A servizio dei cristiani siriani: a colloquio con padre Khukaz Mesrob

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di Emilie Rey

Fra Khukaz Mesrob, 37 anni, è un francescano della Custodia di Terra Santa. Ordinato sacerdote tre anni fa, è parroco del villaggio di Qunayah, nelle campagne vicine a Idlib. Dal 1878, i francescani sono presenti in questi tre missioni della valle dell’Oronte: Qunayah, Yacubiyeh e Jdayde. Fra Khukaz condivide con noi un po’ della sua vita quotidiana.

Fra Khukaz, i francescani sono rimasti nei villaggi lungo il fiume Oronte per tutta la durata della guerra. Chi sono i vostri parrocchiani?

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Durante questi 14 anni di guerra, non solo siamo rimasti presenti accanto alle nostre 200 famiglie cattoliche — grazie allo zelo missionario del vescovo francescano Hanna Jallouf e di fra Louay Bsharat — ma ci siamo anche presi cura di tutti gli altri cristiani dopo la partenza del clero ortodosso dell’area. Così, per tutta la durata della guerra, i cristiani dei nostri villaggi, indipendentemente della loro chiesa di appartenenza, hanno pregato insieme ogni domenica e per ogni feste illustrando l’esortazione di Gesù: «Affinché tutti siano una cosa sola, come tu, Padre, sei in me e io in te» (Giovanni, 17:21). Abbiamo formato un unico gregge.

Come descriverebbe la vostra missione?

Il nostro ruolo di pastori si è esteso ben oltre il culto e i sacramenti: aiutare a riparare le case dopo il terremoto, agire come un’ambulanza e portare i malati all’ospedale o come servizio di scuolabus per la nostra decina di bambini cristiani, in modo che non debbano frequentare le scuole islamiche ma quella costruita dai frati nel convento stesso, recuperare e ridistribuire i terreni agricoli con tante procedure e contenziosi, recuperare le varie chiese ortodosse che erano state chiuse o vandalizzate, rappresentare e difendere i cristiani nei rapporti con le autorità politiche locali per tutte le esigenze quotidiane…

Negli ultimi anni i vostri villaggi sono stati isolati dal mondo perché nelle aree libere cioè non controllate dal regime. Cosa è cambiato dopo la caduta di Assad?

Dalla caduta del regime di Bashar al-Assad, l’8 dicembre, abbiamo festeggiato il ritorno di molti parenti e amici, che finalmente possono raggiungere i villaggi e accolto varie delegazioni ufficiali come i nostri confratelli della Custodia di Terra Santa, venuti a pregare con tutto il popolo siriano per la pace il 1° gennaio. Tutti questi momenti di ricongiungimento sono commoventi. I giovani che attualmente vivono nelle grandi città dei dintorni hanno espresso il desiderio di tornare ai villaggi. Ci incoraggiano ma le sfide saranno grandi soprattutto riguardo il lavoro.

Per molto tempo i francescani sono stati gli unici sacerdoti ad essere presente nei vostri villaggi. Gli ortodossi stanno tornando?

La scorsa settimana abbiamo ricevuto la notizia che l’archimandrita Levon Yegiyan, un dignitario armeno ortodosso della città di Hassaké (al confine con l’Iraq] desiderava venire a pregare a Yacubiyeh, di cui è originario. La chiesa di Sant’Anna a Yacubiyeh è uno dei siti cristiani più antichi e importanti della Siria. È un luogo di pellegrinaggio. Così, senza ulteriori indugi, abbiamo iniziato i preparativi, in particolare garantendo la sicurezza in collaborazione con le autorità locali, oltre a pulire e preparare la chiesa. Monsignor Levon Yegiyan si era ripromesso che, se un giorno fosse tornato a Yacubiyeh, avrebbe camminato a piedi nudi fino al santuario per ringraziare Dio. Quel giorno è arrivato domenica 2 febbraio 2025. Ha davvero camminato senza scarpe accanto a fra Louay. Degli autobus provenienti da Latakia, Kessab e Aleppo hanno permesso a molti fedeli di raggiungerci.

Che tipo di relazione avete con il loro clero?

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Al suo arrivo, il vescovo armeno ci ha letteralmente abbracciato in un caloroso benvenuto. Tutti insieme, abbiamo iniziato la processione verso il santuario, situato su una collina vicina, tra canti ed esultazioni. Siamo entrati in chiesa, abbiamo indossato i rispettivi paramenti liturgici e abbiamo pregato insieme durante la divina liturgia in armeno (avevamo celebrato la messa cattolica qualche ora prima). L’archimandrita ci ha tenuto una bellissima omelia sottolineando la fede del popolo, la grazia e la protezione di Dio. Le sue parole risuonano ancora nella chiesa di Sant’Anna: «Chi persevererà fino alla fine sarà salvato» (Matteo, 24, 13). Ha poi ringraziato per nome i francescani per il loro impegno a favore della comunità armena. La loro chiesa era crollata durante la guerra ed è stata ricostruita sotto l’impulso di fra Louay e di alcune famiglie della diaspora armena. Alla fine della messa, ci ha regalato una croce armena. In quanto alle mie origini armene, la accolgo in un modo molto particolare. La croce di Gesù Cristo ci unisce tutti. L’assemblea era in lacrime in questo giorno memorabile del primo pellegrinaggio a Sant’Anna dal 2011. Un ricordo indimenticabile per tutti noi.

Il clero di ritorno non ha forse perso il contatto con la realtà dopo 14 anni?

Non penso, ma, se pure fosse, lo recupereranno presto. Il giorno successivo, abbiamo ad esempio accolto a Qunayeh il metropolita Athanasios Fahed di Latakia per la chiesa greco-ortodossa con una delegazione. Ogni volta è la stessa routine: ci incamminiamo lungo la strada per accoglierli, portarli ai capi locali e poi guidarli al villaggio. Davanti alle autorità, il metropolita li ha ringraziati per la cura prestata ai suoi fedeli e ci ha ringraziati per tutto quello che abbiamo fatto. Ha poi chiesto informazioni sulle procedure amministrative per il reperimento dei terreni e delle case [i cristiani sono stati espropriati dello loro proprietà per anni sotto l’occupazione islamica], al che le autorità hanno risposto che le questioni riguardanti i cristiani erano già trattate con i francescani, che esistevano dei canali di comunicazione, che i lavori erano in corso e che sarebbero stati avvisati in tempo. Il metropolita è venuto poi a Qunayeh, dove lo abbiamo accolto in modo più solenne. I bambini della scuola sono venuti a incontrarlo con i loro insegnanti. Tutto un mondo nuovo per lui. Ho ringraziato il mio predecessore, fra Hanna Jallouf, dicendo che questo convento era anche una casa ortodossa, perché lui ha accolto tutti coloro che si trovavano soli, diventando un padre spirituale per tutti. Ho anche ribadito quanto fra Louay, durante il terremoto del febbraio 2023, non abbia mai smesso di visitare le famiglie, facendosi prossimo a tutti.

Qual era lo scopo della loro visita?

Durante la visita del metropolita Athanasios Fahed, siamo partiti per Jdayde dove abbiamo potuto consegnarlo le chiavi della chiesa ortodossa Sant’Elia, benedire il pane e condividerlo insieme. E poi siamo andati alla nuova chiesa di San Giovanni, che abbiamo recuperata dalle autorità locali tre mesi fa e ripulita con i cristiani dei tre villaggi. Dopo alcuni canti, la delegazione greco-ortodossa ha proseguito il suo cammino verso altri villaggi e parrocchie. Questa consegna simbolica delle chiavi manifesta anche una nuova vita per ogni confessione. Come francescani abbiamo cercato di amare ogni uomo e ogni donna, al di là delle nostre differenze. A nome della Chiesa cattolica, abbiamo provato a fornire un servizio umano e religioso.



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