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L’economia britannica chiude il quarto trimestre in timida espansione dello 0,1%, smentendo le attese di una contrazione. Per gli analisti, una boccata d’ossigeno che però non cambia il quadro (grigio)
Il Regno Unito evita di finire sull’orlo di una recessione tecnica. A sorpresa, infatti, l’economia britannica ha chiuso l’ultimo trimestre del 2024 con una timida espansione dello 0,1% sui tre mesi precedenti e dell’1,4% su base annua. Gli analisti si aspettavano una contrazione dello 0,1%, proprio come paventato dalla Bank of England nelle sue ultime previsioni. Merito soprattutto del dato di dicembre, quando il PIL ha segnato un progresso dello 0,4%, dopo il +0,1% di novembre e il -0,1% di ottobre. Un risultato che offre un po’ di respiro alla Cancelliera dello Scacchiere, Rachel Reeves, e alla stessa banca centrale.
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Il 2024 passa così in archivio con una crescita complessiva dello 0,9%, dopo il +0,4% messo a segno nel 2023, ma resta comunque ben lontano dalle aspettative e dalle ambizioni dichiarate del governo laburista di Keir Starmer. Nonostante, infatti, Londra abbia registrato nel quarto trimestre la migliore performance tra le grandi economie europee, con Germania e Francia in contrazione e l’Italia in stagnazione, è rimasta indietro rispetto allo 0,6% degli Stati Uniti. Non solo. L’allungo di dicembre, fa notare l’Office for National Statistics, è stato trainato dal settore dei servizi, dalla spesa pubblica e da un probabile accumulo temporaneo delle scorte aziendali. Mentre gli investimenti delle aziende sono scesi di un consistente 3,2% nel trimestre e la spesa delle famiglie è rimasta invariata.
C’è poco da stare tranquilli, insomma, anche alla luce del difficile contesto internazionale, tra prezzi dell’energia in aumento e una possibile guerra commerciale. La scorsa settimana la BoE ha dimezzato le sue previsioni di crescita per il 2025, portandole allo 0,75%, sebbene altri analisti come il National Institute of Economic and Social Research rimangano più ottimisti e si attendano un’espansione dell’1,5%. Numeri che portano gli analisti a ritenere che l’allentamento monetario avviato da Andrew Bailey e colleghi non si fermerà.
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Cala un po’ la pressione sulle BoE
“Mentre la notizia potrebbe togliere un po’ di pressione alla Banca d’Inghilterra dal realizzare tagli aggressivi dei tassi di interesse nei prossimi mesi, i dati forniranno ai policymaker pochi motivi per festeggiare”, commenta Matthew Ryan, Cfa head of market strategy di Ebury. Che fa notare come la crescita si sia effettivamente stabilizzata nella seconda metà dell’anno scorso, ma con il britannico medio in condizioni peggiori in termini reali, a causa “di un’inflazione ancora elevata, degli alti tassi dei mutui e del più grande onere fiscale mai registrato”.
Ma le prospettive restano grigie
Secondo l’esperto, quindi, le prospettive 2025 per l’economia di sua maestà restano complicate. Se da un lato la crescita dovrebbe essere sostenuta “dalla resiliente spesa dei consumatori, dall’isolamento della Gran Bretagna dalla domanda globale e dalla grande iniezione fiscale del Labour”, dall’altro permangono infatti “chiari rischi al ribasso”. In particolare quelli “derivanti dal raid fiscale sulle imprese e dagli elevati costi di indebitamento del governo, che manterranno elevati i tassi dei mutui e fanno salire il rischio di ulteriori aumenti delle tasse o di nuovi tagli alla spesa in primavera”. Per questo, secondo Ryan, qualsiasi ripresa quest’anno probabilmente si rivelerà “moderata, nella migliore delle ipotesi”.
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L’incognita dazi
Dello stesso parere Richard Flax, chief investment officer di Moneyfarm, secondo cui anche se il risultato del quarto trimestre potrebbe avere suscitato un minimo senso di sollievo, la crescita modesta evidenzia proprio il difficile contesto economico. “Sale inoltre la preoccupazione per il potenziale impatto, diretto e indiretto, dei dazi statunitensi sull’economia nazionale”, aggiunge l’esperto. Sottolineando come l’incertezza delle politiche commerciali globali renda più difficile per le imprese pianificare il futuro e possa indebolire la fiducia, ancora fragile, dei consumatori. “Nel valutare i dati sul PIL, è probabile che policymaker e imprese rimangano concentrati sulla sfida di generare una crescita economica più forte nel contesto di incertezza delineato dai dazi”, conclude quindi Flax.
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