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La presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni, il ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, Alfredo Mantovano “sono responsabili in prima persona” di non aver eseguito il mandato di arresto della Corte penale internazionale nei confronti di Nijeem Osama Almasri, generale libico accusato di crimini contro l’umanità. Questa è l’accusa lanciata da David Yambio, vittima di Almasri in Libia, presidente e portavoce dell’Associazione per i rifugiati in Libia, nel corso di una conferenza stampa organizzata dalla sottocommissione per i Diritti umani (DROI) del Parlamento europeo a Strasburgo.
“Abbiamo fatto un’indagine e scoperto che il primo ministro italiano, Giorgia Meloni, è responsabile in prima persona. Il ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, è un diretto responsabile, così come il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e Alfredo Mantovano”, ha dichiarato Yambio.
Durante la conferenza stampa, Yambio ha raccontato la sua esperienza, denunciando le atrocità vissute: “Perché devo ancora una volta trovarmi di fronte a tutti una giustizia malata, cercando di ricostruire la mia dignità e quella del mio popolo, una dignità calpestata?”.
L’orrore dei campi di detenzione in Libia
Nel suo intervento ha ripercorso il suo passato e le sofferenze subite: “Sono David Yambio, presidente dell’Associazione per i rifugiati in Libia e una vittima di Almasri. Nel mio paese, il Sudan, sono stato un bambino soldato. Alla fine, sono finito in Libia dopo essere scappato. Quando sono arrivato in Libia, sono stato torturato, ridotto in schiavitù e deumanizzato. Ho cercato di scappare dalla Libia attraverso il Mediterraneo per cinque volte, ma ogni volta sono stato catturato e riportato indietro dalla Guardia Costiera Libica, con il supporto di Frontex”.
Yambio ha vissuto l’orrore dei centri di detenzione: “Nel 2019 sono stato trattenuto in un centro detentivo in Libia. Ero stato in schiavitù prima e sono stato ridotto in schiavitù ancora una volta. Poi sono stato mandato in una base aerea, dove sono stato costretto a lavorare nel settore edilizio e a fare cose indicibili. Sono stato anche torturato da Almasri in prima persona, in modi che non posso descrivere. Ho visto gente morire con i miei occhi, e anche loro non se lo meritavano”.
Nonostante tutto, Yambio ha continuato la sua battaglia per la giustizia, raccogliendo prove delle violenze: “In Libia ho continuato a raccogliere documenti sperando che una volta o l’altra arrivasse la giustizia. Ho collaborato con organismi internazionali come la CPI affinché potessero intervenire. Era la nostra unica speranza. Io sono sopravvissuto perché la CPI era la nostra unica speranza”.
Tuttavia, il ritorno in Libia di Almasri ha rappresentato un duro colpo: “Fino al 18 gennaio, questo criminale, questo assassino, stupratore e trafficante di esseri umani girovagava in Europa prima di arrivare in Italia, il Paese in cui ho trovato rifugio. E quando è stato arrestato, invece di essere consegnato alla CPI per essere processato, è stato rispedito in Libia, dove continuerà a commettere crimini contro l’umanità e contro i miei compatrioti”.
“Abbiamo scoperto che Meloni, Piantedosi, Nordio e Mantovano hanno svolto un ruolo cruciale nel rimandare una persona ricercata, evitando di fare ciò che andava fatto. Ma la nostra battaglia continua. Ecco perché sono qui oggi, perché ci sono ancora tante vittime in Libia. Vogliamo giustizia”.
Una nuova vittima del caso del software sviluppato da Paragon Solutions
A tutto questo si aggiunge una nuova minaccia: lo spionaggio. “Dal 13 novembre il mio telefono è stato compromesso con uno spyware in Italia, un Paese che dovrebbe proteggermi. Ma come faccio a sapere se qualcuno non sta fornendo le mie informazioni ad Almasri o ad altri torturatori che mi stanno cercando?”, si è chiesto Yambio, rivelando parlando ai giornalisti a Bruxelles di essere stato vittima dello spyware Graphite, sviluppato dalla società israeliana Paragon Solutions.
“Insieme a Luca Casarini, fondatore di Mediterranea Saving Humans, e al giornalista Francesco Cancellato, siamo stati spiati con un software solitamente destinato al monitoraggio di criminali pericolosi. Perché? Cosa ha giustificato questa sorveglianza su di noi?”, ha domandato Yambio.
L’opposizione italiana ha chiesto una commissione d’inchiesta del Parlamento europeo su Paragon e ha sollecitato Bruxelles ad approfondire il legame tra gli apparati governativi e l’uso di tecnologie di sorveglianza contro attivisti e giornalisti.
L’UE deve proteggere il lavoro della CPI
A intervenire nella conferenza stampa è stato anche Mounir Satouri, eurodeputato dei Verdi e presidente della sottocommissione per i Diritti umani del Parlamento europeo, che ha posto l’attenzione sul ruolo della Corte Penale Internazionale e sulle sanzioni imposte dagli Stati Uniti. “L’UE deve proteggere la CPI contro le sanzioni americane volute da Donald Trump, che minano la giustizia internazionale. Applaudiamo le sanzioni contro la Russia, ma poi ostacoliamo la Corte quando interviene su altri scenari. Questo è inaccettabile”.
Satouri ha ricordato che l’UE ha già adottato misure per proteggere i propri interessi da sanzioni extraterritoriali americane, come nel caso dell’Iran, e che lo stesso dovrebbe essere fatto per tutelare la CPI. “La Corte Penale Internazionale è anche un’istituzione europea: tutti gli Stati membri dell’UE hanno ratificato lo Statuto di Roma. Permettere che venga delegittimata significa compromettere i nostri valori e il diritto internazionale”.
Satouri ha infine collegato questa minaccia all’impunità garantita ad Almasri: “Un criminale di guerra era sul suolo italiano e la premier Meloni lo ha rispedito in Libia anziché consegnarlo alla CPI. Proteggere la CPI significa anche garantire giustizia alle vittime e mettere in carcere i responsabili di crimini di guerra”. Rivolgendosi a Yambio, ha concluso: “David, tu sei una vittima diretta di questa impunità. Il tuo messaggio deve arrivare a tutti gli europei, perché la lotta per la giustizia riguarda tutti noi”.
Il governo italiano cerca di mediare con la CPI
La testimonianza di Yambio giunge mentre in Italia il governo sta cercando di allentare le tensioni con la CPI sul mancato arresto di Almasri.
La questione è stata sollevata a seguito di una denuncia presentata al tribunale dell’Aja, attraverso i suoi legali, da parte di un rifugiato sudanese che già nel 2019 aveva raccontato agli investigatori internazionali le torture che lui e la moglie avevano subito dal generale Almasri, quando entrambi erano stati imprigionati in Libia. Il rifugiato accusa alcuni ministri chiave e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni di ostruzione della giustizia per non aver rispettato la richiesta della Corte.
Dopo giorni di critiche da parte di esponenti del governo, fonti governative hanno riferito che il ministero della Giustizia italiano ha richiesto informalmente consultazioni con la CPI per affrontare le questioni legali e procedurali relative al caso, con l’obiettivo di prevenire incidenti simili in futuro.
Nel frattempo, i partiti di opposizione, tra cui il Partito Democratico, il Movimento Cinque Stelle, l’Alleanza Verde-Sinistra, Italia Viva e Più Europa, hanno annunciato martedì che presenteranno in Parlamento una mozione di sfiducia contro il ministro della Giustizia Carlo Nordio per il rilascio e il rimpatrio di Almasri.
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