Ilaria Parimbelli, morta a 28 anni per una encefalite da herpes: «Al pronto soccorso dissero che erano crisi d’ansia»

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di
Giuliana Ubbiali

La ragazza morì dopo due anni di calvario. Il medico che la dimise dal Policlinico San Marco di Zingonia ora è a processo. La difesa: «Gli esami non indicavano problemi neurologici». Quando dopo 4 giorni arrivò al Papa Giovanni alla mamma dissero: «Ha il cervello era bucato»

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Sonia Paradiso cerca i video sul cellulare. Il primo è del 26 settembre 2019, tre giorni dopo che la figlia Ilaria Parimbelli venne dimessa dal pronto soccorso del Policlinico San Marco di Zingonia con una diagnosi di «crisi d’ansia». La ragazza, 26 anni, di Dalmine, ha una pastiglia in mano. È disorientata, la mette nel bicchiere con il tè anziché portarla alla bocca. «Poteva essere intontita dai farmaci», giustifica la madre. Che scorre altri video, con la figlia che, mesi dopo, travasa l’acqua da un bicchiere all’altro, incastra una stella nella fessura giusta di un cubo, colora un cerchio di azzurro senza sbavare dal contorno. Erano grandi risultati per una ragazza che, nel frattempo, era finita in terapia intensiva per un’encefalite da herpes: «Ci avevano detto che non avrebbe più potuto scrivere, vedere, deglutire». In ogni caso, non parlava, non ricordava, si muoveva con i deambulatori

La morte di Ilaria e il processo al medico del pronto soccorso

Dopo due anni di calvario si arrese (il 1° di agosto 2021) e per quella morte è imputato Francesco Bagnolo, il medico del pronto soccorso che il 23 settembre attaccò il turno alle 8 e dal collega (già assolto), che sospettò una sepsi, prese in carico la paziente arrivata un’ora prima. La pm Maria Esposito gli contesta di aver omesso gli approfondimenti, «nonostante il corteo sintomatologico riportato in cartella». Nel capo di imputazione si parla di febbre, forte cefalea, vomito, allucinazioni uditive e visive. Di «irrecuperabile ritardo nella diagnosi» che invece venne fatta «correttamente» quattro giorni dopo al Papa Giovanni XXIII, dove la ragazza finì in terapia intensiva con farmaci antivirali e venne sottoposta a una craniotomia decompressiva.




















































La difesa del medico: disse che soffriva di cefalee

Le consulenze di parte non hanno fugato i dubbi, il giudice Donatella Nava ha deciso di nominare un medico legale e un infettivologo. La mamma di Ilaria, il papà Carlo e il fratello Federico sono parti civili con l’avvocato Oliviero Mazza. Difeso dall’avvocato Massimo Cordiano, il medico, 62 anni, che non esercita in attesa della pensione, ha dato la sua versione: «La paziente mi disse che aveva avuto attacchi di panico e sintomi d’ansia, che già soffriva di cefalea emicranica. La febbre era della sera prima, con l’ibuprofene era passata. Disse che era un periodo di stress e aveva programmato una visita psicologica». Incalzato dal pm sul motivo per cui non dispose una tac, risponde: «Se non mi avesse detto che soffriva già di cefalee (non venne annotato nel referto, ndr) gliel’avrei fatta fare. Ma sono convinto che sarebbe stata negativa». Gli esami, dice, non indicavano nessun problema neurologico. Ma quando Ilaria finisce al Papa Giovanni «i medici diagnosticarono l’encefalite, dopo rachicentesi, tac e altri esami. Dissero: “il cervello di vostra figlia è totalmente bucato”», racconta la mamma.

Il calvario raccontato dalla mamma: «Le mettevo lo smalto»

Non molla Ilaria, non molla la famiglia. «Le mettevo lo smalto e la sua musica preferita. Guardi questa foto, ha in testa la fascia del suo ultimo concerto, di Ed Sheeran». Dal Papa Giovanni va alla clinica San Francesco, da lì al Centro cardinal Ferrari di Fontanellato (Parma) con il Covid di mezzo, poi nella casa comprata con un mutuo dal fratello di quattro anni più giovane, «in molti ci aiutarono con una raccolta fondi», e successivamente alla clinica Quarenghi di San Pellegrino. «Il 28 giugno era il suo compleanno — parla sempre la mamma —, volevano dimetterla in tempo. Il 26 le organizzarono una festa con una torta e i palloncini». 

La crisi e la morte: «Avrebbe voluto fare l’interpreta nei processi»

Un mese dopo, con la mamma sola in casa, Ilaria ebbe una crisi epilettica che provocò una polmonite ab-ingestis. Corsero di nuovo al Papa Giovanni. «Le misi la maglietta del Re Leone, amava i cartoni. I medici ci dissero che sarebbe rimasta per sempre attaccata ai macchinari. Chiesero se volevamo donare gli organi, ma arrivò il tracollo e non fu possibile donarli». Si commuove, Sonia: «Sa cosa mi consola? Nella sua vita, Ilaria ha fatto quello che desiderava». Le cucì lei il vestito per la rievocazione medievale con il fidanzato. «Che cosa voleva diventare Ilaria? Un’interprete per i processi».

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13 febbraio 2025 ( modifica il 13 febbraio 2025 | 11:38)

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