Attraverso una cerimonia, lo scoprimento di una targa murata sulla facciata del Mario Pagano, è stato ricordato l’onorevole Giacomo Sedati, restituendo al Molise l’importante figura di un politico democristiano, più volte sottosegretario e ministro, in Parlamento negli anni difficili della ricostruzione dal 1948 al 1984, che insieme alle sorelle Carmen, Virginia e al fratello Pietro compì gli studi presso il Liceo del Convitto Nazionale.
La famiglia Sedati promuovendo questa iniziativa ha non solo assolto ad un dovere filiale ma si è assunta l’obbligo morale di rivolgersi ai giovani, agli studenti del Mario Pagano, proponendo un incontro educativo sul rispetto dovuto alle istituzioni e, all’impegno che va profuso per la salvaguardia della Costituzione. Confronto incontro con le nuove generazioni che la famiglia ha proposto e svolto attraverso il ricordo e la conoscenza della figura paterna dando voce ad una narrazione priva di qualsiasi intento commemorativo ma specificamente documentale.
Dopo la scomparsa di questo nostro politico, senza dubbio il più incisivo nell’operare nel difficile periodo di transizione dal fascismo alla democrazia, e la delineazione di un disegno unitario di conquista morale, sociale e politica del potere democratico, fino l’improvviso trapasso avvenuto nel 1984, sulla figura e l’impegno di Giacomo Sedati è caduto un impenetrabile silenzio che ha contribuito a rarefarne l’immagine un po’ ovunque, tranne che nella sua amata Riccia, paese in cui sia il suo personale ricordo che quello della famiglia, permane in modo ossequiosamente devozionale.
Era nato a Lanciano, il 25 agosto del 1921 evento che avviene in terra d’Abruzzo così, quasi per caso per un semplice e comprensibile desiderio di sua madre, Elisa de’ Giorgio, abruzzese, esponente di quella borghesia altolocata di un tempo – suo padre era un avvocato civilista – di stare vicino alla propria famiglia nel momento del parto; ma i Sedati sono di Riccia.
Nicola, il padre dell’onorevole, avvocato del Foro di Napoli, pur risiedendo nella città partenopea e, nonostante gli importanti impegni professionali, faceva spesso ritorno in Molise dove decise di tornare in modo stabile, dopo la morte del fratello Giambattista, per prendersi cura dell’azienda agricola familiare, occasione questa, per il giovane Giacomo, da bambino prima e poi da giovane, di appassionarsi ai sistemi dell’agricoltura.
A fare gli onori di casa nel pomeriggio dello scorso 7 febbraio la dirigente scolastica e rettore del Mario Pagano Rossella Gianfagna che ha accolto e fatta propria la richiesta avanzata da Nicola Sedati di apporre sulla facciata del Convitto lungo il viale denominato “delle eccellenze” – una sorta di famedio laico che rende onore agli illustri personaggi molisani che nella severità di queste aule liceali hanno studiato o insegnato come Giovanni Gentile – una targa in marmo che si propone di lasciare memoria del passaggio di suo padre, Giacomo, e degli zii Carmen, Virginia e Pietro in questa scuola.
Convitto tirato a lucido, collaboratori scolastici accoglienti, alunni schierati in bell’ordine, sala gremita, autorità e rappresentanti politici, relatori, Gianni Letta ex sottosegretario del Consiglio dei ministri e il docente Unimol Giuseppe Pardini, insomma ambiente carico di un’atmosfera quasi magica da collegio Hogwarts.
Come mai un così lungo silenzio dopo la scomparsa dell’onorevole? Quando Giacomo Sedati se ne è improvvisamente andato il 7 gennaio del 1984 prima di compiere 63 anni i suoi figli erano ancora giovani. Nicola, l’unico maschio della famiglia, compiva 22 anni proprio il giorno del funerale di suo padre e la famiglia – per via della riservatezza che Sedati usava nei confronti dei suoi stessi familiari – allora, non era in grado di poterne tracciare un profilo ma si sarebbe aspettata che fossero gli altri, questo Molise a lui tanto caro, che in qualche maniera sentisse l’obbligo di celebrarne il ricordo. Invece nulla, tranne naturalmente la sua Riccia che lo ricorda nella toponomastica cittadina.
Probabilmente la figura di Sedati ha sempre creato imbarazzo per lo stile, il garbo con il quale trattava i suoi interlocutori ancor più se avversari politici. Per l’autorevolezza che esprimeva in modo naturale senza farne sfoggio; per il rigore morale posto alla base di ogni suo impegno. Rigore praticato in famiglia e trasmesso ai figli, ed in più per il possesso di un solido patrimonio culturale oltre che politico maturato attraverso gli studi e la vicinanza alle competenze dello zio, Giuseppe Spataro – vicesegretario del Partito Popolare, poi segretario organizzativo della Democrazia Cristiana oltre che ministro – che lo aveva iniziato e guidato nello svolgimento dell’attività politica. A delinearne l’importante statura contribuiva anche l’alone favolistico, quasi magico, che avvolgeva le mura della casa avita dove l’educazione dei figli, fin dalla più tenera età, era affidata ad un’istitutrice di origine dalmata, Elena Crillanovich, severa ma incisiva, figlia di un ammiraglio della Marina asburgica che ha seguito i ragazzi negli studi anche durante il liceo, accompagnandoli nell’apprendimento scolastico anche durante il trasferimento a Campobasso protrattosi per tutto il periodo scolastico prendendo in affitto un alloggio nel centro cittadino.
Nonostante la riservatezza la famiglia Sedati era conosciuta per la generosità, il sostegno mai negato a chi aveva bisogno e, soprattutto le numerose opportunità di lavoro dispensate in modo assai generoso di cui ha beneficiato gran parte della popolazione riccese, inoltre Pietro, il fratello dell’onorevole divenuto medico, trascorreva le giornate in cui faceva ritorno in Molise, era docente universitario a Roma, visitando e curando la gente del posto senza pretendere mai alcun compenso.
Informazioni, queste, contenute nel saggio scritto da Massimiliano Marzillo “Giacomo Sedati il Ministro della Ricostruzione”, una biografia, la sola esistente, edita nel 2013, che squarcia il velo del silenzio e ripercorre il cammino di un protagonista della politica italiana del secondo dopoguerra, e lo fa analizzando il percorso che il Paese e anche il Molise compie nel delicato e per certi versi travagliato periodo della ricostruzione fino agli anni del cosiddetto miracolo economico. Giudicare a posteriori l’impegno politico istituzionale profuso da Sedati non è facile, occorre tener conto delle condizioni non solo economiche in cui il Sud del Paese viene a trovarsi all’indomani della fine della guerra, le frizioni, le divisioni in correnti che inquietano la Democrazia Cristiana, la relativa durata dei Governi che di volta in volta cambiano lo scenario politico. Tuttavia Sedati continua nell’impegno di prestare la propria competenza non solo riguardo allo sviluppo dell’agricoltura quanto nel rendere libero e democratico il mondo dell’informazione nel ruolo di presidente della Commissione parlamentare per i servizi radiotelevisivi. Lo si trova tra le rovine provocate dalla tragedia del Vajont dove è soprattutto il ruolo umano ad emergere per il misericordioso caritatevole soccorso prestato alla popolazione. È tra i fautori del distacco del Molise dall’Abruzzo tanto che lo si considera uno dei padri dell’autonomia regionale, ed in più si adopera nella costruzione dell’Università imponendo l’esigenza che essa sia statale e non privata come in un primo momento si pensava di doverla realizzare.
Molti personaggi che ancora oggi compaiono sulla scena politica devono proprio a Sedati l’opportunità di aver occupato posti in seno alle istituzioni. Eppure, di quel saggio di Marzillo non vi è traccia nella memoria collettiva. A parte Gerardo Bianco – morto a dicembre del 2022 – venuto l’anno prima a celebrarne il centenario della nascita a definirlo il miglior saggio, vero ed esaustivo scritto su Sedati. Nessuno ne parla. Non lo ha fatto nemmeno Giuseppe Pardini che pure è stato l’editore di quella collana. Di quel saggio da qualche parte giacciono centinaia di copie divenute “farlocche” poiché la Regione Molise che in un primo momento aveva dato il proprio assenso al patrocinio e al sostegno delle spese di pubblicazione senza fornire alcuna spiegazione si è tirata indietro tanto che chi ha stampato l’opera ha dovuto cestinarle poiché sulla copertina c’era il logo della Regione Molise. A sostenere le spese della pubblicazione hanno provveduto Micaela Fanelli, allora sindaco di Riccia, il prefetto Marcello Palmieri (con Sedati a Longarone) e l’amico di lunga data e, collega di partito, Enrico Santoro.
I ragazzi del Mario Pagano hanno avuto l’opportunità di conoscere un modo diverso di fare politica. Hanno appreso come e secondo quale stile andrebbe esercitato il rispetto verso le istituzioni, quale e quanto impegno va profuso per favorire la crescita sociale, Questi ragazzi, figli, nipoti nostri che hanno sul loro cammino un avvenire di costruire sono stati destinatari di una lezione di educazione civica preziosa, ben diversa dalla disgustosa pochade quotidianamente messa in scena dalla classe politica attuale. Se sono stati attenti e coinvolti dal susseguirsi degli interventi non sarà loro sfuggita la testimonianza di Biagio Testa, di Riccia, figlio del veterinario che per anni ha avuto in cura il bestiame dell’azienda agricola dei Sedati che, nel ricordare il rapporto di fiducia, stima e reciproco rispetto, intercorso tra suo padre e l’onorevole, più volte è stato costretto ad interrompersi per via della commozione che, nonostante il trascorrere del tempo, gli prendeva la gola. C’è da domandarsi se, tra venti, trent’anni, ma anche solo tra un lustro ci sarà qualcuno di questi ragazzi che ricorderà con uguale intensità emotiva qualcuno di questi nostri politici che hanno preso in ostaggio il mondo dell’informazione veicolando solo cattivi esempi.
Vittoria Todisco
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