In Sardegna viviamo un pezzo di mondo che, per quanto immerso in una realtà iper-capitalizzata come quella occidentale, ha mantenuto una sua autonomia e particolarità sociale non indifferente. L’essere isola ci ha in parte protetto dalla deriva neoliberale, permettendoci in qualche modo di preservare una vita fatta anche di aspetti comunitari, cosa che oggi si può riscontrare soprattutto nelle realtà paesane.
Tuttavia questa stessa condizione è stata ed è un’arma a doppio taglio: la nostra particolare posizione geografica e la scarsa antropizzazione, ci hanno resi preda perfetta per una speculazione energetica che vuole spacciarsi per ecologismo, prima ancora per la colonizzazione bellicista della NATO. L’isolamento può poi favorire miopie e mentalità ancorate a pregiudizi e discriminazioni nei confronti di ciò che è percepito diverso. Ed è in questo contesto ambivalente che si articola la vita dei giovani sardi.
RADICI SARDE, SGUARDO GLOBALE
Con le radici in un passato che si protrae fino al presente e la mente catturata da un futuro solo sfiorato e che è destinato a negare ciò che promette; così noi giovani ci siamo trovati a scegliere tra la resa allo sfruttamento del territorio e alle ingiustizie internazionali e la difficile opposizione alle problematicità isolane e globali. Ma è qui che il ruolo dei giovani si fa fondamentale, poiché siamo coloro che hanno la possibilità di sviluppare una nuova coscienza della condizione sarda rispetto alle dinamiche globali.
Abbiamo accesso ai mezzi – dai social all’informazione indipendente online – per coltivare uno sguardo internazionalista; abbiamo la consapevolezza del vivere insieme e del vivere comunitario, che appartiene alle piccole realtà. Sicuramente le criticità dell’essere giovani in un territorio come quello sardo sono molteplici, a partire dal punto di vista lavorativo, senza dimenticare la ristrettezza dell’ambiente sociale e culturale in cui formarsi e agire. Abitare in continente è garanzia di maggiore dinamicità, con particolare riferimento alle grandi città: la penisola offre tendenzialmente più possibilità lavorative e ambienti culturali variegati, potendosi anche spostare con facilità verso altri centri.
GIOVANI, LAVORO, CULTURA
Fermo restando che la situazione lavorativa è critica in tutta quella parte di mondo con una produzione di tipo capitalista, in Sardegna oltre questo si aggiunge la limitatezza delle opportunità. In un’ottica di informazione, formazione e partecipazione politica e culturale, si riscontra lo stesso problema, poiché qualsiasi partecipazione e azione sociale è limitata alla realtà isolata. Un’altra questione è quella che riguarda la diffusione di una mentalità neoliberale – che guarda quindi al mercato come la soluzione ai problemi economici e sociali – anche tra i giovani sardi: digitalmente interconnessi con il resto del resto del mondo giovanile occidentale, è facile subire l’influenza della cultura egemone in modo ricettivo e passivo.
Tuttavia devo oppormi alla critica più comune che viene mossa alla mia generazione, ovvero quella del disinteresse per i temi politici e sociali, e va riconosciuto invece che il disinteresse politico è generalizzato e intergenerazionale, soprattutto per via dell’esaltazione del neutralismo e dell’apoliticismo da parte della cultura ufficiale. Mi capita di sentir dire ad esempio che a scuola non si può dare un’opinione politica o ancora che la politica non dovrebbe interferire nella musica o nell’intrattenimento, che dovrebbero rimanere neutrali.
È evidente che escludere i temi politici dalla scuola favorisca la crescita di generazioni di comodi indifferenti, così come è evidente che convincere le persone che la politica non debba contaminare ciò che è commerciabile è un modo per rendere la merce in questione fruibile a più persone possibili. Si tratta quindi di un fenomeno appartenente non solo alla mia generazione, bensì a tutti quelli che ritengono lecito sacrificare gli ideali per l’utile. Parliamo dunque di come concretamente i giovani sardi possono e si stanno muovendo per il cambiamento, sia sul territorio dell’Isola sia sul piano internazionale.
NUOVE CONSAPEVOLEZZE
Vi è una parte consistente della mia generazione che, proprio a causa della deriva che le nostre “democrazie” stanno prendendo – e in particolare per via delle conseguenze che questo ha sulla nostra quotidianità sarda –, sta sviluppando una coscienza diversa da quella dei propri genitori: una coscienza che riguarda le necessità del nostro territorio e come queste si conciliano in una visione di cambiamento sistemico e internazionale.
La Sardegna necessita di una gestione autonoma e comunitaria delle sue terre e delle sue risorse, necessita di un collegamento concreto e reale con il resto d’Italia, necessità della libertà da qualsiasi servitù, in particolare se militare. La Sardegna necessita di reinventarsi con i suoi giovani, mantenendo le peculiarità e le tradizioni, i punti di forza di un territorio ancora genuino, liberandosi sia da una mentalità chiusa e ricurva in se stessa, intrinseca alla nostra realtà, sia dalle imposizioni culturali esterne.
La presa di coscienza di queste necessità ha portato sul nostro territorio alla creazione di diversi gruppi politicamente e culturalmente attivi e in generale a un risveglio di interesse e di voglia di cambiamento che io stessa da qualche anno a questa parte sto riscontrando confrontandomi con i miei coetanei. Potrei citare ad esempio associazioni, organizzazioni e gruppi come A Foras, UNIGCOM, Unica Per La Palestina o ancora l’Arci e i circoli come Memoratu e Rizes o il sindacato studentesco UDS Sardegna. Credo che il ruolo dei giovani sardi nel cambiamento sia proprio questo: quello di uscire dagli schemi della tradizionale politica verticale e agire in modo radicato sul territorio, dal basso, tramite associazionismo, assemblee, riunioni, dialogo.
RIVESTIRE IL RUOLO DEL CAMBIAMENTO
È così che i giovani costruiscono la nuova e reale partecipazione democratica: appropriandosi degli spazi e della cultura, ragionando insieme su ciò che va cambiato e ciò che invece va valorizzato e trasformando questa consapevolezza in azione politica – che siano le manifestazioni o che sia il diretto intervento nel sistema politico tramite la candidatura. Della controcultura sarda i giovani costituiscono la parte più consistente e attiva e la loro coscienza, unita al ruolo centrale che la nostra terra ha nelle dinamiche internazionali – sia per le nostre risorse naturali, sia per la posizione centrale nel Mediterraneo – è la chiave per un cambiamento in senso comunitario, internazionale ed ecologista.
D’altronde non va assolutamente sottovalutata la forza delle piccole realtà territoriali e l’influenza che i loro cambiamenti interni hanno su tutto il contesto circostante: l’esempio più emblematico è il radicale cambiamento della società kurda del Rojava e gli effetti culturali politici e economici che ha sul mondo intero. Ecco che una nuova visione del mondo, coltivata dai giovani sardi, potrebbe agire concretamente contro i grandi monopoli economici che si occupano di speculazione ecologica, contro la propaganda e l’industria bellica, contro politiche colonialiste e imperialiste, proprio perché sono questi i problemi che colpiscono il nostro territorio.
Un’efficace lotta a questi stessi comporterebbe grossi mutamenti sul piano internazionale europeo e mondiale ed ecco il nostro ruolo anche in questo: costruire insieme la democrazia di domani. Per fare questo dovremmo sicuramente imparare a essere critici nei confronti di una certa chiusura nociva, ma anche verso la globalizzazione, che prende e sfrutta ma non restituisce. Dobbiamo fare esercizio di comunicazione e dibattito, comprendere le debolezze dell’essere isolati e la forza dell’essere protetti; dobbiamo mettere in discussione il tradizionale approccio alla realtà italiana ed europea o mondiale, e riscoprirci protagonisti della nostra storia e agenti attivi in quella del mondo.
I giovani sono innovazione, sono apertura, sono dialogo, e la Sardegna è comunità, autonomia e risorse. I giovani sardi devono essere capaci fondere questi aspetti, che combinati nel giusto modo creano il terreno per la più fertile delle rivoluzioni; abbiamo una forza, un’unicità, una possibilità che dobbiamo riconoscere, conoscere e attualizzare. Questa è la direzione in cui è necessario agire, questo è il compito fondamentale che ci è affidato dalla storia: preservare ma anche diffondere il senso di comunità, in opposizione ad uno spietato individualismo che è causa fondamentale delle ingiustizie che oggi subisce la nostra terra come tante altre realtà.
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