I nuovi dati e le implicazioni per la Fed
I prezzi al consumo degli Stati Uniti sono aumentati a gennaio 2025 dello 0,5% rispetto al mese precedente, spingendo l’aumento annuale fino alla soglia psicologicamente impegnativa del 3%. Il presidente Powell l’ha liquidato come un semplice numero, ma in realtà un’intera serie di letture dell’inflazione è stata aumento di recente: non in un modo drammatico come nel periodo post-pandemia, ma comunque in modo frustrante e ostinato.
“Non si può fare a meno di notare che si tratta di un report pesante e che, con la sensazione che le potenziali tariffe doganali comportino un rischio al rialzo per l’inflazione, il mercato è comprensibilmente dell’idea che la Federal Reserve troverà difficile giustificare tagli dei tassi nel prossimo futuro“, ha commentato James Knightley, Chief International Economist di ING.
Un dato interessante è che la scorsa settimana i mercati stavano scontando una probabilità del 10% di tassi di interesse più alti entro la fine del 2025. Mercoledì, questa cifra è salita più vicina al 20%, secondo il FedWatch del CME. Inoltre, le aspettative di inflazione stanno aumentando: il sondaggio sulla fiducia dei consumatori dell’Università del Michigan pubblicato venerdì scorso ha mostrato che l’aumento previsto dei prezzi nel prossimo anno è balzato al 4,3% a febbraio, rispetto al 3,3% di gennaio.
Il nodo del tasso neutrale
Con le maggiori banche centrali che hanno tagliato i tassi varie volte in questo ciclo, è tornata alla ribalta in questi giorni la discussione sul tasso di interesse neutrale, ovvero un livello del costo del denaro che non è né espansivo né restrittivo. Il 7 febbraio la Banca centrale europea (BCE) ha pubblicato il suo atteso studio sul tasso di interesse neutrale, affermando che resta nella forchetta compresa fra l’1,75% e il 2,25%. Lo comunica in uno studio che sarà contenuto nel primo Bollettino economico dell’anno. Gli autori del rapporto hanno comunque sottolineato che le stime del tasso di interesse naturale forniscono informazioni complementari per le decisioni di politica monetaria e aiutano la comunicazione sulla posizione della politica monetaria, ma non possono essere viste come un indicatore meccanico della politica monetaria appropriata in qualsiasi momento.
Pochi giorni dopo, il 12 febbraio, il residente della Bundesbank Joachim Nagel ha affermato che la BCE dovrebbe allentare gradualmente la politica e non puntare a un tasso di interesse neutrale, in quanto difficile da definire. Nagel, come molti dei suoi colleghi, ha minimizzato il tasso neutrale, chiamato anche “r-star” nel gergo delle banche centrali, sostenendo che non è molto utile data l’incertezza sul suo livello esatto. “Quanto più ci avviciniamo al tasso neutrale, tanto più diventa appropriato adottare un approccio graduale – ha affermato in un discorso a Londra – I limiti del concetto sono anche chiari: sarebbe rischioso basare le decisioni principalmente su stime r-star“.
Durante la sua attesa audizione al Congresso, il presidente della Federal Reserve ha invece affermato che “il tasso di interesse neutrale era molto molto basso prima della pandemia, ma ora penso che sia aumentato in modo significativo“. A una domanda sui movimenti dei tassi che si osservano sul mercato, Jerome Powell ha detto: “Non possiamo controllare i tassi a lungo termine, dipendono dalla domanda e dall’offerta sul mercato obbligazionario. Noi abbiamo una qualche influenza, ma non tanta”.
Le altre banche centrali
Giovedì 13 febbraio, la banca centrale filippina ha inaspettatamente mantenuto stabile il suo tasso di interesse chiave, citando le incertezze sulle politiche commerciali globali, ma affermando di rimanere in un ciclo di allentamento, con tagli dei tassi di almeno 50 punti base ancora probabili quest’anno.
Venerdì 7 febbraio, la Reserve Bank of India ha tagliato il suo tasso di interesse chiave per la prima volta in quasi cinque anni, mentre cerca di dare una spinta ad un’economia poco brillante e vede l’inflazione rallentare verso il suo obiettivo del 4%. In particolare, il tasso chiave è stato diminuito di 25 punti base al 6,25%, dopo essere stato invariato per undici riunioni politiche consecutive.
Giovedì 6 febbraio, la Banca del Messico ha abbassato il suo tasso di interesse di riferimento di 50 punti base, affermando che potrebbe tagliare di una grandezza simile in futuro man mano che l’inflazione si raffredda e dopo che l’economia si è leggermente contratta alla fine dell’anno scorso.
Sempre giovedì 6 febbraio, la Banca d’Inghilterra ha abbassato il tasso di riferimento di 25 punti base al 4,50%, come ampiamente previsto. Allo stesso tempo, la BoE ha dato una svolta accomodante alla sua guidance, poiché due membri hanno votato per un taglio più ampio di 50 punti base e hanno abbassato le loro proiezioni di crescita.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link