Ricarica rapida: perché può essere la svolta per la Formula E – Analisi Tecnica

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Di Carlo Platella
Con due stagioni di ritardo il progetto del Pit Boost finalmente è realtà. A Jeddah debuttano i pit stop di ricarica rapida, a sei anni dalle Gen1 che prevedevano la sosta ai box sempre per motivi di autonomia, ma con la sostituzione della vettura. Non manca lo scetticismo per l’impatto che i pit stop avranno a livello sportivo, ma la ricarica rapida della batteria può avere ricadute importanti sul piano tecnologico e sul futuro a lungo termine della Formula E.  

La sfida tecnologica

L’equipaggiamento per i pit stop di ricarica viene fornito a tutte le squadre da Fortescue Zero, ex Williams Advanced Engineering, già sviluppatore del pacco batterie. Il sistema consente di ricaricare la batteria a 600 kW di potenza, là dove invece le più potenti colonnine commerciali per la ricarica rapida non si spingono oltre i 350 kW. Si tratta di potenze di ricarica che le batterie delle Gen3 già sostengono durante la rigenerazione in frenata, a intervalli però di pochi secondi alla volta. Ben più complesso invece è gestire 600 kW di potenza continuata per i 30 secondi del pit stop. La prima difficoltà è legata al raffreddamento e all’affidabilità, venendosi a generare notevoli quantità di calore a macchina ferma, senza la stessa circolazione di aria attraverso la monoposto che si avrebbe durante la marcia.

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L’altro grande ostacolo risiede nella chimica coinvolta nel processo. Durante la ricarica e la scarica della batteria, in ogni cella gli ioni di litio viaggiano tra il catodo e l’anodo, giunti ai quali devono infilarsi tra i vari strati dell’elettrodo, immaginabili come i denti di un pettine, secondo un meccanismo che prende il nome di intercalazione. Tuttavia ad alte potenze e con tempi di ricarica prolungati, l’intercalazione risulta meno precisa, con gli ioni di litio che si depositano sulla superficie dell’elettrodo, formando una placca metallica che compromette le prestazioni della batteria, inclusa l’autonomia. Lo sviluppo della ricarica ultrarapida pertanto è una ricerca che non riguarda soltanto i caricatori, ma anche la chimica delle celle.

L’impatto

Il Pit Boost era qualcosa di fortemente voluto dai costruttori impegnati in Formula E. La speranza è che i pit stop trasmettano al pubblico il messaggio della possibilità di recuperare decine di chilometri di autonomia in pochi secondi, attenuando l’ansia da ricarica che spesso si accompagna alle auto elettriche. In realtà allo stato attuale il contributo delle soste ai box sarà minimo, fornendo circa 3.85 kWh, equivalenti al 10% dell’energia normalmente concessa a inizio E-Prix.

Non sono stati comunicati i verdetti delle simulazioni, ma il sospetto è che nell’economia di gara l’energia recuperata non giustifichi il tempo perso ai box. Quella del Pit Boost però è una novità da giudicare sulla lunga distanza. Il suo debutto a Jeddah, su una versione accorciata della pista completa, porta a chiedersi se e quando la Formula E potrà gareggiare sugli stessi circuiti che ospitano la Formula 1. Un problema che risiede nel compromesso tra prestazioni e autonomia.

Mitch Evans nell'e-prix di San Paolo
Photo by Alastair Staley/LAT Images

Un progetto a lungo termine

Gli autodromi tradizionali presentano rettilinei più lunghi di quelli a cui la Formula E è abituata, aumentando le velocità medie e i consumi, mentre il numero inferiore di staccate riduce le opportunità per ricaricare la batteria in frenata. Inoltre, affrontare le curve con velocità paragonabili a quelle della Formula 1, o anche solo delle Hypercar del WEC, implicherebbe un rafforzamento delle strutture di protezione, portando a un aumento del peso. Si richiederebbe inoltre un incremento del carico e con esso della resistenza aerodinamica, quindi dei consumi e dell’energia stoccata nella batteria.

Recuperare energia ai box a gara in corso consente di allungare il chilometraggio senza appesantire la monoposto, migliorando il compromesso tra autonomia e prestazioni. L’impatto energetico attuale, limitato al 10%, è minimo, ma quello di Jeddah è solo il primo passo nello sviluppo di una tecnologia ancora acerba. Una Formula E con prestazioni paragonabili alla Formula 1 è uno scenario distante almeno un altro decennio, ma il Pit Boost apre a nuove prospettive, i cui benefici saranno apprezzabili sulle vetture di quarta e soprattutto di quinta generazione.



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