico, accumulato dopo un’annata siccitosissima; mentre le regioni confinanti (Basilicata, Campania e Molise) sembra stiano uscendo faticosamente dalla crisi, grazie ad un inverno generoso di pioggia e neve, la pianura foggiana pare destinata ad essere arsa anche nei mesi a venire, come se i monti Dauni creassero un “muro climatico” con i territori vicini. I numeri sono impietosi anche se confrontati con il resto della Puglia: nel Barese, le cumulate di pioggia da inizio 2025 sono state, rispetto alla Capitanata, mediamente superiori del 190% circa (!!) e persino il Salento, in crisi idrica lo scorso anno, ha finora beneficiato di oltre il doppio della pioggia rispetto al Nord della regione. Con l’incremento di 4.500.000 metri cubi d’acqua, registrato questa settimana, i bacini foggiani (+ mln.mc. 30,57 in 2 mesi) raggiungono mln. mc. 63,65, cioè meno del 20% rispetto ai volumi autorizzati di riempimento (mln. mc. 332); molto preoccupante è il confronto con la risorsa idrica, disponibile un anno fa, quando comunque non fu sufficiente a dissetare le campagne daune nelle calure dell’estate più calda di sempre: allora gli invasi della Capitanata trattenevano 156,3 milioni di metri cubi d’acqua, cioè il 146% in più!

E’ un esempio evidente della necessità di collegare idraulicamente i territori, superando anche ataviche contrapposizioni localistiche, perché la gestione dell’acqua non può fermarsi ai confini amministrativi” chiosa Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI).

Altri territori ancora sofferenti sono quelli della Sardegna Occidentale, riporta ANBI, “dove gli invasi raccolgono circa la metà dell’acqua invasabile, scendendo addirittura al 10% di riempimento nei bacini dell’Alto Cixerri o al 31% nel Basso Sulcis. Quasi 6 milioni di metri cubi d’ acqua sono invece affluiti in 6 giorni negli invasi della Basilicata, portando la disponibilità complessiva a mln. mc. 224,66 , ancora inferiore all’anno scorso (- mln. mc. 36,39), seppur in costante aumento da 2 mesi. Anche per la Sicilia i 68 milioni di metri cubi d’acqua, trattenuti a Gennaio dalle dighe, potrebbero essere considerati un ottimo risultato ed una buona premessa per l’uscita dalla crisi idrica, che ha attanagliato l’isola nel 2024 e dove comunque permangono grandi problemi infrastrutturali: dall’ obsolescenza delle reti alla loro, scarsa manutenzione. Attualmente le riserve idriche stoccate ammontano a mln. mc. 268,81 (circa il 38% del volume totale di riempimento autorizzato), ma quelle realmente utilizzabili sono quantificabili in circa 140 milioni di metri cubi“.

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Nell’Italia centrale, “temperature alte e precipitazioni scarse hanno caratterizzato il clima di Gennaio in Abruzzo. La colonnina di mercurio ha raggiunto valori massimi di quasi 4 gradi superiori alla norma in alcune località (per esempio, Lanciano e Sulmona) mentre le temperature medie più alte (quasi 3 gradi in più) sono state rilevate a Teramo e ad Avezzano (fonte: Regione Abruzzo). Le province, in cui Gennaio è stato più avaro di pioggia sono state L’Aquila (-50% ca.) e Teramo (-35% ca.). Questa settimana si registrano aumenti di portata nei fiumi Sinello e Sangro e la decrescita dell’Alento. Nel Lazio, l’aumento di portata del Tevere (+mc/s 3 ca.) è poca cosa rispetto al grave deficit idrico, che ancora colpisce il fiume di Roma (- 30% rispetto alla media mensile); in calo sono le portate di Aniene e Velino (anch’essi deficitari rispetto ai valori tipici del periodo) mentre l’altezza idrometrica dei due laghi dei Castelli Romani (Albano e Nemi) registra la crescita di 1 millimetro. In Umbria le cumulate medie di pioggia a Gennaio sono state poco superiori ai 40 millimetri. Torna a scendere il livello idrometrico del lago Trasimeno, che in una settimana perde 2 millimetri e torna a sfiorare il metro e mezzo sotto lo zero idrometrico, allontanandosi di nuovo dalla quota (- m.1,20) considerata il livello minimo vitale del bacino lacustre. Sono in calo i flussi nei fiumi Topino e Chiascio, mentre la Paglia registra un aumento di portata. Nelle Marche sono in calo le altezze idrometriche dei fiumi con livelli, che in alcuni casi (Esino, Nera, Tronto, Potenza) risultano tra i più bassi del recente quinquennio. Decrescenti sono anche i livelli dei fiumi in Toscana con la sola eccezione dell’Ombrone, mentre in Liguria discendenti sono i livelli idrometrici dei fiumi Entella, Magra ed Argentina (cresce ancora la Vara)“.

Ricca di acqua rimane l’Italia settentrionale dove, “salvo rare eccezioni, fiumi e laghi appaiono tutti in ottima salute. I grandi bacini lacustri hanno livelli idrometrici superiori alla media: il Verbano è pieno all’88,5%, il Lario al 58,2%, Sebino al 77,1% ed il Benaco addirittura al 95%. L’alveo del fiume Po, dalle sezioni piemontesi del Torinese e fino al delta, registra ovunque flussi superiori alla media (a Pontelagoscuro, +6,5%). In Valle d’Aosta l’indice SWE (Snow Water Equivalent) è leggermente inferiore al consueto ed a quanto registrato nel 2024, esattamente come l’andamento di portata nella Dora Baltea. In Piemonte, portate in calo, ma ancora superiori alla media, per i fiumi Tanaro, Stura di Demonte e Stura di Lanzo, mentre la Toce registra un deficit sia rispetto ai valori tipici del periodo che a quelli registrati lo scorso anno. Sulla regione il mese di gennaio è stato più piovoso del normale (+67%), ma leggermente deficitario in termini di precipitazioni nevose con il record negativo sull’area meridionale (-45%). In Lombardia, nonostante il significativo miglioramento delle scorse settimane, l’indice SWE risulta ancora inferiore del 23% sulla media. Il totale della riserva idrica disponibile nella regione ammonta a 2989 milioni di metri cubi con un deficit di mln. mc. 467 rispetto ai valori medi del periodo, ma superiore del 16% rispetto all’anno scorso (fonte: Arpa Lombardia). Sul Veneto il surplus pluviometrico, registrato a Gennaio, è stato del 27% con punte di + 60% sul bacino dell’Adige e + 57% su quello del Piave; finora l’anno idrologico è stato leggermente più “umido” della media (+4%). In riduzione sono le portate dei fiumi Livenza ed Adige (i flussi però si mantengono superiori alla media: + 38%), mentre crescita si segnalano i flussi in alveo di Brenta e Bacchiglione (fonte ArpaV)“.

Situazioni diverse, infine, “sono quelle che si riscontrano, analizzando l’andamento delle portate dei corsi d’acqua appenninici in Emilia Romagna: se i bacini orientali di Reno e Savio registrano portate inferiori alla media (-87% ca.), quelli dell’Emilia centro-occidentale si confermano generalmente in piena salute, registrando un andamento crescente e flussi in alveo ben superiori a quelli tipici del periodo (Secchia +406,5%, Taro +61,5%, Trebbia +25%)“.

In attesa delle nuove, annunciate precipitazioni, non dobbiamo farci trarre in inganno dalle attuali, favorevoli condizioni idriche del Nord Italia – avverte Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – L’abbondanza d’acqua nei corpi idrici dipende, in parte, anche dalle anomale temperature, che stanno favorendo lo scioglimento delle già scarse riserve nivali in montagna. L’assenza di una diffusa rete di invasi costringerà a rilasciare progressivamente tale ricchezza idrica verso il mare con l’evidente rischio di arrivare in affanno ai mesi più caldi”.



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