la sfida dello Sfashion Weekend

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La fast fashion domina il mercato tessile mondiale. Nel 2024 il settore ha raggiunto un valore di 150,82 miliardi di dollari, con una crescita del 10,74% rispetto all’anno precedente. Piattaforme come Shein e Temu regnano sulle vendite, con una produzione accelerata e prezzi irrisori che rendono il second-hand sempre meno competitivo

Dal 21 al 23 febbraio 2025, pochi giorni prima della Milano Fashion Week, Milano ospiterà lo Sfashion Weekend. Un evento dedicato alla moda sostenibile che promuove un’alternativa concreta. Organizzato da Fair e dalla Campagna Abiti Puliti, l’evento porterà al centro culturale Mosso lavoratori del settore, attivisti e esperti, per denunciare il sistema della moda usa e getta. E proporre un momento di confronto plurale per una moda più sostenibile. 

Shein e Temu: il dominio dell’ultra fast fashion

L’app Temu ha accumulato quasi 344 milioni di download nel 2023 e oltre 483 milioni di download da gennaio a ottobre 2024. Shein, fondata in Cina nel 2008, ha portato l’ultra fast fashion a livelli estremi: nuovi capi vengono messi in vendita ogni giorno, la produzione si adatta istantaneamente alla domanda e i prezzi sono così bassi che perfino l’usato fatica a competere.

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Secondo Deborah Lucchetti, coordinatrice della Campagna Abiti Puliti, «Shein e Temu non vendono solo vestiti, vendono un’idea di moda usa e getta che distrugge il concetto stesso di valore. I loro prezzi artificialmente bassi sono resi possibili dallo sfruttamento della manodopera e dalla compressione sistematica dei costi di produzione».

Ma spesso le responsabilità di questa spirale in cui si comprano abiti a basso costo, frutto dello sfruttamento di manodopera, non è individuale ma sistemica. «La gente compra fast fashion perché non ha scelta», continua Lucchetti. «Non è solo un problema di iper consumo, ma di diseguaglianza economica. I nostri vestiti sono confezionati da lavoratrici povere che non possono condurre una vita dignitosa. Ma anche chi poi li compra, nei paesi di destinazione in Europa, spesso non guadagna un salario sufficiente a rispondere ai suoi bisogni fondamentali. Quindi si rivolge al mercato della fast fashion per risparmiare».

Fast fashion: e-commerce e mercato dell’usato

La cosiddetta moda veloce si basa su cicli di produzione accelerati: nuove collezioni arrivano ogni poche settimane, spingendo i consumatori ad acquistare sempre di più. Una situazione esasperata dalla spinta all’acquisto sfrenato degli store online. «La somma tra fast fashion e shopping online genera un modello di consumo compulsivo, immediato e senza filtri», spiega Lucchetti. «Il mercato dell’usato fatica a reggere il confronto: richiede tempo, ricerca, selezione. Il second-hand non può competere sul terreno della velocità, deve giocare una partita diversa».

L’espansione delle piattaforme di e-commerce impone una competizione insostenibile ai negozi di moda second-hand. «La somma dei prezzi ultra-bassi della fast fashion con la comodità dell’acquisto digitale ha come risultato un modello di consumo immediato e impulsivo». Anche Amazon negli ultimi anni ha ampliato la sua offerta di abbigliamento, includendo sia brand di fast fashion e del lusso che marchi propri. «Secondo i report di Abiti Puliti le condizioni di produzione di questi capi rimangono opache e spesso caratterizzate da bassi standard etici e ambientali».

Lo Sfashion Weekend e il baratto come alternativa

Il mercato dell’usato può aumentare la propria attrattività investendo in strategie alternative. Un esempio è Declout, startup che promuove il second-hand e incentiva il baratto come alternativa all’acquisto. E sarà coinvolta nello Sfashion Weekend con uno swap party il 23 febbraio. «Questo approccio – conclude Lucchetti – mira a ridurre il consumo compulsivo che può manifestarsi anche su piattaforme come Vinted, dove la facilità d’acquisto può trasformarsi in una forma di accumulo indiscriminato». 



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