Trump, Ucraina e non solo: tutti i temi della Conferenza di Monaco sulla sicurezza

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Di cosa si parlerà alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza

La Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, uno degli appuntamenti più importanti per la geopolitica globale, si apre venerdì 14 febbraio in un contesto internazionale profondamente mutato, dominato dall’incertezza e da nuovi equilibri geopolitici. Donald Trump, pur non essendo presente fisicamente, è la figura centrale del dibattito, con la sua amministrazione che invia una delegazione di alto livello. La partecipazione del vicepresidente J.D. Vance, del segretario di Stato Marco Rubio e dell’inviato speciale per l’Ucraina, Keith Kellogg, sottolinea l’attenzione degli Stati Uniti verso l’Europa, ma al tempo stesso solleva dubbi sulla stabilità delle relazioni transatlantiche.

La politica estera del secondo mandato di Trump si presenta con un’impronta più dura e decisa: richieste agli alleati Nato di aumentare la spesa per la difesa, minacce di dazi punitivi e una politica “disruptive” nei confronti di istituzioni internazionali. L’annuncio di un’imposta del 25% su tutte le importazioni di acciaio e alluminio è solo l’ultima mossa di un’escalation protezionistica che, secondo l’opinione dominante degli europei, potrebbe destabilizzare il commercio globale.

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L’Europa nel suo complesso gioca di rimessa su questo punto. Teme i dazi e li teme soprattutto la Germania in crisi economica, paese ospitante della Conferenza che di conseguenza influenza inevitabilmente l’approccio del dibattito. Esistono anche all’interno dell’Ue posizioni più pragmatiche, che spingono a inquadrare i tempi nuovi (i dazi sono parte dei bracci di ferro quando nel mondo si ridisegnano equilibri politici consumati) e ad affrontare in maniera aperta la sfida trumpiana, ma l’impressione è che a prevalere sia il rimpianto del bel tempo (della globalizzazione) andato. In attesa che un eventuale nuovo cancelliere Merz porti un po’ di realismo anche nelle stanze dei pensatoi tedeschi, il brogliaccio resta questo.

Uno dei temi centrali sarà la possibile proposta di un trattato di pace per l’Ucraina, che potrebbe congelare il conflitto in cambio di concessioni economiche alla Russia. Tuttavia, permangono numerosi interrogativi sulla fattibilità di tale accordo e sulla reazione di Kiev e degli alleati europei.

Il Munich Security Report evidenzia come il mondo stia vivendo un processo di multipolarizzazione, con il potere che si frammenta tra un numero crescente di attori, accompagnato da una polarizzazione ideologica tra democrazie e autocrazie. Questo fenomeno, se da un lato offre opportunità di governance più inclusiva, dall’altro aumenta il rischio di instabilità e conflitti.

Trump viene percepito nella maggior parte delle capitali europee come un’incognita, se non un vero e proprio pericolo. La sua rielezione potrebbe accelerare la ritirata degli Stati Uniti dagli impegni internazionali e rafforzare la contesa bipolare con la Cina, altra cosa temuta dagli europei (e soprattutto da Berlino). Pechino, principale sostenitore di un ordine multipolare, potrebbe trarre vantaggio dalla riduzione dell’influenza americana, mentre l’Unione europea si trova di fronte alla necessità di ridefinire il proprio ruolo geopolitico. L’Europa, infatti, si colloca in una posizione delicata: da un lato minacciata dall’aggressività russa, dall’altro messa alla prova da una crescente spaccatura interna alimentata da movimenti populisti e/o nazionalisti. La prospettiva del nuovo allargamento a Est e Sud-Est può essere una delle vie per uscire dall’impasse, ma è una strada impervia, che richiede unità d’intenti e voglia di riforme e chp difficilmente potrà essere percorsa senza il sostegno degli americani.

Anche altri attori globali stanno ridefinendo le proprie strategie: Mosca continua a perseguire la sua visione di un mondo basato su sfere di influenza, mentre India, Brasile e Sudafrica cercano di guadagnare maggiore peso negli equilibri internazionali. Secondo il Munich Security Index 2025, la percezione di un mondo più multipolare varia da Paese a paese: se nei Brics (esclusa la Russia) vi è maggiore ottimismo, nelle nazioni del G7 prevale il timore di un crescente disordine globale.

La Conferenza di Monaco si propone più di ogni altra volta come un crocevia cruciale per il futuro della sicurezza internazionale. Gli attori politici presenti promettono di dare risposte, il rischio è quello che accompagna sempre grandi kermesse come questa: ognuno parla una lingua diversa. Sta capitando agli antichi alleati. Gli europei faticano a trovare risposte alle nuove sfide, l’America di Trump sembra invece sempre più orientata a ridisegnare il proprio ruolo sulla scena mondiale, con conseguenze che potrebbero ridefinire l’ordine globale nei prossimi anni.



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