La storia riscritta da Trump, nel suo discorso di insediamento a Washington del 20 gennaio 2025, ricorda quella di Adolf Hitler un secolo fa a Berlino. L’America che conquista gli spazi coloniali per spirito di frontiera, che va su Marte, che si riprende Panama e ribattezza Golfo d’America il Golfo del Messico, che si protegge e si espande, appare simile alla Germania nazista che si prepara al riscatto e all’espansione. “Tedeschi ve lo giuro, io riporterò la Germania alla sua antica grandezza” esclama Hitler il 7 febbraio 1933 nel suo discorso di insediamento a Cancelliere del Reich.
Lo stile paranoide è, spiega Alessandro Carrera nel suo saggio su I vecchi, i giovani e gli strani. Biden, Harris, Trump e il destino del mondo (Luca Sossella, 2024), un tratto eterno degli USA, ma negli ultimi vent’anni esso è stato assunto da chi vuole smantellare lo stato, la destra di Donald Trump: egli aizza la componente isterico-paranoica del proprio elettorato. L’altro lato, la sinistra identitaria, giustizialista e woke non possiede nemmeno una briciola del potere che ha la destra. Che vince per il ‘nichilismo terminale’ di cui è portatrice. Non ha una visione politica. Porterà a quattro anni di caos che si rifletteranno sul mondo intero.
La resistibile ascesa di Donald Trump (Brecht è citato a p. 31) comincia nel 2016, tragedia o farsa? A Gilbert Gottfried, caustico comico americano, chiedono cosa pensi di Trump: “È come Hitler senza il calore umano”, risponde. Del resto, proprio J. D. Vance, oggi vicepresidente di Trump, lo aveva definito allora un “nuovo Hitler”. La paranoia americana era cominciata già con l’elezione di Obama-secondo Trump un musulmano nato in Kenya e con falso certificato di nascita americano-alla Casa Bianca (2008); era stata preceduta dalla menzogna di George Bush sull’Iraq “detentore di armi di distruzione di massa” (2003); e più indietro ancora dall’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001. Commozione cerebrale, la chiama Alessandro Carrera nel 2016, come se il cervello americano fosse andato, e l’intero Occidente ne dovesse essere consapevole. Una diagnosi che torna drammaticamente attuale oggi.
Paranoia che si era espressa nell’anno dell’elezione di Obama con la più grande compravendita di armi dai tempi della Guerra di Secessione (p. 40), sostenuta dai Gun Owners of America e altre organizzazioni che preparano le armi in caso di ‘tirannia satanica’ dei liberal: qualcosa che già ‘prepara’ l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021.
Carrera spiega bene la chiave del fenomeno Trump: sa manipolare i media, attraverso un’industria della disinformazione che avrebbe fatto invidia a qualsiasi dittatore del Novecento (p. 63). Ha creato un culto, qualcuno in cui (aspetto sconosciuto a noi europei di oggi) credere.
La gente vuole essere ingannata. Ma c’è di più. Vi è un’arte della negazione della realtà. Che si tratti del virus del Covid, o delle sconfitte militari americane nel mondo. Perché tra gli elettori di Trump sono molti tra quelli che hanno perduto le guerre, Iraq o Afghanistan, Siria o altro, come nel bellissimo romanzo di Steven Markley, Ohio: tutta la cittadina del Midwest dietro il feretro del caporale caduto in Iraq, operai generici e infermieri, negozianti d’armi e piccoli commercianti, tutto un mondo sconfitto sfila tra bandiere che bordano la strada principale fino alla piazza di New Canaan.
E questo riguarda soprattutto l’America delle grandi pianure e delle small towns, non delle grandi città, e nelle città riguarda soprattutto i poveri, a Houston nel quartiere afroamericano povero ci sono ventinove chiese e nessun ospedale, appunta Carrera.
Già la prima amministrazione Trump (2017-2020) ha fatto degli Stati Uniti una “repubblica totalitaria” (nomina di giudici federali di estrema destra, deregolamentazione, uso della polizia anti-neri etc.) (p. 115). I sostenitori di Trump sono zombie alfabetizzati, l’uso delle tecnologie non è affatto incompatibile con la zombizzazione, anzi la favorisce.
Così si spiega anche il colpo di stato del 6 gennaio 2021, a lungo preparato (i grandi giornali come il New York Times ne parlavano già mesi prima) e assorbito da una società americana in cui milioni di persone ormai credono che l’uso della forza sia legittimo per imporre la propria volontà. Una deriva che oggi, con la grazia concessa da Trump ai rivoltosi, e quella che Biden ha steso a protezione della commissione d’inchiesta sull’assalto al Campidoglio, si conclude.
Il resto l’ha fatto l’ossessione democratica per il ‘cambiamento’, per scrivere Latinox per non dare un connotato di genere agli immigrati, ossessione già ben analizzata dal politologo Yascha Mounk come “trappola identitaria”, ciascuno nel proprio ghetto di gender studies, minorities studies, etc. Intanto il Partito Repubblicano è oggi il partito della classe operaia, scrive Alessandro Carrera il 20 novembre 2020. Con un paragone appropriato con l’Italia odierna…
La profezia di Carrera, che gli Stati Uniti stiano vivendo la lenta discesa della democrazia nella tirannia (ispirata a Platone, VIII libro della Repubblica), è stata solo sospesa da quattro anni di presidenza Biden, ma oggi riprende con più forza.
Eppure, il più grande studioso della tirannia, Leo Strauss (On Tyranny, 1948) il filosofo tedesco emigrato in America sotto il nazismo, fu a Chicago il maestro di tutto il mondo politico conservatore statunitense, e nel 1999, nel centenario della nascita, il libro in suo onore fu firmato da tutti i grandi dirigenti del Partito Repubblicano dei governi conservatori del secondo Novecento. Come è possibile, quando è avvenuto, che questa tradizione conservatrice sia evaporata e il loro partito sia diventato il partito di Trump?
In un libro d’epoca, il consigliere della sicurezza nazionale Zbigniew Brzezinski, Between Two Ages (The Wiking Press, N.Y. 1970) aveva già intravisto questa possibilità, che oggi si compie. La fine della democrazia liberale potrebbe avvenire, egli sosteneva, ad opera di una maggioranza conservatrice, con leaders che rilanciano il sogno americano (ad esempio andare su Marte), la disillusione della classe medio-bassa nei confronti del liberalismo, che potrebbero far emergere una risposta politica più reazionaria. Essa non sarebbe drammatica e non avrebbe apertamente i toni del fascismo, continua Brzezinski. Anche un atteggiamento dottrinario dei liberal, soprattutto nelle università, accelererebbe il processo, favorito dall’ antiintellettualismo della maggioranza degli Americani. Una ulteriore minaccia alla democrazia liberale sarebbe l’impatto delle tecnologie, che potrebbe condurre a una società più controllata, dominata da un’élite che rivendica il potere politico sulla base della propria pretesa superiorità tecnico-scientifica. Non vincolata dai valori liberali tradizionali, quest’élite non esiterebbe a raggiungere i suoi fini politici usando le più avanzate tecnologie per influenzare il comportamento pubblico e porre la società sotto una stretta sorveglianza e controllo. Una crisi sociale perdurante, l’emergere di una personalità carismatica, e lo sfruttamento dei mass media per ottenere la fiducia pubblica sarebbero il trampolino di lancio per trasformare gli Stati Uniti in una società altamente controllata.
Questa possibilità latente, lucidamente delineata da Brzezinski cinquant’anni fa, si sta compiendo.
Elon Musk , Peter Thiel, J. D. Vance sono i nuovi alleati di Trump. Sono i tecno-totalitari, esponenti della nuova finanza e del capitalismo digitale che potremmo definire “fascisti su Marte”, osserva Carrera (p. 408). Andando al potere, smantelleranno le agenzie federali e licenzieranno mezzo milione di impiegati federali, ha dichiarato Vance, ora vicepresidente. La Macchina, come la ha chiamata Massimo Cacciari su La Stampa, è ormai alla guida del mondo.
Proprio Massimo Cacciari e Antonio Gnoli in dialogo con Alessandro Carrera (pp. 207-229) forniscono chiavi di lettura ulteriori. L’idea americana ha un elemento anarchico che viene da lontano, che il governo sia un male necessario e debba governare il meno possibile (Cacciari). È il collante religioso che tiene insieme l’America, puntare tutto sulla credenza, sul credere a qualunque cosa, sul credere religiosamente (Gnoli). Conclude Carrera citando Ralph Waldo Emerson, il più influente pensatore americano, in quel testo-chiave della cultura americana che è Self-Reliance (1841): “Non ditemi che io mi devo impegnare a far star meglio tutti i poveri. Sono forse i miei poveri?”
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