L’intelligenza artificiale (IA) e le tecnologie digitali sono oggi una componente fondamentale della società, offrendo opportunità straordinarie per accedere a nuove forme di conoscenza e a risorse utili per la crescita personale. Tuttavia, l’attuale gestione di queste innovazioni presenta limiti rilevanti, soprattutto in relazione ai minori. L’uso dell’IA è vietato per i ragazzi sotto i 13 anni, mentre per la fascia 13-17 anni è richiesto il consenso dei genitori o dei tutor.
Questa fascia d’età, particolarmente vulnerabile, necessita di una protezione specifica e di un’attenzione consapevole da parte degli adulti, in particolare degli educatori, per garantire che le tecnologie digitali siano strumenti di inclusione e crescita, e non diventino mezzi di esclusione, manipolazione o potenziale danno.
Uno dei preconcetti più dannosi è l’idea che i bambini in quanto «nativi digitali» siano capaci di gestire autonomamente il rapporto con il mondo digitale. Alla semplicità tecnica dell’accesso, ulteriormente agevolata dal fatto di far leva su un sensorio incline alla curiosità, al suono, all’immagine in movimento, non corrispondono infatti, soprattutto per un piccolo, una semplicità e una trasparenza dei processi cognitivi messi in atto. È così che la capacità di utilizzare uno smartphone o navigare in un social network non equivale alla comprensione dei meccanismi sottostanti a queste pratiche. In più, gli algoritmi che governano i social, i motori di ricerca e persino i chatbot sono spesso progettati per massimizzare l’interazione degli utenti, senza alcun riguardo per l’età o la maturità di chi li utilizza.
La carenza di una adeguata educazione digitale espone i bambini a un doppio rischio: da un lato, che si trovino a interagire con tecnologie complesse senza comprenderne appieno i rischi e le implicazioni; dall’altro, che finiscano per adottare comportamenti schematici, diventando consumatori inconsapevoli e talvolta vittime di un sistema che non è stato progettato per garantire un loro sviluppo equilibrato.
Social network e accesso prematuro
Un problema particolarmente delicato è l’accesso precoce dei minori ai social network. Nonostante molte piattaforme fissino un’età minima di 13 anni, nella pratica questo limite è spesso aggirato con la complicità degli adulti. I genitori, ignorando o sottovalutando i rischi, permettono ai bambini di entrare in un mondo digitale che non sempre è adatto a loro. Le conseguenze possono essere gravi: dall’esposizione a contenuti inappropriati alla condivisione inconsapevole di dati personali, fino al rischio di essere vittime di cyberbullismo o manipolazioni psicologiche.
Inoltre, anche nel nostro Paese non mancano studi che evidenziano come l’utilizzo precoce dei social network possa compromettere le capacità di apprendimento e la concentrazione dei bambini, con ripercussioni sul loro sviluppo cognitivo.
Intelligenza artificiale e didattica: opportunità e limiti
L’IA è spesso celebrata come uno strumento che può rivoluzionare l’educazione, rendendola più personalizzata e inclusiva. Tuttavia, l’integrazione di tecnologie basate sull’IA nella didattica presenta anche delle insidie. Da un lato si rischia di presentare come semplice la gestione di concetti e situazioni complesse, e da un altro si tende a indurre passività nello studente.
Ad esempio, lasciar svolgere un compito a un sistema di IA generativa potrebbe sembrare una soluzione rapida ed efficace, ma così facendo non si salvaguarda adeguatamente o addirittura si pregiudica la possibilità, da parte dello studente, di maturare un suo percorso autonomo di pensiero. Né va dimenticato che questi strumenti, se mal indirizzati da parte dell’adulto, possono generare risposte standardizzate e prive di creatività, appiattendo il complesso dell’esperienza educativa.
L’adozione dell’IA nelle scuole deve quindi essere accompagnata da un percorso formativo sia per gli studenti che per i docenti. Giovani e adulti, tutti, sia pure con modalità diverse, devono essere messi nelle condizioni di comprendere come funzionano i meccanismi algoritmici e come i dati degli utenti vengono raccolti e utilizzati all’interno degli ambienti digitali. Così si diventa utenti consapevoli e non si resta passivi e inconsapevoli consumatori.
Il ruolo degli adulti: responsabilità e educazione
Tutti noi, adulti e no, viviamo ormai dentro un universo digitale che, rimbalzando dai tanti strumenti che usiamo, ci avvolge e coinvolge con suoni, immagini, scritture. In quanto adulti abbiamo il dovere di riconoscere quanta carica di suggestione ma anche di curiosità e vitalità sia trasmessa, attraverso l’esperienza attiva di ambienti virtuali di gioco, ai più piccoli. Ma in quanto adulti — genitori, educatori e legislatori — dobbiamo assumerci la responsabilità di proteggere i più giovani dai rischi di un coinvolgimento sottratto a una giustificata e riconosciuta forma di controllo. Occorre, a questo proposito, evitare di cadere nell’equivoco che l’uso frequente delle tecnologie corrisponda a una adeguata comprensione della gran quantità di significati espliciti e impliciti che esse veicolano.
È necessario educare i bambini a riconoscere i pericoli e a utilizzare la tecnologia in modo sicuro e consapevole, proprio come si insegna loro a muoversi nel traffico cittadino. Ma non basta: anche le aziende tecnologiche devono essere chiamate a fare la loro parte, implementando sistemi di controllo più rigorosi per impedire l’accesso dei minori a esperienze non adatte alla loro età.
Verso un futuro digitale a misura di bambino
Un secolo dopo la Dichiarazione sui diritti del fanciullo, ci si presenta una nuova opportunità per mantenere la promessa di offrire ai bambini «il meglio che l’umanità possiede». Perché questo avvenga, è necessario pensare in profondità il tipo di relazione che i minori intrattengono con le tecnologie digitali.
Questo significa investire in educazione digitale, vale a dire identificare contenuti e pratiche che, dentro ambienti digitali protetti, siano capaci di promuovere partecipazione, curiosità, interesse, operatività, e dunque di far crescere la qualità e la quantità dell’esperienza individuale e di gruppo. Ma significa anche essere pronti a porre limiti tecnologici e normativi alle aziende che operano nei mercati digitali, promuovendo una cultura dell’uso consapevole e critico delle tecnologie. È essenziale che l’IA a servizio dell’educazione e le piattaforme digitali che si pongono obiettivi di formazione siano progettate con in mente il benessere dei più giovani e la garanzia di un loro accesso sicuro e adatto alle specifiche necessità.
Solo unendo le forze di famiglie, scuole, istituzioni e imprese sarà possibile creare un futuro digitale in cui i bambini possano crescere protetti e consapevoli, sfruttando appieno le opportunità offerte dalla tecnologia senza esserne sopraffatti. Perché dare ai più piccoli il meglio non è solo una promessa: è una responsabilità che non possiamo più rimandare.
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